cuentos nero

IL NEGROFILO

di George Milburn

Ci fu un tempo in cui, in paese, nessuno domandava ai forestieri perché avessero lasciato il posto da cui provenivano, né come fossero finiti in Oklahoma. Ma questo accadeva solo all’inizio; presto, le cose cambiarono a tal punto che ci si aspettava che i nuovi arrivati andassero in giro a presentarsi. Così, si parlava delle usanze locali e i nuovi raccontavano dei loro luoghi d’origine, sottolineando come il nostro paese fosse di gran lunga un posto migliore.
John Parnell non fece niente di tutto ciò, e per questo i vicini lo guardarono con sospetto fin dal primo momento. Quando lo videro collocare la sua targa di avvocato accanto alla scala dell’edificio della First National Bank, cominciarono a chiedersi cosa stesse tramando, ma non lo seppero mai con certezza.
Parnell era l’unico avvocato laureato in tutto il paese. Gli uomini che lo aiutarono a portare le casse dei libri di diritto che arrivarono via cargo una settimana dopo il suo trasferimento videro il diploma, scritto in latino, appeso alla parete. L’avvocato si sistemò a casa della vedova Warburton, che naturalmente cercò di spiarlo, ma non riuscì a scoprire mai niente che valesse la pena raccontare.
Per il primo anno, Parnell non fece altro che starsene seduto tutto il giorno nel suo ufficio a leggere libri. Proprio nell’edificio di fronte c’era l’ufficio dei telefoni e a Mabel McKindricks, l’operatrice che aveva il turno della mattina, bastava alzare lo sguardo dal centralino per vederlo, intento a leggere con i piedi sulla scrivania.
L’anno seguente ci furono le elezioni e John Parnell, che si rivelò repubblicano, si mise a lavorare di buona lena per il partito. Tutti allora immaginarono che si sarebbe candidato come Procuratore della contea. Tuttavia, Parnell non chiese affatto di essere inserito nella lista dei candidati – l’unica cosa che doveva fare per presentarsi alle elezioni – ma si dedicò invece a contrariare i suoi compagni di partito incoraggiando i neri a iscriversi nelle liste e a votare.
Fu così che Parnell iniziò a esercitare la professione di avvocato dei neri.
Li difendeva davanti al giudice di pace e nei tribunali della contea, e con gran sorpresa dei compaesani si scoprì che era molto in gamba. Difatti, riuscì a ottenere l’assoluzione per diversi neri che producevano birra fatta in casa o giocavano d’azzardo, gli stessi che fino a quel momento si erano sempre rassegnati a dichiararsi colpevoli e a pagare le multe.
Fu allora che iniziò a girare la voce che John Parnell fosse un negrofilo, e da quel momento nessuno volle più avere niente a che fare con lui. Nessuno tranne i neri, che continuavano a sfilare senza sosta verso il suo ufficio, offrendogli sempre più lavoro. Quelli che potevano permetterselo, come i produttori di birra, gli pagavano anche un buon onorario.
Un giorno, l’avvocato Parnell entrò nell’emporio Economy. Siccome era un buon cliente e un assiduo acquirente di sigari, Doc Bascombe era sempre cordiale con lui. Quel giorno, quando l’avvocato entrò, il Doc era dietro al bancone del bar.
«Potrei avere un bicchier d’acqua?» chiese John Parnell.
«Certo!» rispose Doc.
Doc non si accorse del bambino nero che accompagnava l’avvocato finché il negrofilo non si girò per dargli il bicchiere. E quando lo vide, restò talmente spiazzato da non riuscire a dire neanche una parola. Ma appena Parnell e quel moccioso nero uscirono, Doc prese il bicchiere vuoto e lo ridusse in frantumi. Era così furioso che restò per mezz’ora nel retrobottega a maledire Parnell con tutti gli insulti che gli venivano in mente.
