“Una volta a Milano c’era una bellissima scuola che si chiamava Antonio Scarpa in via Clericetti, dove le persone come me frequentavano classi normali con tutti quegli accorgimenti che ci erano necessari: eravamo attaccati alla lavagna, io scrivevo su un quaderno grigio con le righe verdi e che quindi non aveva riverbero... e grazie a quella scuola e agli studi compiuti in seguito, sono riuscito a formarmi. Sono stato anche fortunato: l’uomo giusto al posto giusto in quel particolare momento, e sono molto soddisfatto di quello che ho fatto nella vita. Vivendo tutti i giorni accanto alle persone che non vedono nulla, o che non hanno mai visto nulla, ho sempre avuto delle perplessità riguardo al discorso della pittura per i ciechi, facendo una distinzione importante tra il cieco che non ha mai visto e il cieco che invece ha un ricordo. E credo che la grande discriminazione dipenda dagli strumenti e dalle conoscenze con cui la persona non vedente si rapporta alla cultura, e in questo caso all’opera d’arte. Davanti a un dipinto del Caravaggio, ad esempio, due persone non vedenti ma con una diversa capacità culturale avranno sensazioni sicuramente diverse. Una persona che non vede ma che comunque ha studiato storia dell’arte conosce termini come tratteggio e drappeggio, e quindi la sua percezione dell’opera sarà diversa rispetto a quella di una persona che invece non sa cosa siano. Per me è proprio questo a fare la differenza: il tipo di cultura con cui ci si approccia alle cose e alla vita. Un tempo l’Istituto dei Ciechi offriva la residenza, nella parte centrale c’erano le zone comuni e poi nell’ala destra stavano i maschi e nell’ala sinistra le femmine. Oggi non è più così, siamo noi ad andare nelle scuole e all’interno dell’Istituto svolgiamo diverse attività e abbiamo affittato dei locali al Comune per ospitarvi una Scuola Media pubblica con indirizzo musicale. L’istituto segue trecentoventi ragazzi, oltre ad altri quaranta che frequentano le università a Milano. A seconda del grado di studio si differenzia il tipo di servizio. Noi siamo per la tiflologia*, andiamo nelle scuole e ci rapportiamo con l’insegnante curriculare, con l’insegnante di sostegno e con le altre figure che agiscono intorno alla persona che stiamo seguendo, affinché raggiunga gli obiettivi pedagogici prefissati. Abbiamo un centro riproduzione di materiali tiflodidattici, che è un’eccellenza italiana, per insegnare ai bambini e favorire così molti canali di apprendimento, da quello culturale a quello ludico. Siamo specializzati nel produrre materiale finalizzato al processo educativo. Sono presidente a Roma di un’altra istituzione che produce libri per bambini, con un’attenzione speciale al materiale e al colore. Se prendi un tradizionale libro in braille e lo metti in mezzo a un gruppo di bambini dopo dieci minuti avrai perso il loro interesse, se invece ne metti uno che oltre al braille abbia anche colore e materiali diversi, soprattutto negli ultimi anni della scuola materna, o in prima elementare, susciterà l’interesse di tutti i bambini, anche di quelli normovedenti, e avrai realizzato la prima integrazione. Abbiamo il corso di formazione professionale per le tipiche professioni legate alle persone che non vedono. O diamo la possibilità di recupero delle abilità a professionisti quali avvocati o giornalisti che diventano non vedenti, e che vogliono continuare a svolgere il proprio lavoro, attraverso un centro informatico e un centro di formazione specifico. Poi abbiamo anche una casa di riposo piccolina, e tante altre cose. Ci sosteniamo con la rabbia in questo momento, perché non riceviamo soldi pubblici e anche quei pochi che arrivano sono sempre in ritardo, quindi è la beneficenza la nostra fonte di sostentamento, ma siamo in perdita, e per di più paghiamo le tasse. Non esiste un codice prestabilito rispetto alla vita, alla visione e alle sensazioni, tutti proviamo sensazioni completamente diverse, siamo tutti un po’ isole e nel mondo della visione ancora di più. Una volta abbiamo riunito duecento persone con difetti visivi e degli oculisti ottici si sono adoperati per dimostrare come vedono queste persone, chi vede bianco, chi vede tutto nero, chi vede solo un colore e non ne vede un altro... dipende dalla propria elaborazione. Ma il porsi di una persona non vedente rispetto a un’altra dipende dalla cultura, per questo noi siamo concentrati sulla formazione e sull’educazione.”
Questa intervista è stata fatta casualmente il 13 dicembre del 2017, il giorno di Santa Lucia. Sono entrata in questo magnifico palazzo in centro a Milano con una grande scalinata centrale al suo interno che si affaccia su un’imponente galleria di grandi ritratti dei benefattori, ho scoperto successivamente, tra cui quello del fondatore dell’Istituto dei Ciechi di Milano, Michele Barozzi, raffigurato con i primi due bambini ciechi che ha accolto. Mi sono avventurata per curiosità, senza sapere bene cosa stavo cercando, e sono uscita con una grande verità: la cultura è ciò che distingue un essere umano da un altro, la cultura è quella che fa la differenza e che dà pari o migliori opportunità. In queste righe si parla soprattutto di educazione, di formazione, di integrazione, concetti che non si limitano al mondo dei non vedenti.
* La tiflologia è la scienza che studia le condizioni e le problematiche delle persone con disabilità visiva (non vedenti e ipovedenti), al fine di indicare soluzioni per attuare la loro piena integrazione sociale e culturale. (wikipedia)