#LAESQUINAESMICORAZÓN

fotografia di Lina Vergara Huilcamán

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Barcellona è una città che conosco da molti anni, l’ho vista crescere e ripulirsi, da prima del mondiale dell’82 alle Olimpiadi, a ieri. E in questo ripulirsi, in questo sparire delle cacche dei cani per strada, e dei tovaglioli di carta usati dal pavimento dei bar, in questo diventare capitale internazionale dove le boutique si contendono le vetrine del Passeig de Gràcia, ieri ho ritrovato un pezzo dei ricordi di quando ero bambina, quella città ritratta nei fumetti di Carlos Gimenez, che ho conosciuto una domenica mattina di oltre trent’anni fa nel Mercat de Sant Antoni.
Il mondo è cambiato, amicizie che prima arrivavano e si perdevano nella distanza e nel tempo, ora si mantengono in una zona strana e impersonale che si chiama facebook e la notte si leggono i loro post, così ho letto il post di un amico che non vedo da vent’anni e che forse non rivedrò mai più, che raccomanda Celler Ca La Paqui, e con il collega di lavoro decidiamo di andare, e ci facciamo prendere dall’entusiasmo e si decide di vedere anche gli altri luoghi consigliati da questo #amicoblu, che ha un blog: mededebebe.com ovvero moviment de defensa de les bodegues de barri, e che con la frase “think global, drink local” si dedica a sorseggiare vermouth e alla protezione di locali catalani piccoli e tradizionali. Rarità, gioiellini di una vita quotidiana che si sta perdendo. Non avevamo molto tempo, quindi ne abbiamo visitati solo tre: Celler Ca La Paqui, La Bodega d’en Rubén e Bar Bodega Montse.
Seduti al bancone di queste “bodegas” abbiamo imparato l’arte del vermouth accompagnato da tapas tradizionali come la tortilla de patatas ma anche morro de cerdo, molletes de Pringá... Ho chiacchierato con Rubén (La Bodega d’en Rubén) come se fossi anche io del Barrio Xino, facilitata dal fatto che comunque ero un’amica del blogger e affezionato cliente, e dal mio essere sudamericana come il gestore e alcune delle clienti del locale. Abbiamo iniziato a raccontarci le nostre vite, tra un vermouth e l’altro, senza fretta, e sono stata adottata immediatamente. E nelle pause in cui Rubén doveva dare da bere ai clienti, che con ritmo rilassato ma costante continuavano a ordinare, mi sono guardata intorno e ho ascoltato le vite degli altri e ho sognato un luogo come quello dove andare ogni tanto, anche da sola, vicino a casa mia, dove sedermi e interagire con quegli strani personaggi... Le prostitute del carrer Robador entravano e uscivano tra un cliente e l’altro per bere una birra fresca e fare due chiacchiere e riposare un po’, o la portavano fuori e la sorseggiavano sull’uscio per non perdere di vista il lavoro. Un uomo guardava fisso la televisione. Una donna dai capelli lunghi con mèches dorate dall’aria andalusa ascoltava con un sorriso stanco l’uomo gesticolante e probabilmente raccontaballe che le stava di fronte e le offriva da bere. Due donne grasse e scure sedevano a un tavolino con un uomo altrettanto grasso e altrettanto scuro che offriva loro dei gin tonic, che loro accettavano mentre gli dicevano di non provare interesse alcuno ad avere altre storie.
Mi sono trovata vicino a una vita vera, che ho sempre e solo letto, ma che mi ha sempre affascinato. Era come stare nel bar di Irma la dolce ma in versione catalana. In questa esquina, de Barcelona, ho lasciato mi corazón.

La Bodega d’en Rubén
Carrer d’en Robador, 33
Barcelona

Bar Bodega Montse
Carrer de l’Arc de Sant Agusti, 5
Barcelona

Celler Ca La Paqui
Carrer de Sant Joan de Malta, 53
Barcelona