NUNZIO PACI

La regina delle lacrime

La regina delle lacrime

Nostalgia del giorno Inutile repressione di un cattivo pensiero La tua voce, tra nervi e spine Dissezione di una rosa L’esilio del deforme

Sono sempre vissuto nella provincia di Bologna, in campagna, e gli elementi naturali che ritroviamo nel mio lavoro, e che costantemente disegno, fanno parte della mia memoria e del mio vissuto. Il mio legame con la natura è principalmente questo, il luogo. Fatico molto a distaccarmi da tutto ciò che è organico, come i fiori e i legni… e anche quando faccio lunghe camminate – perché mi piace girare per boschi – e trovo materiali naturali, difficilmente li lascio dove li ho trovati. Sento questa esigenza di raccoglierli e tenerli, poi chiaramente, per questioni di spazio e di pulizia ogni tanto me ne disfo, perché sono molto ordinato e anche abbastanza metodico. Raccolgo tutto! Due anni fa ero in Norvegia per una residenza alla quale ero stato invitato, e lì spesso mi capitava di trovare anche volatili morti, perché c’erano grandi vetrate contro le quali gli uccelli si schiantavano in volo… e gli artisti che erano con me nella residenza, ogni volta che trovavano qualcosa di morto, me lo portavano! Alla fine avevo collezionato un po’ di tutto. Certo, dopo un po’ si decompongono, ma nella stessa residenza ho incontrato un tassidermista. Avevo necessità di capire come funzionava, mi attira molto l’idea della conservazione del corpo… così ho lavorato con lui, mi ha insegnato alcuni dei suoi segreti, e ho potuto conservare alcuni di quei volatili.
Sì, io disegno dal vero, ma prima dell’anatomia mi sono occupato di malattie, come ricerca artistica e anche per interesse personale. Volevo capire le malattie di quei luoghi in cui il lato economico influisce su quello della salute, e condiziona anche l’aspetto dell’uomo. Ci sono molti aspetti della mia vita privata e personale che riguardano la malformazione, la natura umana, le malattie… e poi c’è il discorso politico e sociale. Così ho iniziato a studiare come queste malattie colpiscono i tessuti organici, mi interessava vedere la pelle che diventa altro… e ho cercato di pensare che queste malattie fossero trasformazione, cambiamento, e non decomposizione. Per me la malattia rappresenta uno stadio della vita, una forma del corpo. Non vedo in essa qualcosa di negativo, la percepisco come un cambiamento del corpo, come un segnale che qualcosa si sta trasformando. Tutto è comunque parte della vita. Mi interessa la malattia, ma non saprei dirne il perché. Alla fine ne ho fatto delle tavole che però non ho mai esposto, perché per me sono un semplice studio. Poi sono passato all’anatomia umana, ho cercato di capirne i meccanismi, di capire come l’uomo e il corpo umano potessero interagire, e andando avanti e a fondo in questa conoscenza ho iniziato a sentire l’esigenza di raccontare, di fare in modo che i miei soggetti fossero autonomi e che potessero parlare anche da soli. Sono cose che mi succedono, che sogno, e cerco di fare in modo che possano esprimersi da sole.
Quando lavori con corpi dissezionati e soggetti del genere, è importante la delicatezza, il romanticismo; il mio intento non è quello di scandalizzare e offendere la sensibilità altrui, cerco di trovare una forma di equilibrio. Penso che l’aspetto romantico sia una questione di equilibrio, che per me è molto importante. Il mio intento è appunto quello di rimanere su un livello onirico, surreale, perché non voglio rappresentare niente di realistico. Ho l’esigenza di raccontare cose reali con un linguaggio surreale; regolare la crudezza di certe immagini con una componente floreale o comunque colorata, creando una sorta di inganno. In alcuni dei miei lavori è molto chiaro il concetto di mimetismo, succede anche in natura. E proprio come in natura il corpo di alcuni animali cambia, muta, per difendersi o anche per attaccare, nei miei quadri la componente floreale, romantica, è una sorta di metamorfosi che ha come finalità quella di difendersi, sopportare determinate situazioni o comunque sopravvivere. Perché… non lo so il perché. Io dipingo.
Non ho avuto una formazione tradizionale: ho iniziato l’Accademia ma ho dovuto smettere e sono andato a lavorare. Ho imparato da solo, ho iniziato a ragionare tra me e me per capire i meccanismi di questo lavoro e come fare per riuscire a realizzare ciò che volevo nel miglior modo possibile. Avere un’idea chiara e riuscire a realizzarla sono due cose completamente diverse, perché i linguaggi differiscono. Il linguaggio del pensiero è astratto e quando poi devi realizzare qualcosa di concreto devi rapportarti con delle dinamiche radicalmente diverse. Dipingevo la notte, il fine settimana, adesso invece non ho più tempo per lavorare. Faccio esclusivamente il pittore da diversi anni e mi ritengo molto fortunato. Ho avuto molte difficoltà all’inizio, perché sono una persona schiva, ma adesso va tutto bene, mi piace la vita tranquilla e concentrami sul mio lavoro. È quello che ho sempre voluto fare, ed è comunque l’unica cosa che so fare, non ho grossi talenti.
Penso di essere più un illustratore che un artista, illustro i miei pensieri, non una storia ma una mia riflessione. Ho sempre pensato di essere una sorta di tramite, uno strumento, un prolungamento del pennello. Sono solo lo strumento del pensiero e creo una sorta di fotografia. La pittura (così come gli odori) mi serve a trattenere, conservare determinati momenti.
Ne La regina delle lacrime volevo mettere in contrapposizione lo sfarzo, tutto il benessere apparente, con queste foglie che le spuntano dal petto e che sono generate dalle lacrime. Non è niente di fisico, ma qualcosa di interiore: quando abbiamo un malessere psicologico il corpo subisce dei cambiamenti, quindi non tutto ciò che vediamo esiste, e viceversa. La società ci porta a nascondere i nostri malesseri, ma questi a un certo punto emergono e il corpo rispecchia le malinconie, le sofferenze, i disagi, le frustrazioni… Quello che vediamo in realtà non rispecchia mai quello che veramente siamo.
La regina delle lacrime parla un po’ di questo, una tematica comune a tutti i miei lavori, un libro un po’ triste, un mio racconto.

Provincia di Bologna, 24 gennaio 2019