Questa è una storia che inizia con un autobus diretto alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna e una libraia di Imola, Arianna, che mi ha salutata e detto chiaramente che le avrebbe fatto piacere avere al più presto la ristampa di Denti di ferro, e che forse dovevo andare a vedere in rete i video delle letture di Alfonso Cuccurullo, una delle quali riguardava Un piccolo cappuccetto rosso. Sono pessima con i nomi e, anche quando è importante ricordarli, tendo a trasformarli a seconda del tempo e dell’ambiente che mi circonda, ma Arianna aveva parlato di un video su YouTube dedicato a Un piccolo cappuccetto rosso… così, dopo almeno un paio di settimane, sono andata a guardare chi era questo Alfonso e come leggeva. Mi ha talmente entusiasmata, per il suo modo di interpretare le storie, che l’ho subito contattato e intervistato per condividere questo incontro con i lettori di ILLUSTRATI, chiedendogli però che l’intervista si svolgesse nella libreria di Imola, Il Mosaico, perché volevo conoscere meglio anche Arianna.
All’inizio non sapevo che Arianna mi aveva teso la cima di un filo che non sembra avere fine, e che passa nelle mani e nei cuori di quelli che amano i libri, la narrazione e soprattutto i bambini! E così quella che doveva essere una duplice intervista è diventata quadrupla (per il momento).
Primo incontro. ALFONSO. Che mi è venuto a prendere in stazione a Imola insieme alla sua cagnetta Frida e mi ha portata prima a bere un caffè decaffeinato e una spremuta e poi nella libreria Il Mosaico di Imola.
A scuola non ero bravo, sono stato bocciato, poi ho interrotto gli studi… è stato il servizio militare a farmi cambiare. Avendo smesso di studiare non avevo scuse e sono dovuto partire, e in quell’anno ho iniziato a leggere.
Prima di allora leggevo solo fumetti, Asterix soprattutto, grazie a una bibliotecaria eccezionale del paesino dove abitavo. Andavo in biblioteca quasi tutti i giorni e lei non mi ha mai detto leggi un libro, mi faceva trovare il mio Asterix ed era disponibile. Con il tempo ho capito quanto è formativa la lettura di un fumetto, perché devi immaginare delle cose come nella lettura di qualsiasi altro libro, immaginare quello spazio che non è scritto né disegnato, che è fondamentale per lo sviluppo del proprio pensiero personale. Tornando alla caserma, è lì che ho cominciato a leggere IT di Stephen King, mille e duecento pagine in sei mesi durante i quali me lo sono portato dappertutto, e nulla è stato più lo stesso. Tornato a casa, capii che era successo qualcosa, mi ero perso un anno di vita con i miei amici, non li conoscevo più ed ero disorientato. Ci trovavamo sempre in un bar dove giocavamo a calcetto o a biliardo, oppure si guardava la Formula Uno alla tv… e accadde che una sera, un venerdì sera, mentre ero lì che osservavo i miei amici guardare la gara, mi venne un’angoscia terribile. Non volevo passare tutta la mia vita dentro quel bar! Per fortuna uno di loro, un altro artisticamente disadattato, un folle, mi disse: “Senti, io vado a fare un corso di teatro gratuito, vuoi venire?”. E piuttosto che stare in quel bar andai con lui. Frequentai questo corso per sei, sette mesi solo da auditore chiedendomi come facessero gli altri a muoversi sul palcoscenico con tanta sicurezza. Ero timidissimo. L’ultima sera del corso, però, l’insegnante mi chiese di provare a fare una cosa muta, di improvvisare una scenetta con il giornale insieme a un’altra persona, con cui tuttora faccio gli spettacoli ogni tanto, e quando finimmo tutti ridevano. “Ma scusa…” mi chiese l’insegnante “ma tu da quanti anni è che fai teatro?”. Il fatto è che in quella scenetta non potevamo parlare ma solo emettere dei suoni, ed era mia abitudine da piccolo giocare con i soldatini e i pupazzetti, distribuendoli in giro per la camera e dando a ognuno di loro una voce e un carattere diversi. I miei giochi d’infanzia erano stati la mia scuola di teatro, e da là provengono tutti i suoni che metto nelle storie.