Quell’anno i repubblicani ottennero una vittoria schiacciante, ma l’avvocato Parnell non fece richiesta nemmeno per un incarico all’ufficio delle poste.
La gente non riusciva a capire cosa sperasse di ottenere coccolando i neri in quel modo. Infatti, se era vero che difendere i neri che vivevano del gioco d’azzardo e del contrabbando di alcolici gli aveva fruttato lauti guadagni, gli aveva anche rovinato la reputazione, al punto che nessun bianco gli rivolgeva più la parola.
Nel frattempo, gli effetti dei consigli che dava ai neri cominciarono a farsi evidenti. Invece di sorridere quando un bianco li insultava, ora si mostravano infastiditi. Un giorno, al mulino di Devro, alcuni bambini bianchi si misero a lanciare pannocchie di mais a un gruppo di bambini neri.
Ma invece di correre via come avevano sempre fatto, i bambini neri presero le pannocchie e le lanciarono a loro volta ai bianchi. L’atmosfera in paese si era fatta pesante, e circolavano sempre più maldicenze. Per di più, tutti sapevano che era colpa del negrofilo.
Un altro giorno, Parnell entrò nell’emporio con una ricetta medica. Doc Bascombe gliela preparò e l’avvocato se ne andò, ma pochi minuti dopo tornò al negozio. Al bancone della tabaccheria, Doc si stava giocando dei sigari ai dadi con alcuni clienti. John Parnell estrasse un foglio dalla tasca e lo stese per benino sul tappetino di feltro verde.
«Signor Bascombe – disse – con questa lettera il Ku Klux Klan mi consiglia di lasciare il villaggio prima che sia troppo tardi. La carta è quella che usano sempre, ma la macchina da scrivere con cui è stata redatta la lettera è la stessa che usa lei per le etichette dei medicinali. Quello che fa il Ku Klux Klan mi lascia del tutto indifferente, ma le assicuro che, se sarò vittima di un’aggressione o se riceverò un’altra lettera minatoria come questa, la ucciderò come farei con un cane rabbioso.»
Doc Bascombe lo ascoltò senza muoversi, agitando lentamente il bussolotto di pelle nel quale ballavano i dadi. Era molto pallido. Tutto ciò che disse fu: «Mmm-hmm». L’avvocato Parnell si girò e uscì dal negozio.
Il sabato dopo, all’angolo tra la Broadway e la Main una combriccola di guaritori si mise a fare una dimostrazione dei suoi prodotti, e sul marciapiede si accalcò tanta di quella gente che era impossibile passare. Fu allora che, mentre Emory Givens e la sua fidanzata Lois Schaefer, che venivano dalla Broadway, cercavano di farsi strada tra la folla che assisteva allo spettacolo, Sherman Pruitt, un ragazzino nero ritardato, diede una spinta a Lois. Il bambino mormorò qualcosa e cercò di allontanarsi, ma un sovrintendente bianco lo afferrò per il braccio e lo tenne fermo mentre Emory Givens gli distruggeva la faccia. In quel momento arrivò lo sceriffo, Jud Spafford, aprendosi la strada a gomitate. Spafford aspettò, e quando ritenne che il moccioso avesse ricevuto quello che meritava, lo prese e lo rinchiuse in cella.
La domenica mattina, Black Mamie Pruitt si presentò alla porta sul retro della casa della vedova Warburton e chiese del signor John Parnell. Black Mamie era una sgualdrina che vendeva birra fatta in casa e gestiva un bordello oltre i binari della ferrovia.
«Signor John – gli disse Black Mamie – al mio piccolo l’hanno sbattuto al fresco e gli hanno spaccato la faccia e non gli fanno vedere nessuno. Il signor Jud Spafford mi ha cacciato via. Il mio piccolo ha la febbre alta e dice che non beve acqua da sabato a mezzogiorno. Signor John, per favore, può fare qualcosa?»
