Editoriale

di Francesca Del Moro

Nella sua poesia tratta dal libro Alieni in Safari, dedicato al tema del viaggio, Caterina Davinio ci avvolge con una versificazione lenta e liturgica nell’atmosfera di Benares, intrisa della morte degli induisti che nei secoli hanno finito qui i loro giorni per sfuggire al Saṃsāra. Alessandro Silva si sofferma sul suicidio del comandante Pringle Stokes per raccontare la storia ed esplorare gli stati d’animo di un giovane marinaio a bordo della Beagle, disseminando tra i suoi versi icastici e raffinati possibili spunti di ricerca per il lettore. Con la consueta attenzione ai significati rivestiti dai piccoli dettagli della quotidianità, Leila Falà fotografa il momento dei preparativi per la partenza in una delle sue “mappe” e nella cartolina selezionata per questo numero celebra con tre versi memorabili il fascino delle notti trascorse sotto il cielo. Infine, nei suoi versi crudi e metaforici, Eleonora Tarabella è un animale in gabbia che, vittima della violenza dell’amore, solo attraverso la scrittura può tornare libero e sventare il pericolo.

Partimmo

di Caterina Davinio

Partimmo.

India

Benares

L’odore dolce
della morte
come un nastro
sinuoso
nella nebbia radente,
l’acqua intride
la radice
le anime
i corpi
la ragione estenuata
da colori slavati
e rosati;
quel madore
ammalato
lavò
la pietra
le gradinate
i vicoli
gli stracci,
oleoso e solenne
disordinato e palustre
ci concesse
i suoi sacramenti

(Alieni in Safari, Robin 2016.
English Version by the author
and David W. Seaman)

Mappe e Cartoline

di Leila Falà

Mappe: Lista
Valigia e beauty case, la scelta
la lista delle cose da prendere
tutte quelle che verranno lasciate
le cose che verranno dimenticate
e le altre,
sdrucciolate nell’astuccio da sole.
Sbucano da una tasca d’un tratto
significati o casualità.

Cartolina 6
Le stelle all’addiaccio stanotte
sono ben più delle cinque
del tuo hotel super lusso.

Viaggiando al galoppo

di Eleonora Tarabella

Una tigre balza dalla tua bocca.
Trattiene tra le fauci
i miei brandelli.
Poi li sputa:
non sa se li ama.
Allora mi ninno
in un angolo di cella:
la ciotola dell’acqua
devo darmela da me.
Ora vieni, penna, che ti sello.
Tienti pronta, carta, ai miei galoppi.
Quando corre il destriero,
la tigre è un peluche.
Te la regalo,
se la vieni a prendere.

Ognuno narra i suoi viaggi in terre esotiche

di Alessandro Silva

Cadde da una profonda depressione
il capitano Pringle Stokes. E si sparò.
Rese necessaria la sua sostituzione
con colui a cui procurai, a suo dire,
il dolore più acuto avuto in vita.
Ero solo ai vent’anni di ragazzo,
un mediocre dai sentimenti buoni,
le mani usate a cavare dalla terra
ovunque attaccata costole di conchiglie
e anche insetti minerali. Ero solo
disgrazia di me stesso, senza nulla
addosso, a dirla con voce di un padre.
Vivevo di quei desideri i cui nervi
ostinati prendono della bocca ogni
parola e ne fanno sagoma primordiale
di polpi e salamandre, quando fradicio
del primo temporale misuravo
durezze atroci d’alberi maestri
stracciare il vento. Poi giunse la febbre e
vidi la terra montuosa sommersa dal mare
l’umido nero di seni e baie. Tolta al tempo
di codici ordinari, solo spazi
di vegetazione tra le fessure e
concrezione d’osso. Grano di fuoco
dei vulcani in epoca partoriente,
in questo esatto punto di mondo ti sognavo.

La neve sospesa non so dove, come il destino.

Il mondo come un clamoroso errore

di Paolo Polvani

Mi ha fatto male male, ho visto / il mondo come un clamoroso errore, / un enorme abbaglio, un solo, / unico sbaglio” scrive il poeta, dopo essersi soffermato su un gruppo di giovanissime donne di strada. Fanno parte, queste ragazze, di quel genere di persone che qualcuno potrebbe definire “gli ultimi”. Che dal poeta vengono colti nella loro più profonda umanità, nei gesti quotidiani, negli episodi da cui emergono la fatica, l’ingiustizia e il pericolo che caratterizzano le loro vite. Tra questi, il lavavetri Aziz che al suo paese faceva l’ingegnere, la badante rumena che sorride della vecchia pazza per cui lavora e che avrebbe preferito una russa, il migrante derubato da un fratello alla mensa per gli extracomunitari, la mendicante che promette la Madonna della Romania, e ancora gli anziani che portano le loro storie nella fila per ritirare la pensione, i camerieri dal sorriso sarcastico e un che di filosofico, la ragazza venuta dalla campagna pugliese a fare la postina a Parma e l’ottantenne comunista che ha figli insensibili ai suoi ideali e si consola con il vino biondo. Scene corali e ritratti individuali si alternano mentre il ritmo della poesia a volte accelera fino a sfociare nella filastrocca in rima e a volte rallenta in lunghe carrellate: migranti e italiani sono sulla stessa barca, fanno potenzialmente parte di quella classe sociale di cui il potere politico ed economico da tempo si affanna a negare l’esistenza. La cura dei particolari e la tenera partecipazione dello sguardo sventano il rischio di cadere negli stereotipi: ogni personaggio è un individuo unico, che ci rimarrà impresso nella mente e nel cuore, e al tempo stesso denuncia i meccanismi malati della nostra società. Occorre allora sospendere il giudizio, far tacere gli imperativi / della produzione, le parole d’ordine dell’efficienza e del profitto. Non reagire ci renderebbe complici, così come il tifoso “della Giuve”, imperturbabile a qualunque disastro purché la sua squadra vinca.