Poi quella sera lì, la sera della mia prima esibizione in pubblico, il maestro mi chiese se mi andasse di fare una cosa per sei mesi con un regista importante. Era Davide Montemurri. Aveva affittato per sei mesi un palazzo vuoto in centro a Imola e in ogni appartamento provava una scena diversa. All’epoca lavoravo come operaio e la sera andavo a fare le prove. Erano tutti attori e attrici professionisti, io ero una semplice comparsa, ma quando entravo lì dentro, quest’uomo, che ci chiamava tutti ‘demonietti’, ci raccontava meravigliose storie di teatro. Conclusi i sei mesi facemmo uno spettacolo a Bologna al Circolo Pavese. Ricordo che ero bianco, sudavo, avevo le palpitazioni… “Demonietto, non ti preoccupare…” mi disse “sei un carro armato.” Non ricordo niente dello spettacolo, solo un’emozione fortissima. Finito tutto, quando non c’era più nessuno, me ne stavo seduto in platea a guardare questo palco vuoto chiedendomi: “E adesso come faccio che mi è piaciuto così tanto?”. Montemurri tornò l’anno successivo a tenere un corso, alla fine del quale mi disse: “Alfonso, te sei bravo, vai a fare una scuola”. Così tornai a casa con questa idea.
Iniziò una lotta infinita con i miei genitori, io avevo un lavoro fisso, facevo rotoli di carta per registratori di cassa, ma ero determinato e chiesi se potevo lavorare mezza giornata. La mattina lavoravo e il pomeriggio fino a tarda sera andavo a scuola dal lunedì al venerdì, per due anni e mezzo. È difficile quando i tuoi genitori non credono in quello che fai, ma forse anche questo mi ha aiutato a impegnarmi di più. In questa scuola c’era un insegnante, direttore della Scuola di Teatro di San Pietroburgo, che mi insegnò a sentire. Non parlava una parola di italiano, aveva una piccolissima interprete che traduceva tutto per lui, ma gli bastava ascoltare il suono della nostra voce per capire se qualcosa non andava. Era una scuola difficile, con esami ogni due mesi a eliminazione, entrammo in trenta e ne uscimmo in sei. Finita la scuola io andai a lavorare in un discount. Una signora chiese alla cassiera se conosceva una persona che facesse del teatro e la cassiera, che era mia cognata, fece il mio nome… e così mi presi sei mesi di aspettativa per vedere se ero capace di vivere facendo l’attore. Era il 1999, quest’anno sono vent’anni di lavoro retribuito.
E le letture?
Dopo un anno di tournée con una compagnia di teatro per adulti capii che non mi piaceva, e una zia di Como, insegnante di educazione artistica, mi chiese di provare a fare un laboratorio teatrale con i suoi ragazzini… mi divertii così tanto che pensai che forse quella era la mia strada. Iniziai a mandare progetti alle biblioteche e iniziai anche a leggere le storie meravigliose che trovavo in queste biblioteche, e così nacque la mia collaborazione con Nati per Leggere in tutta Italia. Nati per Leggere è un programma di promozione della lettura da 0 a 6 anni portato avanti da un gruppo di bibliotecari e pediatri e io collaboro con loro sia facendo letture, sia tenendo corsi di formazione per genitori e insegnanti, oltre che per volontari e formatori. Avevano bisogno di qualcuno che lavorasse specificamente sulla lettura ad alta voce. Oggi sono formatore nazionale, in Italia siamo in due a farlo, e nel tempo con Flavia Manente abbiamo formato formatori per ogni regione. Iniziai a fare il formatore su richiesta degli insegnanti presso le cui classi facevo le letture: dopo avermi ascoltato mi chiedevano se era possibile insegnare anche a loro. Mi piace formare gli insegnanti, e la parte più importante del lavoro che facciamo è scegliere i libri. Possono imparare a leggere, ma scegliere quali libri è difficile perché iniziano ad analizzarli invece di donarli con leggerezza, per non avere problemi con i genitori, quindi diventa importante anche pensare a come argomentare le scelte. I bambini non sono mai il problema, loro accettano sempre le storie con grande naturalezza, ma i pregiudizi degli adulti influiscono molto sul risultato della lettura, per cui è fondamentale che gli insegnanti si rasserenino, e aiutarli a vedere una storia in chiave diversa è stimolante. A me interessano tutte le forme di narrazione che servono a capirci meglio, che si tratti di un libro o di uno spettacolo, l’importante è il confronto attraverso la narrazione. Il lavoro che facciamo con insegnanti e genitori potrebbe portare una famiglia a rivalutare le cose sotto un altro punto di vista.
