Nel 2002, l’idea di Genesi era già stata concepita. Era quindi arrivato il momento di organizzare, concretamente, i 32 reportage che avrei realizzato alla ricerca degli spazi incontaminati, dai più torridi ai più glaciali, dai più aridi ai più lussureggianti. Per quanto riguarda la mia preparazione personale, con gli anni e con l’esperienza alla fine mi sono ben rodato. Ho quattro grandi casse che contengono tutto quello che mi serve per vivere a meno 30 gradi, in altitudine, in luoghi umidi, oppure caldi come un forno. Col tempo, ho acquisito una nozione personale dell’essenziale. Per me, prima di tutto, viene il materiale fotografico: i miei apparecchi e, per molti anni, anche la valigetta in cui vi erano preziosamente custodite le mie pellicole.
All’inizio di Genesi, non avevo assistenti. Come per tutte le altre spedizioni fotografiche, bisognava quindi che fossi in grado di portare tutto da solo. Quando sono partito per il mio primo reportage, il 4 gennaio del 2004, ho trovato una guida sul posto, ma ero partito solo da Parigi. In Antartico, nel 2005, quando viaggiavo sulla goletta Tara(1) con Gil Kebaïli, reporter della rete televisiva francese TF1 per il programma Ushuaïa. Lui mi ha convinto a smettere di viaggiare da solo perché per questo genere di reportage bisogna rispettare moltissime regole di sicurezza. In effetti, ho capito che quando si cammina sui ghiacciai, è facile cadere per un nonnulla in crepacci profondi. Gil mi ha persuaso a prendere un assistente. Al ritorno, ho conosciuto Jacques Barthélémy, una guida di alta montagna che mi ha insegnato di nuovo a camminare, a utilizzare corde e imbragature, a scalare. E in seguito mi ha accompagnato in gran parte dei miei reportage.
Con Lélia abbiamo pianificato nei minimi dettagli gli otto anni che avrei trascorso a percorrere il mondo a piedi, a bordo di piccoli aerei, di barche, di canoe e persino di una mongolfiera – che resta uno dei miei ricordi più belli. Dopo aver dedicato tanti anni a raccontare donne, uomini e bambini nel loro quotidiano, avevo deciso di fotografare vulcani, dune, ghiacciai, foreste, fiumi, canyon, balene, renne, leoni, pellicani, il mondo della giungla, del deserto e della banchisa.
Ho avuto il grande piacere di tornare spesso in Africa, non più per assistere alle tragedie, ma per immortalare l’immensa bellezza del continente e ho camminato anche nel Sahara. Ho visitato alcuni santuari naturali del pianeta, in particolare nelle isole. Ho già parlato delle Galápagos, ma sono stato anche in Madagascar, a Sumatra, nell’arcipelago delle Mentawai, che hanno conservato un buonissimo ambiente naturale, in Nuova Guinea e in Papuasia Occidentale. Non ho lavorato in Europa, perché praticamente qui non esistono più luoghi incontaminati: l’intervento umano e i danni causati dall’inquinamento si fanno sentire ovunque. In compenso, ho attraversato in lungo e in largo l’Asia, ho percorso l’Himalaya, sono andato tre volte nella Russia asiatica. Ho girato molto anche in America del Sud e del Nord. Grazie ai parchi nazionali, gli Stati Uniti hanno conservato un legame molto stretto con il loro ambiente naturale, che sono riusciti a salvaguardare. Ho raggiunto il Canada, poi ho affrontato i freddi dell’Alaska e gli immensi spazi ghiacciati del Nord del pianeta. Ho realizzato un grande periplo in Amazzonia. Sono andato anche in Argentina, in Cile, in Venezuela, a Diego Ramírez, un arcipelago cileno fra Capo Horn e l’Antartide. Poi mi sono recato nelle isole Falkland, in Georgia del Sud e nelle isole Sandwich meridionali, quelle belle isole che hanno un vulcano attivo e formano il più grande santuario di pinguini che esista. Per me sono le isole della fine del mondo, come si dice in Brasile: quelle in cui il vento fa il giro e poi ritorna. Ho visto una diversità inverosimile di paesaggi e ogni viaggio resta unico.
Sono stati anni magnifici, che mi hanno portato gioie immense. Dopo aver visto tanto orrore, ho potuto contemplare tanta bellezza. Grazie allo staff di Amazonas, molti dei reportage che via via realizzavo sono stati pubblicati sulla stampa internazionale. Nell’aprile del 2013, sono usciti due libri su Genesi. Prima ancora che avessi terminato tutti i reportage, la mostra che avrebbe raccolto queste immagini era già stata programmata in grandi musei in tutto il mondo, da Londra a New York, ma anche in Brasile, a Toronto, a Roma, a Singapore e ovviamente a Parigi. Con Lélia, crediamo di essere riusciti a rendere omaggio al pianeta. E, speriamo, a far riflettere sulla necessità di rispettarlo e salvaguardarlo finché siamo ancora in tempo. Durante la realizzazione dei reportage, Lélia mi ha spesso raggiunto nei miei viaggi. Insieme, siamo rimasti tante volte senza fiato di fronte alla maestosità della natura e a tutte le forme di vita che vi regnano, attraverso i milioni di specie che la abitano. Alla fine, la Terra ci ha regalato una magnifica lezione di umanità. Scoprendo il mio pianeta, ho scoperto me stesso e ho capito che tutti noi siamo parte dello stesso insieme – il sistema Terra.
Per esempio, durante il mio primissimo reportage alle Galápagos, un giorno stavo osservando un’iguana, un rettile che, a priori, ha ben poco in comune con la nostra specie. Ma, guardando una delle sue zampe anteriori, improvvisamente, ho visto la mano di un guerriero del Medio Evo. Le sue squame mi hanno fatto pensare a una giubba di maglia di ferro sotto la quale ho visto dita simili alle mie. Allora mi sono detto: questa iguana è un mio cugino. Avevo davanti agli occhi la prova che proveniamo tutti dalla stessa cellula, anche se poi ogni specie è evoluta a modo suo nel corso del tempo e secondo il suo ecosistema. La fotografia della zampa di questa iguana sta circolando, spesso è pubblicata sui giornali e se riuscirà a trasmettere questa idea, sarò felice. Insomma, con Genesi ho voluto raccontare la dignità e la bellezza della vita nelle sue diverse forme e mostrare come abbiamo tutti la stessa origine. L’incontro con l’iguana non ha fatto che confermarmi il titolo che avevamo già scelto per questo lavoro, Genesi. Per me non ha nessun significato religioso, ma indica quell’armonia delle origini che ha permesso la diversificazione delle specie: il prodigio di cui facciamo tutti parte.
Parte dei ricavati della vendita di GENESI andrà a sostegno dell’Instituto Terra, un progetto di riforestazione fondato da Lélia e Sebastião Salgado nel Minas Gerais, in Brasile.
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(1) Tara è una goletta comandata da Etienne Bourgois che ha come missione l’esplorazione e la difesa dell’ambiente. Dal settembre del 2006 al febbraio del 2008, in occasione dell’Anno internazionale del Polo, ha navigato nell’Oceano Artico per osservare i fenomeni legati ai cambiamenti climatici.
GENESI
di Sebastião Salgado e Lélia Wanick Salgado
Cartonato con 17 pagine pieghevoli, 520 pagine, 243x355 mm
TASCHEN
ISBN: 9783836542623
Dalla mia terra alla terra
di Sebastião Salgado
Cartonato, 175 pagine, 165x230 mm
Contrasto
ISBN: 9788869655036