RENDERE IL MONDO UN POSTO MIGLIORE

di Francesco Cortonesi

Io mi sento di essere uno dei fortunati che uno scopo nella vita ce l’ha:
dare il mio contributo per rendere il mondo un luogo migliore!

“Facevo pesca sub, pescavo polpi e un giorno, durante una battuta di pesca, ho incontrato e catturato un polpo che mi ha cambiato. Nel momento in cui l’ho portato a riva per ucciderlo e mangiarlo, non me la sono più sentita. Mentre lo portavo a riva ci parlavo, gli avevo dato un nome comune, Gino o Gigi… non c’è spiegazione. E l’ho riportato nella sua tana.
Sin da piccolo ho sempre amato gli animali, ma li ho anche sempre mangiati e cacciati, non ho mai avuto nessun tipo di esitazione. Credo faccia parte delle contraddizioni dell’essere umano. Io vengo da una famiglia in cui il nonno era cacciatore, ma aveva la passione anche per gli animali vivi. Probabilmente i miei nonni ragionavano a compartimenti stagni, perché è a casa dei miei nonni che ho imparato l’amore per gli animali.
È passato un po’ di tempo dopo il polipo e anche se ho detto Non voglio più pescare, ho continuato a mangiare carne. Poi, lavorando e scrivendo storie, mi sono trovato sempre più ad approfondire questo tipo di rapporto, fino a che una delle storie che avevo scritto e che parlava di un topolino soggetto a  sperimentazione, una storia simile a Fiori per Algernon di Daniel Keyes (1959), uno dei racconti sul tema uomo-animale di fantascienza per me tra i più belli in assoluto, mi ha portato a un ragionamento più profondo e ho detto Basta! Non mangio più carne. Ho avuto un brevissimo periodo vegetariano e poi sono diventato vegano e anche attivista.
Nel 2008 già seguivo Sea Shepherd anche se non era famosa come adesso, i social stavano nascendo e Facebook non ce l’aveva quasi nessuno. Seguivo alcune pagine web e c’erano alcuni forum di cinema e fumetti… e seguendo questi forum uscì la notizia dell’Oscar a The Cove di Louie Psihoyos. Poi nel 2010 è nata Sea Shepherd Italia e ho iniziato a fare attivismo con loro, ma non solo, perché io vivo al centro della Toscana e con il mare sono un po’ in difficoltà.
Il mio scopo è sempre stato quello di fare comunicazione, perché mi piace molto scrivere e parlare delle problematiche legate al mondo della reclusione e degli animali. La reclusione è una delle mie parole chiave, il mio tema ricorrente e per una serie di coincidenze ho fatto un reportage su un internato di un manicomio di Volterra, Nannetti Oreste Fernando conosciuto come NOF4*, che poi è diventato una mostra fotografica e un video reading dedicati alla sua storia: un uomo che, dopo essere stato rinchiuso per un insulto a un pubblico ufficiale, trascorse l’intera sua esistenza nel manicomio, dimenticato da tutti, incidendo sul muro esterno del manicomio un graffito di 180 metri nel quale racconta incredibili storie che anticipano perfino lo sbarco sulla Luna*.
In un modo o nell’altro, questo reportage che mi ha portato a intervistare vecchi internati che mi raccontavano di essere trattati come animali mi ha condotto alla storia dello zoo di Cavriglia. Uno zoo tipico della Toscana negli anni ’80 e ’90, poi dismesso. Mi dicono che lo zoo era aperto e che c’erano anche degli animali abbandonati a sé stessi. Prendo la macchina e vado. Era un giorno di settembre o ottobre, con un’atmosfera tipo Silent Hill, ci sono solo io, nessun altro, nessuno che fa il biglietto e dentro tutti questi animali come se fossero dei fantasmi… ci sono le scimmie, a decine, c’è una fossa di cemento con dentro un orso, c’è un bisonte americano, ci sono alcuni recinti con animali da fattoria, lama, uno struzzo… e inizio a scattare. Torno a casa con tanto materiale fotografico e mi faccio delle domande. Vengo a scoprire che c’è una cooperativa incaricata dal comune di dar da mangiare a questi animali. Ne parlo insieme a due amici e decido di aprire una pagina Facebook dove inizio a pubblicare le foto e a raccontare la storia di questi animali, in special modo quella dell’orso, come se fossero loro a raccontarla. L’orso era stato regalato dall’Unione Sovietica al comune di Cavriglia negli anni ’70, era forse l’orso più vecchio d’Europa, la Repubblica lo chiamò l’ultimo orso comunista*… Alla fine il comune si arrende e decide di affidare a me e alla LEAL il compito di trovare loro casa e per due anni e mezzo sono stato lì dentro. Mi sono fatto una cultura sulle scimmie, sugli orsi… ho dovuto contattare dei veterinari specializzati e piano piano abbiamo iniziato a svuotare lo zoo.