Un progetto che ho amato molto è quello realizzato in Umbria, dove ho tenuto laboratori per la fascia 0-6 anni, ma anche per ragazzi dei licei e degli istituti tecnici, oltre che per gli insegnanti. Con i ragazzi del liceo e degli istituti abbiamo fatto un lavoro sperimentale che si chiama “Forte chi legge”, finanziato dalla Regione, ma non dall’assessorato alla cultura come ci si aspetterebbe, bensì da quello alla sanità, che parte dal concetto che leggere fa bene alla salute, grazie a una persona illuminata, la Dottoressa Giaimo. Sono stati due anni, in cui prima ho lavorato con i ragazzi dei licei con l’obiettivo finale di andare a leggere ai bambini più piccoli, ma poi l’anno scorso abbiamo deciso di coinvolgere i ragazzi degli istituti professionali ed è stato bellissimo, seppure difficile. Questa è l’immagine della classe la prima volta: sei/sette ragazzi con la visiera del cappello abbassata e i piedi sul tavolo che ti guardavano appena. Mi presentai per quello che ero, raccontandogli semplicemente come mi sentivo in quel momento, come stavo umanamente lì con loro, e ne rimasero colpiti. Dissi loro che mi stavo chiedendo se fosse giusto aver accettato quel lavoro perché la mia intenzione era di guadagnarmi quello stipendio e non di rubarlo, ma ero consapevole del fatto che attraverso la costrizione non si fa mai nulla. Io per primo da ragazzo non volevo essere costretto. Avevo con me un libriccino che si intitola Lettere di un cattivo studente, uno studente affetto da dislessia che manda delle lettere immaginarie ai suoi genitori, al suo prof che odia, al ministro dell’istruzione… e i ragazzi si sono identificati e rivalutati, per loro andare a scuola è solo un’inutile perdita di tempo. “Madonna, ma che gli leggi… questi non capiscono niente!” mi dicevano alcuni dei loro professori. E invece loro si sono aperti, abbiamo parlato di sesso, di amore, per arrivare ai libri per bambini e a cosa avremmo potuto fare insieme. Siamo partiti con i libri comici, per arrivare a quelli di paura… e a chi non è mai capitato di avere paura, di essere protagonista di una storia inquietante? Non avete mai incontrato la matta del paese? L’approccio è stato vi leggo i libri che poi leggerete ai bambini, libri con poco testo e quindi più semplici, perché avevo bisogno di rassicurarli. Ho letto anche cose per la loro età. Ma la parte più difficile ed entusiasmante è sempre l’approccio emotivo. L’analisi emotiva, ovvero tutto quello che succede ai personaggi interiormente… è il vero segreto di leggere un libro: entrare nei personaggi e provare quello che provano loro, trovando la chiave musicale della voce da usare. Anche l’aspetto sensoriale è molto importante: quando inizi una storia come fai a non sentire la suggestione ambientale di quel preciso luogo descritto? Siamo stati abituati a leggere in automatico, senza sentire la densità del testo, mettiamo insieme le lettere senza coinvolgimento. E poi l’albo illustrato ha forse un’intensità maggiore rispetto a un romanzo; facendo il paragone tra i libri per adulti e quelli per bambini, mi è venuto da pensare che quelli per adulti sono come il vino, che ha un sacco di ingredienti ma un po’ diluiti, mentre quelli per bambini sono un distillato di cui ogni goccia del testo è fondamentale, come la grappa. È difficilissimo scrivere i libri per bambini, perché devi avere una grande capacità di sintesi, ma saper anche evocare la dinamica giusta. In Umbria, da una parte abbiamo fatto del bene ai bambini che hanno bisogno di ascoltare delle belle storie, e dall’altra abbiamo dato la possibilità ai ragazzi più grandi di riscattarsi e sentirsi rivalutati dagli stessi piccoli che pendevano dalle loro labbra per ascoltare la storia. Vedere questi ragazzi uscire dalla biblioteca dopo la lettura, e raccontarsi tra loro l’emozione scaturita da questo incontro, l’ammirazione suscitata nei più piccoli, è stato bellissimo, e quelli che erano riusciti a relazionarsi meglio erano proprio quelli che a scuola erano considerati i peggiori, i cosiddetti somari. Anche io ero un somaro a scuola.
