FELICE TAGLIAFERRI

di Lina Vergara Huilcamán

Foto © Lina Vergara Huilcamán

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la prima volta ho incontrato il suo lavoro. una scultura. un Cristo velato in marmo nel corridoio della sede di CBM Italia. poi ho ascoltato il suo nome. e parte della sua storia. il cui racconto è proseguito nel dvd Un albero indiano. una produzione CBM. girato da Silvio Soldini e Giorgio Garini. e mentre guardavo il film ho capito che la mia vita era cambiata. che ero partita per un nuovo viaggio. vi è mai capitato? tutto è normalmente uguale al giorno prima e d’improvviso cambia. non sapevo nemmeno in che senso. nemmeno adesso a distanza di mesi. ma niente mai più è stato lo stesso. niente mai più sarà lo stesso. ho guardato quest’uomo insegnare a bambini disabili. e non. a toccarsi per vedersi. a conoscersi con le proprie mani. con un sorriso spontaneo e senza complessi. e ho desiderato incontrarlo. conoscerlo. per conoscermi anche io. riproducendomi in argilla. ho desiderato imparare a toccare per sentire. e guardare. e ho chiesto il suo numero di telefono. sono partita una mattina in treno per andare alla Chiesa dell’Arte. così si chiama il suo studio. laboratorio. museo. a pochi chilometri da Bologna. sono scesa in una piccola stazione di campagna. che sapeva odore di campagna. e sotto il sole. nel silenzio di una strada senza un’anima. nemmeno una mosca. ho camminato in un paesino simile a quello in cui sono cresciuta. ma che nella città avevo dimenticato. per incontrare qualcuno a cui chiedere dove andare. non ti preoccupare. mi aveva detto al telefono. quando arrivi chiedi e ti indicheranno la strada...
Felice. sorride sempre. anche quando è serio il suo volto sorride. forse per le rughe ai lati degli occhi e della bocca. è molto orgoglioso del suo lavoro. è molto orgoglioso di sé stesso. ha perso la vista a tredici anni circa. probabilmente avrebbe fatto il camionista come suo padre e suo fratello. e invece è diventato scultore. e vive della sua scultura. cosa non facile neanche per chi ci vede. mi invita a entrare nella sua chiesa/studio. quante volte entrando in una chiesa ho pensato vorrei viverci dentro. e una per una mi ha fatto toccare le sue sculture. mi ha spogliata della mia forma. e trasformata in anima alle sue spalle. essenza di me stessa. invisibile ma sonora vibrazione. ci siamo aggirati tra una scultura e l’altra. nella penombra. le mie mani guidate dalle sue mani. tra una storia e l’altra. le mie orecchie guidate dalla sua voce. è un uomo intelligente. ma soprattutto convinto. dotato di una forza interiore che lo porta ad andare avanti. una forza fatta di passione. e di energia. mi ha raccontato della sua vita. non della disabilità. di come è andato e va avanti. non della fatica. dei suoi laboratori nelle Accademie di Belle Arti di tutta Italia. di come riceve e aiuta altri disabili attraverso l’arte. mi ha raccontato del suo non accettare regole e strutture che non lo prevedono. che lo rendono ancor più disabile. come trovarsi davanti al Cristo Velato di Napoli e non poterlo toccare. se non lo posso toccare non lo posso vedere. e di come ha protestato creando il suo proprio Cristo velato. ascoltando le descrizioni dell’originale. e mettendolo a disposizione delle mani assetate d’arte. Felice quando parla della scultura viene rapito dall’entusiasmo. nello spiegare il suo punto di vista. il mondo che lo circonda. e come lo riproduce. nel dettaglio tecnico di quello che è la scultura su marmo.  
sono andata via. e sono tornata. con i miei figli e un amico. per lavorare con lui. sotto l’ombra di un grande albero cresciuto dietro la Chiesa dell’Arte. tutti e cinque con gli occhi bendati o chiusi. abbiamo seguito la sua voce. e le sue mani. abbiamo cercato a tentoni sul tavolo un pezzo di argilla da aggiungere al nostro ritratto ancora informe. abbiamo imparato a guardarci con i polpastrelli. anche i suoi. perché i miei polpastrelli non vedono quello che vedono i suoi. e il giorno è volato. i bambini hanno riso. ma soprattutto il piccolo ha iniziato una scultura in marmo. ha preso in mano uno scalpello e un martello. incoraggiato da un uomo che lo ha fatto sentire capace di fare qualsiasi cosa. che lo ha incoraggiato ad ascoltare solo sé stesso. non le sorelle più grandi. dicendogli che la sua è l’unica voce che deve ascoltare. quella dell’anima. direbbe mia madre. lo ha preso per mano togliendogli ogni paura. e riempiendolo di certezze. nel buio di una nuova dimensione. ha creato l’immagine possibile. se pensi che sia giusto significa che lo è. ha detto. basta volerlo. basta lavorare sodo. basta saper guardare oltre. dove gli occhi non arrivano ma il cuore sì. la fede sì.
abbiamo imparato le proporzioni del nostro viso. le forme dei nostri nasi e delle nostre bocche. ma soprattutto abbiamo imparato a volerci bene. a credere in noi stessi. abbiamo imparato ad ascoltare con attenzione. a sentire il nostro corpo e il corpo degli altri.
disabile? o essere umano dotato di speciali poteri?

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