Sette piccole lezioni per riscoprire il quotidiano.
Sette giorni per la Creazione... di una nuova prospettiva.
Il dettaglio risaputo: È arrivato il week-end. Finalmente avete due giorni di tempo libero, utili per: 1) fare le pulizie; 2) impostare il pagamento online delle ultime bollette; 3) organizzare quella cena di lavoro, per la settimana prossima; 4) sgomberare il lavello dove si sono accumulati i piatti; 5) andare al concerto anche se non ne avete voglia, ma ormai avete comprato i biglietti; 6) studiare le nuove offerte dei gestori telefonici; 7) fare visita ai vicini per mantenere i rapporti (sono settimane che rimandate); 8) fare la spesa; 9) mettervi in pari con lavatrici e sessioni di stiratura arretrate; 10) varie ed eventuali. I due giorni passano in un batter d’occhio. La domenica sera, per scacciare quell’ombra che incombe nel retro della vostra mente, vi mettete a guardare quel filmato divertente su internet che in ufficio hanno visto tutti tranne voi. Un video tira l’altro, e alle tre di notte state ancora al computer. È già lunedì, e siete più stanchi di prima
Il retroscena: Anche durante il tempo libero capita di sentirsi tutt’altro che liberi. Ingabbiati come siamo in uno scadenziario, in un tempo parcellizzato scandito esclusivamente da doveri pianificati e ineluttabili, anche quando non abbiamo nulla da fare tendiamo a riempire le nostre ore di stimoli e a mantenere la mente in movimento; altrimenti ci sembra di perderlo, il nostro tempo. Piuttosto che restare con le mani in mano, ci mettiamo a giocare a un mini-game sul cellulare: smettere di fare, oggi, è sempre più un tabù. La macchina del cosiddetto late-stage capitalism, il “capitalismo terminale”, pretende da noi che produciamo costantemente (o che diventiamo noi stessi dei prodotti). L’eccitazione non si ferma un secondo, non c’è davvero riposo, non esiste noia. Forse basterebbe imparare l’antica arte cinese del “fare senza sforzo”. Un esempio è quello del macellaio provetto, che non affila mai il coltello perché sa come sfruttare gli spazi all’interno della carne, la sua lama passa nelle intercapedini tra le ossa e non si spunta mai; eppure se gli chiedi come fa a tagliare in modo così perfetto forse non sa nemmeno spiegartelo. Istintivamente, e grazie alla pratica, questo macellaio-ninja ha imparato a riconoscere il vuoto e il pieno, sa quando affondare il coltello e quando ritirarlo, è conscio che il segreto sta nell’alternanza tra sforzo e rilassamento, tra il fare e il non fare. Lo stesso Dio della Genesi, quando il settimo giorno si concede un po’ di relax dopo le fatiche della creazione, non si sta solo riposando. Sta portando a compimento la sua opera tramite il riposo. La stasi è un momento essenziale del creare (e del creato), una parte così fondamentale che questo è l’unico giorno che Dio definisce sacro. Fare senza fare, completare col riposo: tutto questo è molto bello sulla carta, ma come applicarlo alla nostra quotidianità? Un aiuto ci arriva da uno stato d’animo spesso frainteso: la noia. Uno studio condotto nel 2013 dalla University of Central Lancashire suggerisce che svolgere un compito ripetitivo e poco stimolante può a volte influenzare in maniera positiva la creatività. A un gruppo di 40 soggetti venne affidato un lavoro monotono consistente nel copiare dei numeri di telefono da una rubrica; a un gruppo di controllo, invece, non fu richiesto nulla. Successivamente gli psicologi presentarono a entrambi i gruppi delle tazze di polistirolo, chiedendo ai partecipanti di inventarsi il maggior numero di utilizzi possibili per questi oggetti. Coloro che si erano annoiati copiando i numeri telefonici trovarono soluzioni creative decisamente più originali. La noia dà alla mente l’occasione di riposarsi, ma anche di fantasticare. Gli scienziati sono convinti che sognare a occhi aperti (mind wandering) sia essenziale per l’apprendimento, lo sviluppo del pensiero creativo, la risoluzione di problemi, la pianificazione e la simulazione degli eventi futuri, dunque per prendere decisioni.
La Settima Lezione: Visto che non siamo più capaci di smettere semplicemente di fare, ecco un esercizio sostitutivo. Provate a dedicarvi a un compito lungo, ripetitivo e soprattutto noioso. Può essere qualsiasi cosa: spolverare la vostra vecchia collezione di action figure, lavare i piatti a mano, dipingere una parete – meglio ancora se è un’attività del tutto inutile. Fatelo senza musica, senza notifiche dal cellulare, dimenticandovi del risultato e gustandovi appieno questa antica sensazione. Un po’ di noia fa bene all’organismo, alla mente e perfino alla filosofia (molti pensatori, da Giacomo Leopardi a Bertrand Russell, l’hanno annoverata tra i più sublimi sentimenti umani). Rivendicatela dunque come un lusso o, meglio, un diritto inalienabile! Quando il lunedì mattina i colleghi vi chiederanno cosa avete fatto nel week-end, potrete dire con orgoglio: «Mi sono annoiato, ed è stato bellissimo».