RETE DEI SANTUARI DI ANIMALI LIBERI IN ITALIA

di Sara D'Angelo

“La Rete dei Santuari nasce nel 2010 come idea e nel 2012 si costituisce in modo formale. È partito tutto da Porcikomodi (Lombardia) e dalla Fattoria della Pace Ippoasi (Toscana) perché ci siamo trovati di fronte a determinate difficoltà e alla necessità di collaborare per crescere insieme. Abbiamo iniziato con il redigere una carta dei valori per i rifugi o santuari per animali che volevano e vogliono aderire alla rete. Una carta dei valori che definisce regole elementari ma fondamentali da perseguire e nelle quali credere, come ad esempio la castrazione dei maschi perché non ha senso continuare a mettere al mondo degli animali destinati a vivere rinchiusi in una gabbia, seppur grande e bella come quella che offre un santuario. Deve essere importante mettere in salvo gli animali, ma anche saper comunicare che un altro mondo è possibile e quindi far diventare ogni animale ospite un ambasciatore della sua specie. L’ambasciatore con la sua sopravvivenza racconta la sua storia di libertà, ma anche quella di sofferenza e di reclusione a cui era stato destinato.
Per noi dei santuari è fondamentale l’antispecismo, e quindi non è pensabile dare un valore economico a un individuo (o acquistarlo, come direste voi). Ci sono tanti animali da salvare tutti i giorni, siamo quotidianamente coinvolti in sequestri, allevamenti in chiusura che cedono gli animali o nei cosiddetti scarti di produzione, cioè quegli animali disabili o malati che in quanto tali non vengono neanche mandati al macello, ma uccisi e basta.
Cerchiamo di organizzarci in modo orizzontale, provando a ricreare un piccolo modello del mondo che vogliamo dove non solo gli animali siano liberi ma anche le persone. Cerchiamo di instaurare rapporti fondati sul rispetto, tra tutti, esseri umani e animali. Gli animali nei santuari non devono fare niente, si riposano, e per quanto possibile usano il loro tempo e gli spazi come vogliono, ma non è facile gestirli, anche e soprattutto dal punto di vista economico.
Bisogna essere capaci di fare tante cose per portare avanti un santuario, ci sono tanti modi e strade. Noi di Porcikomodi organizziamo uno stage di formazione di una settimana per persone che vogliono aprire un santuario. Uno stage teorico e pratico che prevede tutti gli aspetti gestionali, le normative, le questioni sanitarie… organizziamo workshop per imparare come gestire la raccolta fondi, la sostenibilità economica e la parte ecologica. Importante è anche l’aspetto sanitario, veterinario ed ecologico di ogni singola specie. E poi tutte le cose pratiche quotidiane che un santuario comporta, come l’alimentazione ma anche la pulizia dei giacigli. La gente non si rende conto di quanto lavoro ci sia in un santuario, senza contare le eventuali emergenze veterinarie. Lo stage prevede il pagamento di una quota di partecipazione, anche se si tratta più di una sorta di rimborso spese perché offriamo vitto, alloggio e talvolta paghiamo gli esperti che vengono a tenere le lezioni.
Quando gli animali vengono sequestrati, ad esempio, si riceve qualche aiuto per il loro mantenimento, ma poi ci sono i problemi legati allo spazio, perché bisogna avere lo spazio per ospitare ad esempio un altro bovino e, oltre ai soldi per mantenerlo, bisogna anche avere le forze, e quindi i volontari, per accudirlo.
Spesso si pensa erroneamente che i santuari siano una specie di discarica degli animali, un parcheggio dove portarli e dimenticarsi di loro, ma se in Italia esistono leggi che prevedono misure per sostenere i canili, e ogni singolo cane ospitato, che sia arrivato dal circuito corretto e quindi dal comune o da sequestri, non esistono norme a sostegno dei santuari che vengono considerati a tutti gli effetti come allevamenti.
Non solo: quando riusciamo a ottenere un sequestro di animali da reddito, e già significa che le condizioni di queste povere creature sono allucinanti – perché il maltrattamento è legale – una volta sequestrati inizia il peggio, perché se non viene nominato un custode che se ne prenda cura, quegli animali che per l’allevatore non costituiscono un reddito ma solo un costo vengono abbandonati a sé stessi e lasciati morire di fame.Ed è una cosa che accade così spesso che noi come rete ci assumiamo l’onere della custodia giudiziaria, sebbene non ci siano aiuti finanziari, ed è un miracolo se ci pagano il trasporto. Mentre per i cani si riesce a ottenere qualche finanziamento, per gli animali da reddito si arriva spesso al punto in cui ci dicono che la soluzione è mandarli al macello.
Io posso anche fare un piano di svuotamento dell’allevamento e di ricollocamento, ma devo essere messa nelle condizioni di poter lavorare e di ricevere almeno il mantenimento, senza contare il rischio che gli animali si ammalino e che ci siano da sostenere anche le spese veterinarie.
Quindi ci autofinanziamo tramite appelli sui social, cene, raccolte fondi, bandi di concorso, qualunque cosa. Esiste anche la sponsorizzazione, ma le realtà sensibili all’argomento sono in genere piccole, artigianali e dai budget ridotti.
Noi sappiamo bene cosa vogliamo fare e dove vogliamo andare. Crediamo molto nella rete, e cerchiamo di far vedere una strada da percorrere anche agli altri. Ci riuniamo mensilmente via Skype e di persona due volte l’anno, una delle quali in autunno a Milano al MiVeg, ma non è facile perché tutti noi abbiamo mille emergenze e un lavoro a tempo pieno 24 ore al giorno e 7 giorni su 7. 365 giorni all’anno!”

animaliliberi.org
facebook.com/retesantuari