UN UOMO COMPRATO PER UN CAVALLO

George Washington Carver e la coltivazione dell’arachide

di Stefano Mancuso

George Washington Carver nacque intorno al 1864, nel bel mezzo della guerra civile americana, in una povera capanna di una fattoria nel sud degli Stati Uniti. Non conosciamo il giorno della sua nascita. “Piacerebbe molto anche a me conoscere l’esatta data della mia nascita”, racconta, “ma a quel tempo, nessuno si curava di registrare i dati di un bambino nato da genitori schiavi e il mio caso non faceva eccezione”. Essere schiavo negli stati del Sud nel 1964 voleva dire non possedere nulla, letteralmente. Neanche un nome. George Washington Carver era infatti, più correttamente, George Washington di Moses Carver, un agricoltore del Missouri di media agiatezza che era proprietario della madre di George.
L’avventurosa esistenza di Carver, che già non era iniziata bene, come schiavo e figlio di schiavi in una fattoria nel profondo sud degli Stati Uniti, sembra destinata rapidamente a peggiorare quando, neonato di appena sei settimane, è rapito insieme alla madre e a una sorella da un gruppo di razziatori, dedito, indistintamente, alla sottrazione di bestiame e schiavi, e venduto in Arkansas. Fortunatamente Moses Carver è un padrone premuroso e soprattutto non sopporta che qualcuno gli porti via qualcosa che gli appartiene. Così si mette alla ricerca dei razziatori, li trova dopo poche settimane e dopo una rapida contrattazione ottiene che George possa essere riscattato in cambio di un cavallo da corsa del valore di 300 dollari; della madre e della sorella, invece, non si saprà più nulla.
Quando ci si affaccia alla vita con un inizio così burrascoso come quello che era toccato in sorte a George Washington Carver e, nonostante tutto, oltre che sopravvivere si mantiene inalterata la propria voglia di conoscenza e una generale fiducia verso il prossimo, vuol dire che si è fatti di una pasta speciale. E che la pasta di cui era fatto questo nero figlio dell’America fosse di prima qualità, George Carver continuò a dimostrarlo dal primo all’ultimo giorno della sua lunga e gloriosa vita.
Per circa dieci anni dopo l’emancipazione, George rimase nella fattoria di Moses Carver sviluppando a contatto con la natura quel forte interesse per le piante che lo accompagnerà per il resto della sua vita. Ricorderà più tardi:

Giorno dopo giorno, passavo il tempo libero nel bosco a raccogliere le mie bellezze floreali e a coltivarle nel mio giardino… Strano a dirsi qualunque tipo di pianta sembrava prosperare sotto le mie cure. In breve tempo fui conosciuto come il dottore delle piante, e piante provenienti da tutta la contea erano portate nel mio piccolo giardino perché io le curassi.

La pittura e la musica erano gli altri due interessi di quei giorni di “disordinato desiderio di conoscenza”.
George desidera apprendere; con pochissimi aiuti impara a leggere e padroneggia la lingua e la grammatica. Ma non è soddisfatto di questo studio senza metodo, sente che gli è necessaria un’educazione più regolare.
Decide, quindi, di frequentare la piccola scuola rurale a circa 15 chilometri dalla fattoria, nella vicina città di Neosho, senza che i Carver pongano alcun ostacolo alla sua partenza, ma anche senza ricevere da loro alcun aiuto economico. All’età di poco più di dieci anni, e senza un soldo in tasca, George inizia il lungo e faticoso viaggio verso un’altra vita. Attraversando campi, risalendo colline, scavalcando siepi e staccionate, raggiunge finalmente Neosho, città sconosciuta, in una tarda serata del 1875. Per la prima volta solo e lontano dalla fattoria, il giovane George deve superare ostacoli e difficoltà di ogni genere. In primo luogo, è completamente senza denaro. Non solo. Come ricorda lui stesso, “non possedevo un solo centesimo, non conoscevo nessuno e non avevo un posto dove passare la notte”. In questa precaria situazione George elegge a sua abitazione un vecchio fienile e si arrangia ottenendo lavoretti che gli garantiscono la sopravvivenza. In condizioni difficili, senza dimora, solo e soggetto per sopravvivere a lavori molto stancanti, il ragazzo riesce a frequentare con profitto la scuola di Neosho, che a giudicare da quel che racconta non doveva essere un granché:

L’insegnante non era preparato. L’edificio scolastico era una semplice capanna di legno, poco ventilata d’estate e terribilmente fredda d’inverno. I banchi erano così alti che i piedi degli alunni non toccavano mai il pavimento, e non c’erano spalliere su cui appoggiarsi. Tutto l’apparato scolastico era sconosciuto lì. Direi che ogni inconveniente che l’immaginazione può descrivere, esisteva in questa scuola.

