Da qualche anno, Selena Leardini raccoglie e custodisce immagini fotografiche di bimbe e bimbi. Le immagini, selezionate con cura, diventano i soggetti del suo lavoro pittorico; trasformate, convocate al presente, ma ancora pienamente fedeli al proprio momento, al proprio sguardo.
Gli scatti più remoti risalgono alla seconda parte dell’Ottocento, i più recenti al periodo tra le due guerre del Novecento. Ogni ritrovamento è un incontro, un rinsaldarsi del rapporto apparentemente impossibile tra l’essere adulti e l’infanzia, quelle bambine, quei bambini così distanti accorciano lo spazio tra quello che siamo ora e quello che ancora rimane di quello che siamo stati. Tra i moltissimi incontri qualcuno è davvero speciale. Con il passare del tempo, la collezione assume una posizione indipendente ed autonoma fino a confluire nell’Archivio Leardini, una raccolta di dagherrotipi, ambrotipi, ferrotipi, stampi da negativo, che conta ad ora circa 700 scatti ed è in continua crescita.
Il minuzioso lavoro di scoperta e raccolta racconta di una fascinazione che da una parte trascina verso un passato distante e dall’altra rinnova nel presente una moltitudine di assonanze tenere e fragorose. Il passato distante riprende ad evocare i suoi istanti e lo fa con la forza che il ritratto infantile lontano più di cent’anni è ancora capace di emanare, con il suo senso profondo.
L’esperienza sembra quella dell’evento unico, assoluto, stupore e timore, spensieratezza e forzata compostezza si condensano negli sguardi e come in un balzo magico sbattono contro il nostro sguardo e lo sostengono, quando la magia funziona toglie il fiato e non dà scampo.
Certo è necessario decidere di arrendersi al gioco, dismettere ogni tentativo di riflessione storica, di indagine sociologica o tecnica e in un’unica dimensione estetica, quella che non guida i sensi ma li lascia risuonare, avventurarsi nella dimensione dell’inter-esse, dello stare con l’immagine in una complice comunanza, coabitare e discorrere e sorprendersi nello stesso luogo.
La ricerca si organizza attorno ad alcuni grandi gruppi ricorrenti che attraversano la fotografia infantile di posa dalle sue origini ad oggi. Modelli, sfondi, scenografie, oggetti e pose tendono a ripetersi. Ciononostante sono relativamente pochi gli scatti successivi agli anni ’30. L’aura originale va via via perdendosi, gli sguardi mostrano una nuova forma di consapevolezza rispetto alla macchina, l’esponenziale diffusione di immagini sembra depotenziare fino a disattivare l’enigma degli sguardi dei bimbi del tempo lontano.
Accanto ai grandi gruppi degli scatti individuali, dai primi giorni di vita alla pubertà, si individuano alcune serie frequenti:
LE MAMME NASCOSTE
Sono ritratti di bambini e bambine, spesso molto piccoli, sorretti dalla madre o da altri adulti, che non compariranno nell’immagine finale. L’immediata motivazione riconduce alla concreta difficoltà di tenere i soggetti immobili, per il lungo tempo necessario all’esposizione della posa, evitando così sfocature dovute a movimenti anche impercettibili. Se il nascondimento sotto tende e drappi non ha funzionato alla perfezione, il fotografo aggiunge e toglie particolari, ridipingendo lo sfondo sulla figura da escludere, mascherando parti dell’immagine, stringendola sul bambino.
La centralità ottocentesca dell’individuo e del bambino viene fornita come plausibile motivazione così come la forte mortalità infantile, ma questo non svela del tutto la faccenda. Linda Fregni Nagler, presenta alla biennale del 2013 una collezione di immagini che titola “The Hidden Mother”. Geoffrey Bachten, autore del saggio che accompagna la pubblicazione, non sembra accontentarsi delle motivazioni storiche e sociologiche e afferma, aprendo un complesso ordine di considerazioni che, se la mamma si vede, è perché “Esibisce il suo nascondersi”.
(Linda Fregni Nagler, The Hidden Mother, MACK 2013)
I MASCHI CON ABITI FEMMINILI
Soprattutto in età vittoriana i bambini maschi indossano nelle pose abiti femminili e talvolta gioielli. Ciò accade solo nei primi anni di vita. La grande messa in scena della posa prevede sfondi decorati, mobili lussuosi e abiti sfarzosi. Gli abiti femminili erano ritenuti forse più adatti alla teatralità delle magiche stanze dei fotografi.
I GIOCHI – GLI ANIMALI
I giochi fanno spesso parte della scena di posa, i bambini e le bambine sono ritratti con gli oggetti simbolici legati all’infanzia, bambole, cerchi, palle e pupazzi. Raramente e in tempi più recenti si può osservare una diretta interazione dei soggetti con gli oggetti. Si reggono giochi ma non si gioca. Nonostante ciò, ancora una volta l’immagine non giunge affatto stereotipata, anche nella sua fissità suggerisce una relazione profonda tra l’oggetto e il soggetto. Similmente accade nelle foto con animali, anche questi ultimi paiono assorbiti dalla scena.
A questi grandi gruppi si aggiungono poche e rare immagini POST MORTEM. Spesso è evidente ed efficace il tentativo struggente di restituire naturalezza, di immortalare un sonno dolce.
Altre fotografie ritraggono FRATELLI E SORELLE di età diverse, GEMELLI E GEMELLE.
ARCHIVIO LEARDINI
Mostra collezione privata di foto di posa di soli bambini e opere di Selena Leardini in occasione di Bologna Art City 2019
Dal 31 gennaio al 17 marzo 2019 Galleria Mirabilia, via de’ Carbonesi 3/e Bologna centro
VERNICE con l’artista giovedì 31 gennaio alle ore 18