RICHIAMI

di Riccardo Giacomini

L’uomo smosse la terra con la forca e capovolse la zolla fangosa che sfaldandosi rivelò di contenere larve e lombrichi. – Vedi come a primavera la vita sboccia dappertutto? Non è bellissimo? – disse al figlio.
– Sì... – fece lui poco convinto. – Ma cosa sono quei cosi così grossi?
– Sono le larve dei maggiolini. Sono lunghe fino a quattro centimetri verso la fine di aprile. Vivono nella terra bagnata della rizosfera, nutrendosi di radici. Hanno bisogno di molta acqua nel terreno per crescere. I loro predatori naturali sono le talpe – disse mentre con cura rimetteva i vermi sotto terra perché continuassero il loro sonno.
– Sai un sacco di cose tu. Devi amare tanto la natura – fece il bambino con il tono di chi si finge inconsapevole di fare un complimento.
– Eccome. È piena di sorprese, di domande, di risposte e di miracoli. – Il padre si caricò il bimbo sulle spalle, e indicando un punto in alto bisbigliò: – Lo vedi quell’uccellino lassù? Lo senti come canta forte? È un tordo bottaccio. Il suo canto in questa stagione attira un sacco di altri esemplari.
– Come se parlassero? – chiese il ragazzino.
– Parlano la lingua degli uccelli, che noi non possiamo capire. Quando Dio li ha creati ha fatto in modo che loro parlassero il loro linguaggio, e noi il nostro. Però a noi ha dato l’intelligenza e la curiosità, per conoscere e capire il loro mondo. – Appena finì di parlare, su un ramo vicino al primo si posò un altro tordo. L’uomo si levò il bambino dalle spalle e insieme si nascosero dietro a un cespuglio, per non disturbare l’avvicinamento del secondo esemplare al primo.
– Vedi – fece il padre, – quello è un altro maschio, che si avvicina. È attratto dal canto del primo. Se fosse una femmina ti direi che si sta innamorando, il maschio invece è ostile.
Il bimbo non si era nemmeno reso conto che stava trattenendo il fiato quando vide l’esemplare saltellare, avvicinarsi al primo e poi a un tratto iniziare a sbattere le ali senza staccarsi dal ramo. – Vieni! – disse il padre correndo fuori dal cespuglio verso i due uccelli. – Che ti dicevo ieri sera?!
L’uomo si avvicinò e staccò dal ramo il corpo dell’ani-maletto che con fatica si scollò, producendo filamenti viscosi di colla frammista a piume, poi lo passò al figlio.
– Il maschio diventa un ottimo uccello da richiamo quando lo accechi – fece l’uomo – e attira gli altri esemplari. Lui dalla sua gabbietta cantando li attrae e loro si posano sul tronco rimanendo appiccicati. Prova tu questa volta – disse l’uomo allungando al bimbo uno spillo che aveva infilato al passante della cintura. Il bambino, guidato dolcemente dal padre, enucleò gli occhi neri del piccolo animale, che con tutte le sue energie si opponeva a quella forza invincibile che era la stretta della piccola mano. – Sembrano due perle nere piene d’acqua – notò il ragazzino. – Ma non gli fa male?
– No – fece il padre, mettendo l’uccellino cieco in una gabbietta di plastica riparata con del nastro adesivo marrone. – Ora dobbiamo raccogliere un po’ di quei vermi che ti ho mostrato prima.
– Che schifo...Come mai? – chiese il figlio pulendosi le manine sul petto.
– Perché tagliati a pezzetti e schiacciati nel mortaio sono la dieta perfetta per il tuo tordo. Hanno un sacco di proteine, lo aiuteranno a riprendersi dall’operazione – disse l’uomo arruffando i capelli al piccolo e incamminandosi verso l’auto –e già domani sentirai, anche il tuo tordo inizierà a cantare.