Alfonso Cuccurullo, Imola, giovedì 2 maggio 2019
Durante la chiacchierata con Alfonso è venuto fuori che lui è socio della Cooperativa Il Mosaico di Imola, di cui fa parte anche la libreria. Nella mia memoria, e nel cuore, di bambina cresciuta sotto la sottana di una partigiana della Pianura Padana, esiste la definizione di cooperativa come insieme di persone che si aiutano l’una con l’altra per andare avanti nel migliore dei modi possibili. La cooperativa era una cosa buona, per tutti, e a quanto pare lo è ancora…
Secondo incontro. ANTONELLA. Un nuovo personaggio. Insieme ad Arianna gestisce la libreria Il Mosaico ma è anche socia fondatrice della Cooperativa Il Mosaico di Imola (e ama molto i cani).
Mi è sempre piaciuto leggere, e condividere la mia passione per la lettura, e per le coincidenze della vita mi sono trovata a frequentare un corso di formazione per un centro giovanile a Imola, dove ho conosciuto Stefania Costa. Ci hanno selezionate e abbiamo iniziato a lavorare insieme, ci siamo trovate a condividere la stessa passione per il libro inteso come strumento di intrattenimento, e ci siamo accorte, vent’anni fa, che c’era bisogno di fare delle cose per i ragazzi che avessero a che fare con i libri. Nei paesi piccoli nel circondario di Imola, il bibliotecario era anche un burocrate e quindi, oppresso da mille altre cose, non riusciva a svolgere appieno la sua funzione. I comuni a un certo punto si resero conto che, lasciate nelle mani di queste figure, le biblioteche rischiavano di morire e decisero di non assumere più bibliotecari ma di darle in appalto. Con Stefania, che oggi è la presidente della cooperativa, prendemmo in appalto la gestione della biblioteca del Comune di Mordano, ovvero la gestione degli acquisti, dei prestiti, dell’erogazione dei servizi, e fu così che diventammo e siamo tuttora la Cooperativa culturale Il Mosaico, che si occupa di gestire biblioteche, servizi educativi, pre-scuola, doposcuola, campi solari, ecc… Oggi le biblioteche sono circa una decina e abbiamo personale formato per svolgere questa funzione. Eravamo appassionate di libri, ognuna a modo suo, e una serie di circostanze ci ha unito e portato alla creazione della cooperativa, e dalla cooperativa alla libreria, che era il mio sogno da piccola e anche quello di Arianna. È stato un caso, abbiamo rilevato una libreria gestita da una ragazza e nel dicembre del 2012 abbiamo inaugurato in via Emilia Est, finché, il 30 settembre 2017, ci siamo trasferite qui in piazza perché avevamo bisogno di più spazio per le nostre attività. Era una nuova sfida, come cooperativa, quella di aprire una libreria per ragazzi a Imola, dove mancava una libreria specializzata. La libreria è nata proprio dalla passione di lavorare con i libri e dal desiderio di creare un luogo che producesse cultura. Siamo un insieme di capacità e di professionalità accomunate dalla passione per i libri e per la loro divulgazione, che lavorano insieme e insieme si gestiscono finanziariamente con un’unica amministrazione.
