Aspettando il finimondo
Un meteorite era entrato in collisione con il pianeta Terra senza fare baccano. Tuttavia, un paio d’ore più tardi, tutti i telegiornali annunciavano l’apocalisse. Migliaia di valigette di primo soccorso furono prodigamente distribuite. Il prezzo del petrolio toccò cifre insolite. Ana chiese un permesso al lavoro per passare più tempo con i suoi figli. Stefan e il suo fidanzato si baciarono come se fosse l’ultima, la prima volta. La gente iniziò a uscire di casa con una strana carica di entusiasmo. Alcuni sorridevano. Altri si sedevano semplicemente su un angolino d’erba aspettando che sorgesse il sole. Quello che chiamiamo mondo, lungi dall’estinguersi, girò su sé stesso con rinnovato slancio. Nessuno ha mai visto il meteorite.
L’impostore
Circa un anno fa, in preda agli effetti antigravitazionali di una giornata prodiga di alcol, mi trovai senza sapere come a una festa in cui ogni invitato doveva travestirsi dal proprio migliore amico. Io non ne avevo idea, ovviamente, così ci andai vestito da me stesso, anche se fortunatamente nessuno se ne accorse.
“Guardate quello” disse una tizia dal viso paffuto quando mi vide passare davanti al suo tavolo per versarmi un bicchiere di birra. “È il miglior travestimento che abbia visto oggi.”
Si avvicinò e mi diede due baci con fare amichevole. Si faceva chiamare Sofía. Nessun altro invitato la contraddisse né parve dubitare anche solo per un istante della mia autenticità.
“Perfino la camminata è la stessa” osservò qualcuno. “E anche la postura sembra proprio la sua!”
Non sapevo cosa dire. E non potevo sapere chi era chi, né se Sofía era davvero Sofía o un’altra impostora che si faceva passare astutamente per lei. Quando riuscii a mettere insieme una frase, un tipo sulla destra mi indicò di nuovo:
“Sentite come parla?” chiese sorpreso e divertito ai presenti, aggiungendo con fare complice: “Ha la stessa voce...”
Improvvisamente tacqui, un po’ sconcertato. L’angolo bar era piuttosto insulso e il cibo stantio. Con discrezione mi diressi verso la porta, abbandonai il bicchiere e uscii senza salutare.
Una volta a casa, entrai in bagno e guardandomi allo specchio non mi riconobbi. Confuso, andai a coricarmi. Il letto era più duro di quanto ricordassi, ma la stanchezza mi fece transigere su questo dettaglio. Al risveglio, mi ritrovai abbracciato alla donna di qualcun altro, e continuo a farlo: i mesi si susseguono senza via d’uscita, in una spirale di scambi e malintesi. Nel frattempo, vago per la casa rivendicando la mia pregressa identità, e giorno dopo giorno cerco di convincerla che dobbiamo lasciarci. Il suo pianto mi commuove, ma che altro posso fare? Lei però non mi crede, ed è felice così.
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Dal libro Pequeñas sediciones. Menoscuarto Ediciones, 2017. Javier Vela (Madrid, 1981), è laureato in Teoria della letteratura e letteratura comparata presso la Universidad Complutense di Madrid. Ha pubblicato le raccolte di poesia La hora del crepúsculo (2004), vincitrice del Premio Adonáis; Tiempo adentro (2006); Imaginario (2009), che ha ottenuto il premio Loewe a la joven Creación; Ofelia y otras lunas (2012); Hotel origen (2015) e Fábula (2017). Pequeñas sediciones è la prima antologia di racconti tutta sua.