VITADACANI

Esistono degli individui a questo mondo che vogliono cambiare le cose e per farlo decidono di vivere in modo diverso dagli altri. Decidono di seguire le regole del cuore, dell’amore e della giustizia. E per farlo sono disposti a sacrificare non solo i cosiddetti piaceri della tavola, ma anche la comodità e l’eleganza di un paio di scarpe di pelle, il calore di un maglione di lana, la dolcezza di una sciarpa di seta. Sono disposti a lavorare tutti i giorni, di tutto l’anno, a volte alzandosi la notte, per un qualcosa che si chiama sogno, sogno di un mondo migliore. Amore, amore per tutti gli esseri viventi della terra.
Da quando lavoro con Roger Olmos, e da quando abbiamo pubblicato insieme SENZAPAROLE, non ho potuto evitare di entrare in contatto con una realtà animalista, antispecista e vegana. Abbiamo iniziato con il primo libro, proseguito con AMIGOS, il secondo, poi le varie discussioni e chiacchiere durante le fiere, abbiamo condiviso libri e film… e sebbene io non sia diventata vegana è stato importante per me conoscere la verità e prendere coscienza di ciò che ogni mio atto comporta, anche il più semplice, come potrebbe essere andare a fare la spesa.
E come si dice da cosa nasce cosa, sono approdata a Milano, per discutere un secondo volume di SENZAPAROLE dedicato agli animali da fattoria, da realizzare in collaborazione con la Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia, e ho conosciuto Sara, la presidente di Vitadacani e Porcikomodi oltre che la portavoce e uno dei referenti della Rete dei Santuari Italiani. Da quel giorno ci siamo sentite a più riprese e ho scelto di condividere le sue parole qui, con voi, e di raccontarvi di lei, della Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia e del MiVeg.

SARA D’ANGELO

“Io ho avuto un cane di nome Toby, che mi ha accompagnata dai miei otto anni fino ai ventiquattro o venticinque. Aveva la bocca da Pastore tedesco ma era basso, tipo salsiccia, era un cagnetto mordacino, difficile da gestire, ma aveva un carattere meraviglioso. Era uno che sceglieva, con una grande personalità, indipendente e comunque legatissimo alla famiglia, ma soprattutto a me. Ogni giorno mi accompagnava a scuola, eravamo a Pianoro, in campagna ed erano altri tempi, tempi in cui i cani giravano liberi per strada. Lui mi aspettava fuori, guardandomi ogni tanto dalla vetrata, e quando uscivo mi riaccompagnava a casa. Ricordo che quando feci la comunione non ci fu verso di tenerlo fuori dalla chiesa, riusciva sempre a sgattaiolare dentro in qualche modo. Era veramente fuori dall’ordinario. Io ho amato tutti i miei cani, ma difficilmente ne ho trovato uno con la sua intelligenza e il suo carattere. E, come ogni incontro che fai nella vita ti insegna qualcosa, così Toby mi ha insegnato cosa significhi vivere con gli animali e amarli. Quando morì, per me fu una tragedia, dopo due giorni divenni perfino allergica ai cani e mi ci vollero anni di terapia, di cure alternative per guarire e vivere oggi con tre cani in casa…
Sono diventata vegetariana a 13 anni. Ero in Inghilterra per una vacanza studio, quando tagliando la carne nel piatto ho visto che sanguinava, dimostrazione incontrovertibile che prima era viva. Ero già sensibile all’argomento, avevo visto i primi cortei a Milano, facevo la volontaria in alcuni canili e rifugi… piccole cose. Trent’anni fa non era una cosa comune essere vegetariani, non conoscevo nessun altro che lo fosse, ma ho avuto la fortuna di avere due genitori abbastanza illuminati che hanno saputo ascoltarmi, come nel caso di tante altre scelte della mia vita, e che, preoccupati perché ero in pieno sviluppo, hanno deciso di portarmi da una dietologa per affrontare le cose al meglio.
Ho partecipato a quasi tutte le campagne di protesta per i diritti degli animali e poco prima del duemila sono diventata vegana. È stata un’evoluzione naturale e necessaria. Inevitabile. E quando mia mamma diceva Ma perché devi farlo tu? Io rispondevo Ma sennò chi lo fa… ho sempre pensato che se non c’è qualcun altro lo devi fare tu. Credo nell’azione diretta e nel coinvolgimento personale.
Quello che è venuto dopo è nato quasi per gioco, in modo spontaneo. Ero all’ultimo anno del liceo classico, in Italia era stata emanata la Legge 14 agosto 1991, n. 281, che vietava l’eutanasia dei cani nei canili. Fino a quel momento, quando le strutture erano piene i cani venivano addormentati, cosa che accade ovunque tuttora, ma l’Italia dal punto di vista normativo è stata rivoluzionaria, diventando il primo Paese a vietarla. Quella legge sanciva l’obbligo di realizzare molte strutture e così, insieme a due compagne di classe con le quali avevamo fatto volontariato, ne progettammo una. Non volevamo un canile, perché in fondo non è diverso da una prigione, ma volevamo rivoluzionarne il concetto e dare vita a un “parco canile”, una struttura completamente aperta dove si curano anche gli aspetti relazionali e di gioco, la socialità e la riabilitazione e non solo gli aspetti fondamentali come l’alimentazione e la cura. Volevamo che il canile non fosse un posto orribile dove andare, ma un contenitore di progetti. Continuavamo a fare volontariato in altre strutture, iniziavamo a salvare i primi animali da reddito e li mettevamo a pensione in maneggi e altre strutture perché non ne avevamo di nostre, e nel frattempo mi sono laureata in Lettere. Ma l’Università Statale di Milano offriva un master in organizzazione no profit, uno dei primi master in Italia, una borsa di studio di 8/9 mesi. Mi selezionarono, e divenni parte della prima classe no profit dell’ISTUD, una scuola per manager che di solito opera in ambito profit. Quindi bilanci, gestione, ecc. tutto in ambito sociale e senza scopo di lucro. Al termine del master proponevano uno stage presso organizzazioni no profit o ti aiutavano a trovare lavoro, ma io invece dissi di avere già un progetto in cui credevo tanto e che volevo farlo diventare una realtà più stabile e quindi un lavoro per noi volontari che ce ne occupavamo. Mi proposero un’altra borsa di studio, un programma europeo per sviluppare un progetto affiancati da un manager profit. Per i progetti cui veniva riconosciuto un potenziale era previsto un premio in denaro, e noi fummo premiati! All’epoca il premio ammontava a dieci milioni di lire, grazie ai quali ho potuto istituire la cooperativa Vitadacani. Ci è voluto un po’ di tempo, ma nel 2005 abbiamo inaugurato il Parco Canile di Arese, la nostra prima struttura e uno dei primi canili in Italia a essere realizzato da volontari e non dal Comune, nel 2006 il Parco Canile di Magnago e subito dopo il santuario Porcikomodi.”