Antonella Nicoli, Imola, giovedì 2 maggio 2019
Terzo incontro. ARIANNA e la libreria IL MOSAICO di Imola. Colei che mi ha teso il filo, che è rimasta in silenzio ad ascoltare mentre Antonella mi spiegava della cooperativa e che ho voluto ritrovare a Bologna per approfondire.
Non ho studiato per fare la libraia, ho fatto il DAMS teatro, perché mi è sempre piaciuto. Mentre stavo facendo una ricerca sui burattinai di Cervia mi hanno invitato a vedere il Festival Arrivano dal Mare a Cervia e me ne sono innamorata al punto che quando mi hanno proposto di lavorare con loro non ho esitato! Ho iniziato a girare prima dietro le quinte per sistemare i burattini, poi in baracca. Ho incontrato Sergio Diotti e mi sono appassionata alla narrazione, e ho iniziato a fare la tesi sulla figura del narratore e sul recupero del fulesta, un uomo che andava a raccontare le fole (le fiabe) in cambio di qualcosa da mangiare. Mi sono laureata e ho continuato a lavorare nella compagnia fino a quando non sono rimasta incinta e ho deciso di concludere.
Così ho iniziato a lavorare per Il Mosaico, la cooperativa, facendo laboratori con i libri e le letture, e ho conosciuto Emanuela Petralli, che veniva dal teatro-danza, e insieme abbiamo montato spettacoli e organizzato il Festival Strade, un festival di artisti di strada e burattinai che ha luogo in estate nel circondario imolese ed è gratuito perché completamente finanziato dai comuni che lo ospitano. Insieme abbiamo realizzato spettacoli meravigliosi, come FREAKS IN 4/4, e poi BIANCONERO. PROCESSO A UN LUPO E A UNA STREGA, ma poi ho iniziato a lavorare con la libreria e a stare ferma in un posto dopo tanti anni che giravo, perennemente in furgone senza poter stare con il mio bambino… La libreria era un luogo sicuro, bello, dove io stavo bene. Un rifugio dove sono rinata. È quello che voglio fare, è come un vestito che mi sta bene.
Sono andata a un corso di formazione per librai organizzato da Fastbook, tenuto da Romano Montroni, il quale finito il corso mi ha contattata e chiesto di fare parte del comitato scientifico per il Premio Strega Ragazzi, un bel riconoscimento per un libraio, che ho subito accettato. L’anno dopo mi ha chiesto di tenere un corso per librai e spiegare loro come tenere in piedi una libreria specializzata e andare avanti in un momento come questo. Ci sono andata insieme ad Antonella.
Già, come fare?
Secondo me una libreria deve fare tantissima attività, ma la prima cosa è la zona, è fondamentale: noi siamo in piazza a Imola, dove la gente ti vede. La libreria deve diventare un luogo dove darsi appuntamento, dove le persone hanno voglia di andare. La libreria deve essere accogliente.
Tutti i mesi faccio due letture e ho creato nel tempo un gruppo di mamme; è importante confrontarsi con loro, giorno per giorno, ti possono aiutare, le mamme di adesso sono attentissime a tutto. Noi impariamo moltissimo dai nostri clienti. I libri devono essere di qualità, scelti. Non teniamo tutti i libri, perché non abbiamo lo spazio e non abbiamo il budget, che spendiamo per i libri che abbiamo solo noi: non è competitivo avere gli stessi libri dei centri commerciali, anche perché noi non facciamo sconti. Lavoriamo quasi sempre direttamente con gli editori, siamo brave e precise con i pagamenti, è più faticoso ma stiamo avendo ottimi risultati a livello economico. Abbiamo la fortuna di avere un’impiegata amministrativa della cooperativa che lavora da noi tutte le mattine, e piano piano ha preso in mano anche i conti della libreria e ce li ha sistemati, ci ha insegnato a calcolare il margine, ci ha dato un budget mensile d’acquisto e soprattutto ci ha dato gli obiettivi di vendita da raggiungere. Ci ha cambiato la vita! L’amministrazione in una libreria è fondamentale.