Grazie alla storia dello zoo di Cavriglia ho preso molti contatti e ho iniziato la mia collaborazione con la Rete dei Santuari, con Essere Animali prima, e con vari gruppi attivisti come volontario. Di lavoro faccio l’insegnante, insegno italiano e storia in una scuola serale e in un carcere. Stavo bene anche a insegnare al mattino, ma nelle zone di confine come il serale e il carcere mi sento più utile. La mia finalità è quella di passare dei messaggi e stimolare la riflessione portando i miei alunni a sviluppare un concetto. Poi è chiaro che non è che ti puoi aspettare che quelli escono e ti aiutano le vecchiette ad attraversare la strada, però nel corso di questi anni, sono al mio quarto, ho effettivamente riscontrato l’enorme utilità di questi progetti, anche perché il carcere altrimenti è una zona morta. I corsi non sono obbligatori, ma un detenuto sa che la partecipazione crea dei meriti per la buona condotta, e poi qualsiasi attività è meglio rispetto alla noia del niente. Nella reclusione la tua vita finisce per girare intorno a due o tre cose, diventa un loop.
Da piccolo ho sempre voluto fare lo scrittore, leggevo molto, i classici fumetti come Topolino, ecc. e dopo mi sono appassionato alla letteratura di fantascienza e horror. Per me scrivere e leggere sono una passione, e quindi ho sempre cercato di farne un lavoro. Dal punto di vista didattico trovo che la scrittura sia l’arma più efficace che abbiamo: da una parte abbiamo perso molto con la lettura, ma dall’altra siamo saliti con la voglia di comunicare attraverso i social, trovandoci con una discrepanza tra quello che si vorrebbe comunicare e quello che invece si riesce. Con la scrittura creativa si possono tradurre dei concetti in uno scritto anche breve… e così a scuola affrontiamo gli argomenti partendo da un brevissimo scritto e approdiamo a un ragionamento.
Per me il dovere della scuola è quello di mandare dei forti messaggi sociali, purtroppo noi insegnanti siamo legati ai programmi ministeriali, la scuola è sempre più scuola azienda e noi siamo sempre più legati a dei risultati. Puoi essere stato il miglior insegnante del mondo, puoi aver consigliato e salvato alunni disperati, ma non fregherà mai niente a nessuno, l’unica cosa che importa è se questi alunni sono usciti con quel tipo di preparazione oppure no, e questo è un limite perché gli alunni sono diventati dei numeri entro i quali tu devi introdurre delle nozioni prestabilite.
La maggior parte dei miei colleghi sono sempre preparati, interessati agli alunni, ma tu devi portare a termine questi programmi. L’insegnante non l’ha fatto? Non aveva voglia? Eh no! Perché in 200 gg scolastici ne capitano mille di situazioni che ti possono deviare dal programma ministeriale. Se guardo solo da gennaio a ora ci sono stati degli argomenti che io mi sono sentito di dover affrontare, perché ho dovuto parlare del coronavirus e del razzismo che ne è derivato nei confronti dei cinesi. E che faccio, non l’affronto perché devo seguire il programma? E quante ne capitano in duecento giorni di scuola? Se il ritmo è serrato e non prevedi un tempo per la riflessione sociale contemporanea, il risultato è che si danno tante nozioni ma si tagliano tanti principi che invece dovremmo riscoprire. Abbiamo bisogno di riscoprirli. Poi è chiaro che non possiamo prescindere dal Pascoli, Pascoli va fatto e questo va benissimo, ma il tutto deve essere inserito all’interno della contemporaneità, altrimenti quel Pascoli ci resta lì e tra tre mesi chi se lo ricorda più? Nessuno. A che ci è servito? Boh! Non si può stringere tutto solo alle nozioni, non mi sembra che il nostro livello si sia alzato particolarmente. Negli anni c’è una cosa che a me spaventa abbastanza: tra venti persone ne ho due che sono fenomeni, che la natura ha dotato di intelligenza e manualità, due che riescono e riusciranno a fare qualsiasi cosa, dopodiché c’è una massa di mediocrità, un marea che sarà la massa che starà sotto ai due fenomeni. Tendiamo a uno schiacciamento verso il basso delle persone.
Io voglio continuare a fare attivismo, e continuare a scrivere e comunicare per gli animali facendo passare il messaggio antispecista. Spero di continuare il mio lavoro in carcere perché mi dà tante soddisfazioni, e spero di continuare anche con la scuola serale perché lavorare con gli adulti è sempre interessante. È quello che mi sento di voler fare.  Ci aspettano delle battaglie sempre più grandi, ma fa parte della storia dell’uomo.
È questo il migliore dei mondi possibili? In certi momenti credo di sì, e mi dico che possiamo renderlo ancora migliore; dall’altra, però, a volte ho il timore di un ritorno indietro in Italia che percepisco con un rigurgito del razzismo, con un ritorno della destra al potere o quasi… e questa è una cosa che mi spaventa molto. Forse fino a poco tempo fa è stato il migliore dei mondi possibili e ora stiamo avendo una parabola discendente? E allora mi dico che dobbiamo tornare a combattere.
Io mi sento di essere uno dei fortunati che uno scopo nella vita ce l’ha: dare il mio contributo per rendere il mondo un luogo migliore.”

* NOF4: È FANTASCIENZA, NON FOLLIA
* I viaggi telepatici del Colonnello Astrale NOF4 bizzarrobazar.com 22 settembre 2015
* Addio all’ex zoo comunista, la Repubblica Firenze, 1 febbraio 2016