CRISIPLASTICA

di Lina Vergara Huilcamán

Foto © Lina Vergara Huilcamán

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Foto © Paolo Aló Foto © Paolo Aló Paolo Aló Foto © Lina Vergara Huilcamán Foto © Lina Vergara Huilcamán Foto © Lina Vergara Huilcamán Foto © Paolo Aló

Cristina mi accoglie in quella che chiama la sua Wunderkammer, Casa Creativa, uno spazio di co-working che condivide con altri artisti. Avevo visto le sue opere a Mirabilia, e mi ero sempre chiesta chi ci fosse dietro quei nasi, occhi, vagine e bocche in cornice. Mi piace chiedere alle persone come fanno, a volte contro mari e tempeste, a realizzare i loro sogni o per lo meno a nuotare per andarvi incontro, forse perché, non avendo mai avuto il coraggio di realizzare i miei, vedo nelle loro storie un possibile seguito della mia.
“Ho avuto un inizio travagliato, non ho fatto né liceo artistico né accademia purtroppo, ho studiato turismo. All’epoca stavo in periferia e per andare al liceo artistico avrei dovuto affrontare le complicate vie dei trasporti, e poi le amiche andavano tutte dall’altra parte… ma nel mio garage ho sempre lavorato con le mani: cartapesta, collage di carta… da sola. Vengo da una famiglia di artigiani, la zia sarta, mio papà che pur essendo operaio ogni tanto faceva piccole sculture di legno o disegnava sui suoi quaderni. Probabilmente la mia vena artistica creatrice viene da lì e, pur avendo all’inizio vissuto la cosa come un hobby, come mio padre, ho anche sentito molto la pesantezza e la frustrazione del lavorare in fabbrica dei miei genitori. Io non volevo fare un lavoro che non mi piacesse e volevo fare qualcosa di mio. A un certo punto, finita la scuola e dopo aver fatto come tutti i giovani una serie di lavori classici come il call center, ho fatto le Scuole Tecniche San Carlo con indirizzo scenografia teatrale e cinematografia, una scuola che dura un anno dove oltre alla teoria, che è molto interessante, ho fatto soprattutto molta pratica lavorando in laboratorio. Ho poi fatto lo stage previsto dalla scuola a Torino, presso l’effettista speciale Michele Guaschino, e sono rimasta con lui cinque anni come assistente di laboratorio, fino a che non ho voluto prendere la mia strada. In pratica faccio lo stesso lavoro di prima, ma in modo indipendente.
Sono da sempre appassionata di anatomia, mi piace comprare libri, visitare i musei anatomici, e con Guaschino ho imparato le tecniche dell’iperrealismo, ho imparato a fare le diverse texture, a cercare di riprodurre la traslucenza della pelle umana con un materiale sintetico. Quello che ho scelto non è un lavoro facile, per la sua peculiarità nelle fasi di realizzazione, per le difficoltà tecniche, per la sperimentazione necessaria che prevede l’uso di materiali costosi. Vorrei avere il tempo e il denaro per chiudermi a sperimentare, per fortuna oggi con la tecnologia, attraverso i social, posso vedere le esperienze di altri e imparare, ricercando, anche cose a cui diversamente non sarei mai arrivata. Il grande problema che spesso devo affrontare è: faccio qualcosa che mi piace o faccio qualcosa che posso vendere? Devo dire che non ho fatto delle scelte molto commerciali, ma convivo dignitosamente con questa mia scelta. È dura farsi conoscere, stare a galla in un mercato in cui c’è tanto di tutto e anche di bello, con qualcosa a cui non si è abituati, e per di più con un oggetto grottesco che non tutti si metterebbero in casa. Dovrei fare un grande lavoro di comunicazione, ma non ho un’azienda alle spalle e il tempo che ho è umanamente limitato. Per fortuna ho delle persone che mi vogliono bene e mi aiutano, come il mio amico fotografo. Considero me stessa un’artigiana, una manipolatrice delle materie plastiche. Mi chiedi qualcosa e io lo realizzo: sculture, riproduzioni anatomiche, maschere, cibo… di resina, di silicone. Faccio la riproduzione del corpo umano attraverso il calco dal vivo, che è una tecnica molto interessante. Ho fatto il calco dal vivo della mano di mio nonno, che era un falegname.  Faccio anche il calco del viso e tutti quelli che hanno provato alla fine dicono che è quasi un’esperienza mistica, perché per mezz’ora sei isolato dal suono, dalla luce… si perde il senso dell’equilibrio, alcuni si addormentano, e quando ho finito, e pratico il taglio con il bisturi e il volto sguscia fuori per tornare alla realtà dei suoni e dei colori, è come se fosse un parto. Un signore che aveva avuto un problema di cuore, e che stava molto male, quando è guarito ha voluto calcare il suo viso per tenere memoria di questo suo percorso personale e ricordare il momento. Non uso il gesso, per carità, uso l’alginato, lo stesso materiale che usano i dentisti.
Poi un giorno ho iniziato a pensare di realizzare delle parti anatomiche come decorazione, oggetti, sculture. All’inizio erano molto grottesche, dedicate un po’ allo scenario del serial killer, come la lampada di pelle umana con i peli e le vene… un salame a forma di pene affettato, in onore di Lorena Bobbit, un’opera se vuoi concettuale, di liberazione. Fino ad arrivare alle parti anatomiche incorniciate come occhi, naso, bocca, orecchio, ombelico, vagina, pene… o un busto intero con tre mammelle tatuato e incorniciato. Sì, il silicone si può tatuare proprio come la pelle vera.
(Santo cielo! Di colpo tutte le mie inibizioni scompaiono e vedo di fronte a me, appeso al muro di casa, il mio volto con tatuato un grande occhio sulla fronte e grandi ciglia che mi cadono sulle guance… )
L’iperrealismo è una nuova forma (seppure non recentissima) di rappresentazione del vero e i più recenti materiali di ultima tecnologia ci mettono di fronte a consistenze e definizioni che rendono molto bene gli incarnati, le texture e il senso di pelle visivamente morbida, e le persone davanti a una rappresentazione così spudorata del vero (nonostante si tratti di semplice anatomia) restano sempre sorprese, talvolta ammaliate, o disgustate. Per me la pelle anche floscia, i nei, le imperfezioni, l’età, le forme di un corpo giovane o decadente costituiscono verità e quindi bellezza.”
Quanto sareste disposti a pagare per un pezzo unico che rappresenti voi o l’oggetto del vostro desiderio?
Prima di rispondere però bisognerebbe tener conto del costo del materiale, della sperimentazione necessaria alla resa ottimale, della colorazione, della base o cornice o vaso, di tutte le ore di lavoro che ci vogliono per creare quel determinato oggetto, e del valore artistico che questo oggetto, unico e fatto a mano, può avere.
Che valore darei alla meravigliosa possibilità di avere un vaso di vetro con la mia mano sottaceto dentro, o la mia testa e quella del mio fidanzato in un acquario, insieme, per sempre… e se volessi la collezione dei miei piedi preferiti sul muro, a disposizione, per prenderli e baciarli in qualsiasi momento di libera intimità?
Il mondo concreto e austero ha perso parte dei suoi limiti oggi, sento il vento della libertà e del desiderio fantastico scorrermi intorno. Una piccola riproduzione che mi rende felice, solo per me, e per la mia piccola camera delle meraviglie.