Inoltre facciamo parte del Coordinamento delle librerie indipendenti, una ventina di librerie del centro-nord che ogni mese si ritrova a Milano ed esamina le nuove uscite, le sceglie e le recensisce per il bollettino.
La nostra libreria è indipendente! Facciamo parte della cooperativa, ma non siamo associate a nessuno. Ci piace il lavoro, e ci piacciono i libri! E con orgoglio possiamo dire che la libreria svolge un ruolo culturale nella città. Per me è un luogo magico, in piazza, con il giardino sul retro… Siamo tutte e tre di buon carattere e ognuna ha competenze diverse e complementari: Antonella ha fatto la bibliotecaria per anni ed è quella che su Facebook si dedica ai post estemporanei dettati dal sentimento e dall’emozione del momento, Manuela ha studiato illustrazione e si occupa di Instagram e poi ci sono io, che vengo dal teatro e mi occupo degli ordini e delle recensioni anche su Facebook.
A tutte e tre piace lavorare a contatto con il pubblico, ci piace organizzare attività che stimolino la lettura! Una bella alchimia e armonia interna, che condividiamo volentieri, perché è l’unico modo di lavorare che conosciamo.
Arianna Di Pietro, Imola, giovedì 2 maggio e Bologna, mercoledì 22 maggio 2019
Adesso immaginate (o ricordate, se ci siete stati) il Book Stock Village al Salone Internazionale del Libro a Torino, che per chi non lo sapesse è la zona destinata ai bambini e ai ragazzi. Metà maggio, strano a dirsi ma c’era il sole. Decine di donne sorridenti con indosso una maglietta bianca con il logo di Nati per Leggere, provenienti da tutta Italia. Un’intera sala piena del loro entusiasmo e dei loro applausi. Sul palco Alfonso e Flavia Manente invitano le volontarie delle regioni una per una a leggere il loro libro di riferimento che poi regaleranno alla regione successiva. Si festeggiano i vent’anni di Nati per Leggere…
Quarto incontro. ALESSANDRA ed ELISA.
Nati per Leggere
Nati per Leggere nasce dall’incontro di un pediatra italiano con il progetto americano Reach Out and Read durante una visita in un ospedale di Boston. Dopo aver verificato che ci fossero delle evidenze scientifiche, il pediatra rientrato in Italia riportò l’esperienza fatta e nel 1999 gli allora presidenti Giancarlo Biasini (Associazione Culturale Pediatri), Igino Poggiali (Associazione Italiana Bibliotecari) e Giorgio Tamburlini (Centro per la Salute del Bambino) crearono Nati per Leggere, dando la delega per condurre operativamente il progetto all’appena nato Centro per la Salute del Bambino Onlus.
ALESSANDRA: La prima cosa che facemmo fu contattare Altan, che è delle nostre parti, e chiedergli di disegnarci un logo. E così abbiamo iniziato a fare il primo pieghevole, i primi pacchetti ai pediatri che all’inizio erano cinque, sei… dieci.
La segreteria del Centro per la Salute del Bambino è l’ente che coordina e organizza tutto, con la collaborazione dell’Associazione Italiana Biblioteche e dell’Associazione Italiana Pediatri. I tre presidenti si occupano dell’attività politica a livello governativo, ma è la segreteria il motore concreto delle attività. Le regioni si muovono in modo autonomo, interpellando la Segreteria e seguendo le linee guida nazionali, ricevendo materiali e formazione, ma hanno fondi, strutture e organizzazioni propri.
Nati per Leggere è un programma nazionale di promozione della lettura rivolto alle famiglie con bambini in età prescolare da 0 a 6 anni. Il programma oggi è attivo su tutto il territorio nazionale e coinvolge più di 2000 comuni italiani. I progetti locali sono promossi da bibliotecari, pediatri, educatori, enti pubblici, associazioni culturali e di volontariato.