Il negrofilo si mise il cappello e uscì con Black Mamie a cercare lo sceriffo. Quando lo trovarono, l’avvocato gli chiese:
«Di cosa è accusato il ragazzo?»
«Andiamo, Parnell, non cerchi di fare il duro con me – gli rispose lo sceriffo – Avrò detto un milione di volte a Mamie di non lasciare che quell’idiota se ne vada in giro da solo. Diamine, io non lo accuso proprio di niente! Voglio solo vederlo fuori dal mio carcere. Nessuno è venuto a occuparsi di lui e non ho nessuna intenzione di accollarmi un miserabile negro. E poi non sopporto più la sua puzza. Se la vecchia Mamie vuole riportarselo a casa, lo libero subito.»
Jud si diresse verso la prigione per far uscire il ragazzino, Mamie lo seguì e l’avvocato Parnell tornò al suo ufficio. Una volta lì, si mise alla finestra, osservando il vicolo alle spalle dell’edificio della First National Bank. Era domenica mattina, e dopo l’agitazione del sabato regnava la calma.
John Parnell guardò in basso e vide Jud Spafford aprire la cella e tirare fuori Sherman Pruitt. Poi, lo sceriffo chiuse di nuovo la cella a chiave, disse qualcosa a Black Mamie e si allontanò. Black Mamie e Sherman lo seguirono con lo sguardo senza muoversi. Poi Mamie afferrò suo figlio e cercò di trattenerlo, ma lui si divincolò. Il piccolo ritardato corse per un breve tratto con quei suoi piedi storti e gridò qualcosa a Jud, che si girò e vide il ragazzino che si abbassava, alzava la faccia ancora gonfia e insanguinata e gli cacciava la lingua. Lo sceriffo avanzò verso di lui a grandi falcate, gridando:
«Come mi hai chiamato, brutto figlio di…?»
Il bimbo nero ritardato restò impalato, a occhi bassi, e allora Jud tirò fuori la pistola e gli sparò. Il ragazzino stramazzò al suolo. Black Mamie Pruitt era troppo grassa per correre, ma con la sua andatura da papera si avvicinò allo sceriffo e afferrò l’arma.
L’avvocato Parnell, che aveva visto tutto dalla finestra del suo ufficio, scese di corsa le scale sul retro dell’edificio. Ma prima che potesse raggiungerli, Jud aveva già recuperato la sua arma e aveva tramortito la prostituta colpendola con il calcio della pistola. Nel frattempo, un cuoco nero di nome MacCarmer aveva aperto la porta sul retro del caffè Broadway e cercava di puntare con la sua automatica lo sceriffo, che era ancora lì a riempire di piombo i corpi dei due neri. L’avvocato Parnell arrivò nel medesimo istante in cui MacCarmer, il cuoco nero, premeva il grilletto. Parnell il negrofilo si beccò tre pallottole e si chinò in avanti mentre Jud Spafford correva a mettersi al riparo.
Fu così che iniziò la rivolta razziale, che durò per tutta la domenica. Morirono quattro bianchi e sedici neri. Alla sera, quelli che si occuparono di raccogliere i cadaveri trovarono John Parnell steso a pancia in giù, con le labbra poggiate sulla guancia di Black Mamie, la sgualdrina nera.

TWEET: Racconto tratto dal libro Oklahoma Town, Ayer Company Publishers, 1931 | George Milburn (Coweta, Oklahoma, 1906 – New York, 1966) iniziò a soli diciassette anni a lavorare come inviato del Tulsa Tribune. Nel 1929 cominciò a pubblicare racconti su riviste prestigiose e le sue due raccolte Oklahoma Town (1931) e No More Trumpets (1932) furono accolte molto bene dalla critica. I suoi romanzi non ebbero però altrettanto successo; fu presto dimenticato e trovò lavoro come impiegato presso il dipartimento di polizia stradale di New York. Morì a sessant’anni.