IDOUTORE

di Idoutore

foto © Lina Vergara Huilcamán

foto © Lina Vergara Huilcamán

Aurora in my bed © Idoutore A nit matter © Idoutore I sogni che non fanno svegliare The box of colours With glue

Sono autodidatta. Mio nonno era pittore e da piccolina mi piaceva guardarlo disegnare. In realtà faceva l’incisore, faceva i cammei – io sono di Torre del Greco, in Campania – ma quelle poche volte che dipingeva mi piaceva guardarlo e piano piano ho iniziato anche io a fare delle cose. Alle scuole elementari, ma soprattutto alle medie, disegnavo moltissimo, perché ho avuto una bravissima insegnante che mi ha incoraggiata e convinta di essere molto brava. L’ho anche ritrovata su Facebook e mi ha fatto molto piacere. Ma non ho mai studiato disegno o arte, perché mia madre mi aveva convinta che a fare la pittrice sarei diventata spiantata come mio nonno. Di incisori nella mia città ce ne sono tantissimi e quindi c’è molta concorrenza, così la maggior parte sono diventati dei poveracci, e mia madre non voleva che facessi la poveraccia anche io. Mi sono diplomata in ragioneria e poi mi sono laureata in scienze politiche, e durante le superiori, ma soprattutto all’università, ho quasi del tutto abbandonato il disegno perché dovevo studiare. Finita l’università, per una serie di motivi familiari sono rimasta a casa, e un po’ perché non mi riusciva di trovare lavoro, un po’ forse perché volevo fare altro, ho passato un paio di anni libera da impegni e ho iniziato a dipingere. A quell’epoca mandai i miei disegni a ILLUSTRATI. Poi trovai un lavoro a mezza giornata ma tutto il resto del tempo disegnavo. Decisi di cambiare vita, di cambiare città, e di trasferirmi a Firenze. Mandai il mio curriculum per trovare un lavoro, e quando ormai ero a Firenze e avevo deciso di dedicarmi all’arte e di non lavorare più, mi chiamarono per un colloquio e mi assunsero. Sono fatalista, e pensai che il destino aveva voluto così, che così era la mia vita, e piansi due giorni interi, al termine dei quali andai a lavorare a tempo pieno, lasciando i miei disegni per la sera. Lavoro in amministrazione.
A distanza di tempo posso dire che mia madre aveva ragione per quanto riguarda la concretezza, ma se tornassi indietro non farei le stesse scelte. Se avessi una figlia e la dovessi consigliare, le direi di fare quello che le piace, perché fare ciò che ci piace non ha prezzo. Ma non colpevolizzo mia madre, i miei genitori hanno vissuto cose diverse, erano altri tempi, e l’aspetto economico aveva un’altra importanza.
Penso sempre di lasciare il lavoro e dedicarmi solo all’arte, ma sto facendo molta fatica a decidere di chiudere questo capitolo e aprirne un altro, perché comunque al lavoro mi trovo benissimo. E poi c’è da dire che sono molto pratica, lavoro con i numeri e sono molto brava e conoscendo molto bene la fiscalità questo passo mi spaventa moltissimo. A differenza di un artista che non sa cosa lo aspetta con la partita iva, io sono preparatissima! Penso sempre che prima o poi mi troverò nella situazione di doverlo fare, di dover lasciare tutto, e allora io aspetto. Emotivamente ho bisogno del cambiamento, razionalmente lo rifiuto.
Mi metto davanti al foglio e inizio sempre da un particolare, e quasi sempre è il viso di un personaggio. Poi, nei giorni che seguono, aggiungo delle cose, piccole cose, che sono nella pancia del personaggio, o all’esterno, oggetti… ma tutto viene costruito poco per volta. Non parto mai da un’idea, piuttosto da un sentire. Quando inizio a disegnare non so mai come finirà, ogni giorno succedono cose diverse che vanno inevitabilmente dentro al disegno, che raccoglie la storia di una settimana o di un mese, racconta la storia che io ho costruito un pezzettino alla volta. E quando è finito è perché il disegno occupa gli spazi che doveva occupare. Sì, tra un disegno e l’altro la storia spesso continua.
Disegno in modo inconsapevole, anche se so cosa ci ho messo. Mi piace sentire anche cosa ci vedono gli altri, ma solo a volte, e molto raramente, le due cose coincidono. Forse i miei disegni sono un po’ enigmatici… ma credo che alla fine una cosa ti piace anche per quello che ci vedi dentro. Anni fa avevo iniziato a leggere L’arte della gioia di Goliarda Sapienza, e non sono riuscita a finirlo, perché non riuscivo a capire la protagonista, non riuscivo a capire il senso delle sue azioni. Non mi aspetto che il personaggio faccia quello che faccio io, ma deve essere comprensibile. Ed è così anche per i disegni, le persone per affezionarsi devono in qualche modo ritrovarsi, devono comprendere. A me succede così, non solo con i libri, con tutto. A me piacciono molto i libri di poesie, i racconti brevi. E poi la sera, mentre disegno, ascolto gli audiolibri. C’è questo sito di RAI Radio 3 che si chiama Ad Alta Voce dove si può trovare una sfilza di audiolibri, sono quelli che mandano in onda durante la trasmissione radiofonica. E quindi in realtà tutti i libri che ho letto ultimamente li ho ascoltati. Mi piace ascoltare, perché così riesco a fare più cose insieme. (Firenze, 6 febbraio 2019)