E tuttavia, sono sufficienti quella piccola scuola rozzamente costruita e un insegnante inadatto, perché l’immaginazione del ragazzo si accenda. È lì, infatti, che George W. Carver, come racconterà anni più tardi, capisce che ciò che più vuole è diventare un “esperto di piante”.
In un anno impara tutto ciò che la piccola scuola di Neosho ha da offrirgli, poi riparte spostandosi da un luogo all’altro del Sud, svolgendo mille lavori e completando i suoi studi secondari a Fort Scott. Dopodiché inizia a fare i suoi piani per entrare all’università.
Nel 1890 accedere a un’università per un nero non era una cosa semplice. Anzi, a voler essere precisi, era qualcosa che non era mai successo in un paese come gli Stati Uniti che ancora per molti decenni praticherà la segregazione e la discriminazione razziale. Siamo nel 1890, non dimentichiamolo. Ci sarebbero voluti altri 65 anni prima che la Corte Suprema degli Stati Uniti sentenziasse che l’università non può rifiutare le ammissioni basandosi sul colore della pelle.
Ma il fatto che mai un nero abbia frequentato l’università nel suo paese non è una notizia che spaventa troppo George. Saputo di un istituto scolastico in Iowa che sembra fare al caso suo, invia per posta la domanda d’ammissione. Una settimana dopo riceve la conferma della sua accettazione. Felice per l’inaspettata semplicità della procedura di ammissione, senza porre ulteriore indugio, si precipita nello Iowa spendendo per il viaggio tutti i suoi risparmi. Purtroppo lo attende una pessima notizia: il college è mortificato per l’errore. Il dettaglio del colore della pelle, che pure George aveva cautamente specificato nella domanda di ammissione, era sfuggito a un impiegato poco attento e, forse, non preparato a una tale eventualità; le autorità sono davvero spiacenti, ma il nero Carver non può frequentare le lezioni in quell’università.
George Carver non si scoraggia. Ci vuole ben altro e, inoltre, aveva messo in conto che non sarebbe stato cosa semplice. Nel 1890 il Simpson College di Indianola, Iowa, finalmente, lo accetta anche se nero. Un’ultima barriera lo divide dal sogno della sua vita: deve trovare i soldi per pagare il college. Si adatta a fare qualunque cosa: il pulitore di tappeti, il lavandaio, lo stalliere, il cuoco di prima categoria in un albergo e nel breve tempo di un anno riesce a mettere da parte i soldi necessari per pagare la retta di ammissione.
Le sue condizioni finanziarie al tempo erano tali che, ricorda, una volta pagata l’iscrizione al college “mi rimasero esattamente 10 centesimi, che investii in cinque centesimi di farina di mais e cinque centesimi di sugna. Con questo menù ero in grado di vivere una settimana intera”.
Il Simpson College di Indianola, tuttavia, è specializzato nell’insegnamento dell’arte, le scienze non sono molto rappresentate e George più di ogni altra cosa vuole studiare le piante. Non si perde d’animo e, dopo innumerevoli tentativi, si trasferisce presso l’Iowa State College di Ames dove finalmente si laurea (primo nero a conseguire una laurea negli Stati Uniti) in agraria nel 1894, ottenendo due anni dopo anche il master. Presso l’Iowa State College, Carver inizia a lavorare come assistente botanico (è, di nuovo, il primo nero) sotto l’ala protettrice del professor James Wilson, più tardi ministro dell’Agricoltura con i presidenti McKinley, Roosevelt e Taft. Così, quando nel 1897 lo stato dell’Alabama emana una legge per promuovere una scuola agricola e stazione sperimentale per neri presso il Tuskegee Institute, George Washington Carver è pronto. Quando il rettore di Tuskegee lo invita con una lettera a far parte del corpo docente della scuola di agraria e a dirigerne il programma, Carver risponde con orgoglio:

È sempre stato il grande sogno della mia vita poter fare il maggior bene possibile al maggior numero possibile di persone del mio popolo e a tal fine ho preparato la mia vita in questi molti anni, credendo che questo sistema di istruzione è la chiave per aprire la porta d’oro della libertà al nostro popolo.