ELISA: Siamo tanti tasselli, ognuno fa quello di cui è capace, questa è la nostra forza: la rete. Ognuno fa il suo ma l’obiettivo è lo stesso, la visione è la stessa.
NpL è un attivatore che cambia una piccola famiglia, che insieme a un’altra famiglia finisce per cambiare una comunità, e cambia il territorio. È il nostro obiettivo: cambiare. Ci sono mamme che dopo aver seguito il nostro programma aprono librerie o si impegnano per aprire una biblioteca in un paese dove non ne esiste una, e la gestiscono come volontarie. Ci sono operatori che aprono punti lettura NpL, in Toscana una pediatra ha aperto una biblioteca. Abbiamo i Bibliobus perché dove non c’è uno spazio ci si arrangia con un mezzo mobile che va in giro nei vari paesi. In Campania è nato un punto lettura in un convento. NpL cresce là dove c’è uno spazio fisico, ma soprattutto dove c’è una volontà di continuità. NpL e, soprattutto, il libro rendono possibile tutto questo. Per chi ha l’abitudine della lettura i luoghi del libro sono la libreria e la biblioteca, e chi frequenta questi luoghi ha già una sensibilità di fondo, ma vogliamo andare a raggiungere tutti quei bambini e tutte quelle famiglie che non hanno familiarità con il libro, per questo NpL ha una forte base pediatrica. Se vado in un centro vaccinale o in un centro pediatrico, non mi aspetto di trovare un libro, però se lo incontro magari scatta qualcosa, e da cosa nasce cosa.
Nati per Leggere ha l’obiettivo di promuovere la lettura in famiglia sin dalla nascita, perché leggere ai bambini ha un’influenza positiva sul loro sviluppo intellettivo, linguistico, emotivo e relazionale, con effetti significativi per tutta la vita adulta.
ALESSANDRA: NpL si concentra sull’importanza di far capire che la salute è anche quella mentale. Quello che dovrebbe interessare tutti noi, e lo Stato, è che interventi come quello di NpL vanno a influenzare anche il capitale umano e il PIL. Tutti gli investimenti che vengono fatti in età precoce procurano un guadagno a lungo termine. Il bambino non lavora solo sull’aspetto cognitivo, lavora anche sull’aspetto estetico/artistico e riesce a esprimersi meglio e in più campi. Accettandosi meglio come persona e ottenendo risultati evidenti in ambito scolastico e soprattutto non abbandonando gli studi, il bambino migliora nelle relazioni sociali, sviluppa il pensiero critico che sarà sicuramente più fertile e più duttile, ma soprattutto avrà maggiori possibilità a livello economico. Molto probabilmente un bambino lettore, raggiunta l’età adulta, non sarà un fardello sociale. È importante valutare bene le conseguenze e agire in anticipo per prevenire.
La voce di un genitore che legge crea un legame solido e sicuro con il bambino che ascolta. Attraverso le parole dei libri la relazione si intensifica, essi entrano in contatto e in sintonia grazie al filo invisibile delle storie e alla magia della voce. È questo il cuore di Nati per Leggere: fornire ai genitori gli strumenti per consolidare un legame indissolubile con il proprio bambino.
ELISA: Non censuriamo niente, leggiamo sulla morte, sulle malattie, perché così è la vita. È importante eliminare gli stereotipi, molte volte durante i corsi di formazione lanciamo delle provocazioni, chiedendo se leggerebbero libri particolari e molti restano sorpresi, interdetti. Il confronto serve a far riflettere le persone, per questo si lavora sulla famiglia e non sul bambino. Il bambino un giorno leggerà da solo, ma il primo obiettivo è far sì che la famiglia crei un’intimità, un nucleo intorno al libro, intorno alla storia. È vero che alcune storie fanno paura, ma forse fanno più paura all’adulto che al bambino. NpL lavora sull’adulto, sull’adulto in relazione al bambino e in relazione all’ambiente. Alcuni libri non vengono letti perché toccano il nervo scoperto dell’adulto e da lì nasce la censura. Cerchiamo di arrivare alle famiglie, con quello che noi chiamiamo il sostegno alla genitorialità, che passa dal libro, dal gioco o dalla musica, da tutte quelle pratiche che rendono più sicuro il genitore e creano una base diversa.
