Echi del passato
A Esperanza Temprano
Da giorni le strade si riempiono di bambole. Si dice siano uscite dai cassonetti e dalle discariche. Per la maggior parte sono così nuove da essere ancora incartate nelle loro confezioni mortuarie. Ho riconosciuto tra loro le mie due Barbie, quelle bionde che ho gettato nella spazzatura qualche anno fa. I vicini sparano dai balconi e le bambole cadono, ma poi si rialzano e continuano a camminare. Non ci azzardiamo a uscire in strada perché, dalle oscure profondità del loro sguardo morto, sanno che abbiamo paura. La loro presenza inquietante ci obbliga a ricordare un passato opulento.
Eulogio, quello del quinto
Mentre aspettava in fila ha chiacchierato con un tipo come lui. Sono cose che succedono quando passi un paio d’ore in attesa. Il motivo è ininfluente: a volte è per il pane, altre per un’offerta speciale o per ritirare la pensione; altre ancora semplicemente per noia, ma soprattutto per accantonare la solitudine.
Questo tipo con cui ha parlato – Fernando, gli ha detto che si chiama – era più chiacchierone di lui e gli ha dato del filo da torcere. Più volte ha provato a raccontargli di suo figlio, il piccolo, ma ogni volta che iniziava, lui lo interrompeva per parlare dei suoi.
Si è stancato, gli ha rifilato una scusa e se n’è andato. La cosa è passata inosservata perché la coda era rimasta esattamente allo stesso punto. Passeggiando per la città ne ha vista un’altra, per la prima di un film, e si è messo in fila. Poco dopo è arrivato un uomo serio, taciturno, con una faccia preoccupata. Dopo le domande di rito, si sono messi a parlare e gli ha raccontato quello che era successo l’altra notte con il cane. L’uomo è rimasto di sasso, e non c’è da meravigliarsi. Davanti al suo interesse, si è sentito incoraggiato a raccontargli la storia del piccolo. La coda avanzava a malapena. Quando si è guardato alle spalle, ha visto che continuava fin dietro l’angolo. Arrivato quasi alla biglietteria, lo ha salutato e se n’è andato verso la fine della coda. Si è messo dietro una signora rotondetta, con aria da buona conversatrice. È cascato bene, si vede che ha una certa esperienza in materia di donne e conversazioni. A lei ha raccontato la storia di suo figlio maggiore. La poveretta è rimasta di sasso. Alcune persone sono molto sensibili. Le è perfino sfuggita qualche lacrimuccia. La coda continuava ad avanzare. Le ha chiesto di tenergli il posto mentre andava a comprare il giornale, anche se non intendeva tornare. Ha guardato l’orologio e ha visto che era ora di andare a casa.
Si siederà al tavolo della cucina. Cenerà con qualcosa di riscaldato, avanzi o cibo in scatola. Domani ha in programma di andare ai grandi magazzini. Grazie alla conversazione con la signora rotondetta, è venuto a sapere che l’opinionista di un talk show ha scritto un libro e sarà lì per gli autografi. È un’occasione ghiotta. Dopo la cena, guarderà il telegiornale e uno di quei programmi in cui la miseria umana si manifesta in tutto il suo splendore. Così, domani avrà nuovi argomenti di conversazione da usare in qualsiasi altra coda.
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Racconti tratti dal libro: Luna de perigeo, Enkuadres, 2016. Elena Casero (Valencia, 1954), è tecnico delle imprese turistiche e pensionata parziale presso Ford España S.L., anche se avrebbe preferito essere musicista. Ha pubblicato i libri Tango sin memoria (1996), Demasiado Tarde (2004), Tribulaciones de un sicario (2009), Discordancias (2011) e Donde nunca pasa nada (2014). Ha collaborato a diverse opere collettive e i suoi racconti sono stati pubblicati in varie riviste e antologie.