A Tuskegee, Carver rimarrà per i successivi 47 anni, fino alla morte avvenuta nel 1943. A questo periodo risalgono le sue attività, numerosissime, volte a garantire un’educazione agli ex schiavi, che da liberi sono per la maggior parte diventati poveri contadini del Sud. Inventa una cattedra ambulante con la quale lui o altri docenti provenienti da Tuskegee, utilizzando un carro trainato da un cavallo, sostano nelle fattorie per insegnare agli agricoltori, bianchi e neri, quali novità adottare e quali errori evitare nella coltivazione dei loro terreni.
Tra questi errori, Carver considera la monocoltura del cotone (con quanto anticipo, se si considerano i problemi dell’odierno imperante uso delle monocolture) come il più pericoloso. I terreni si depauperavano, i raccolti diminuivano e, conseguenza che più interessava Carver, i contadini si impoverivano. Sviluppa e inizia a propagandare un suo sistema di rotazione che fa uso dell’arachide, da utilizzare in alternanza con il cotone. La sua idea ha una tale popolarità che a un certo punto sembra diventare addirittura vittima del suo stesso successo. Seguendo le indicazioni di Carver, infatti, i contadini cominciano ad alternare il cotone all’arachide rimanendo stupefatti dalle enormi produzioni che riescono a ottenere. Ben presto però, benché la maggior parte delle arachidi vengano utilizzate per l’alimentazione del bestiame, si accumulano enormi eccedenze che marciscono nei magazzini.
Carver inizia, quindi, a ideare usi alternativi per le arachidi che, va ricordato, all’epoca non erano ancora utilizzate per il consumo umano. Ci vuole poco al genio di Carver per inventare oltre 300 possibili usi di queste eccedenze. Fra questi, giusto per indicarne alcuni indicativi dell’eccezionale creatività di Carver, l’impiego di derivati dell’arachide per la produzione di adesivi, brillantina, candeggina, salsa chili, mattoncini di combustibile (un biocarburante come lo definiremmo oggi), inchiostro, caffè solubile, crema cosmetica per il viso, shampoo, sapone, linoleum, maionese, pulisci metallo, carta, plastica, crema da barba, lucido da scarpe, gomma sintetica, materiale per pavimentazioni stradali, talco e smacchiatori per legno, oltre agli usi alimentari come il burro di arachidi, il latte, il formaggio, e l’olio di arachidi che modificheranno per sempre le abitudini alimentari (e l’economia agricola) degli americani. E non si limita alle arachidi, poiché i contadini sembrano avere problemi di commercializzazione anche per colture diverse dalle noccioline: propone centinaia di usi alternativi per le patate dolci, la soia e il pecan.
Il suo attivismo è instancabile. Contemporaneamente all’attività di ricerca, pubblica bollettini sull’uso del pomodoro, che al tempo negli Stati Uniti non era ancora considerato commestibile, delle patate dolci e delle arachidi che hanno fatto la storia dell’agricoltura americana. I titoli di queste pubblicazioni: Come crescere il pomodoro e 115 modi di prepararlo per la tavola, Come crescere le noccioline e 105 modi di prepararle per il consumo umano, Come l’agricoltore può conservare le patate dolci e i modi di preparale per la tavola, testimoniano di quanto Carver abbia chiara la necessità fondamentale che i risultati della ricerca escano dai laboratori e si diffondano fra gli agricoltori grazie a un’efficace opera di divulgazione.
Grazie all’ingegnosità e al lavoro di George W. Carver durante la Grande Depressione, il valore delle arachidi, che pochi anni prima era pari a zero, aveva raggiunto proporzioni inimmaginabili: un mercato che rendeva oltre 250 milioni di dollari agli agricoltori del Sud. L’olio di arachidi da solo valeva oltre 60 milioni di dollari e il burro di arachide era diventato in pochi anni un alimento nazionale.
A rendere ancora più straordinaria e, per così dire, edificante, la storia di Carver, bisogna ricordare come l’enorme contributo offerto alla creazione della ricchezza della propria nazione non gli abbia mai portato in tasca un solo dollaro. George W. Carver ha vissuto sempre in maniera molto frugale devolvendo la maggior parte del suo stipendio – unica fonte di reddito – a una fondazione da lui creata per lo sviluppo della ricerca agricola. Delle sue oltre 500 invenzioni sull’uso dei derivati agricoli ne brevettò soltanto tre riguardanti gli usi cosmetici dei derivati dell’arachide e a chi gli ricordava gli enormi guadagni che avrebbe potuto ricavare, rispondeva semplicemente: “Dio non ci ha mica presentato il conto quando ha creato le noccioline. Perché dovrei guadagnarci io per i loro derivati?”.
Thomas Alva Edison, la cui accortezza nella tutela delle sue invenzioni era al contrario proverbiale, cercò in ogni modo di assicurarsene i servizi. Diceva di lui “Carver vale una fortuna” e per averlo a lavorare con lui gli offrì cifre faraoniche, regolarmente rifiutate.
George Washington Carver è stato senza dubbio tra i più noti personaggi americani a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Forse il più famoso nero americano del suo tempo. Henry Ford ha detto di lui: “Il professor Carver ha preso il posto di Thomas Edison come il più grande scienziato americano vivente”. Il senatore Champ Clark l’ha definito “uno degli scienziati più importanti, di sempre, di tutto il mondo”.
Alla morte di Carver il 5 gennaio 1943, il Congresso americano ha emanato, su iniziativa del presidente Franklin D. Roosevelt, una legge che ha reso il suo luogo di nascita un monumento nazionale, un onore concesso in precedenza soltanto a George Washington e Abraham Lincoln. Nel 1977 Carver è entrato a far parte della Hall of Fame di New York e per commemorare la sua vita e le sue invenzioni rivoluzionarie in campo agricolo, il 5 gennaio si celebra ogni anno il “George Washington Carver Recognition Day”.

(UOMINI CHE AMANO LE PIANTE di Stefano Mancuso, Giunti editore, pagg. 9-17)