Non dobbiamo avere paura della diversità, dobbiamo saperla sostenere. Dobbiamo saper scegliere e avere consapevolezza. Non siamo pecore e ognuno deve avere la propria opinione.
La censura poi non è solo sul contenuto, ma anche sulla parola, le parole che usiamo tutti i giorni non sono tutte quelle che troviamo in un libro, su un libro troverete scritto ‘ferita’, non ‘bua’, ‘carne’, non ‘ciccia’. Per noi di Nati per Leggere è importante leggere senza semplificazioni, per accrescere l’esperienza, e insistiamo nel leggere anche il nome dell’autore, dell’editore, tutto il libro!
ALESSANDRA: Abbiamo delle parole chiave: la prima è precocità, cominciare subito dal primo anno di vita, la seconda è rete, più persone che si occupano di cose diverse, con professionalità diverse, e la terza universalità, tutti i bambini e tutte le bambine dovrebbero avere diritto alle storie. Questo è il cuore di ciò che desideriamo.
Quando ero molto piccola, viveva con noi uno zio scrittore e musicista, lui era l’uomo di cultura in famiglia ed è stato lui ad avviarmi al piacere per la lettura e per la musica. Da ragazza compravo e compravo libri, collane intere, mi piacevano molto i libri di avventura. I ragazzini leggono se crescono nell’amore per la lettura, se vedono tanti libri in casa, se vedono i loro cari che leggono… Ci sono studi che hanno misurato questo fenomeno: quanti più libri si hanno in casa, quanto più i familiari leggono, tanto più alta è la certezza che il bambino diventi un lettore. Anche le biblioteche sono fondamentali proprio per la stessa ragione.
OBIETTIVO?
ALESSANDRA: Cambiare l’Italia! Che tutti i bambini possano avere questa opportunità di sviluppo precoce, arrivare al 100% di tutti pediatri, mettere in atto una legge italiana che ci consenta di farlo (e ci stiamo lavorando), una legge bipartisan, non straordinaria, perché non deve essere straordinario che lo Stato si occupi dei bambini fin da piccoli. Un libro, un piccolo libro, ti prepara parlando di te e degli altri.
Alessandra Sila, Responsabile Formazione Nati per Leggere e Nati per la Musica
Elisa Colombo, Responsabile Comunicazione Nati per Leggere
Torino, Salone Internazionale del Libro, 12 maggio 2019
Ringrazio Arianna per avermi teso il filo, in un periodo in cui ero piuttosto delusa e rinchiusa nella mia piccola bolla bidimensionale. Mi ha regalato l’opportunità di incontrare persone che ci credono, e che ogni giorno lavorano insieme per un amore comune, universale, democratico: IL LIBRO. Mi ha regalato un frammento del loro entusiasmo e mi ha fatto capire che le cose non sono come sembrano, non è vero che le forze oscure vinceranno, perché esiste tutta una rete di persone che ogni giorno lottano per un mondo migliore, fatto di cultura, tolleranza e diversità. Queste persone non sono protagoniste dei social, della televisione o degli altri media, sono persone autentiche, e generose, che vivono accanto a noi. Non sono ritoccate, non sono corrotte, e la sera probabilmente non le trovate alle feste vip, ma leggono un libro che il giorno dopo condivideranno con chi vorrà ascoltarle.
Vorrei concludere con una frase di Alfonso e una citazione da lui scelta.
Il libro è un’occasione per parlare di qualsiasi cosa, ci porta a essere onnivori verso le situazioni umane, senza un obiettivo specifico. Il libro è come un dono che devi offrire con estrema leggerezza: “Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore” – Italo Calvino.