A Sarmede sono molto importanti le chiacchiere, si parla sempre e si fanno molte cene, per via di questa cosa tutta italiana dello stare a tavola, una tavola in cui ci si conosce, e a una di queste cene ho parlato a Leo Pizzol di un progetto e senza pensarci mi ha detto perché non vieni a vivere qui e io ho risposto perché no... C’è stata simpatia, abbiamo riso, e questa per me è stata la parte più importante e determinante per la scelta di venire qui.
Quasi ovunque nel mondo parlare d’arte è mera chiacchiera, solo blablabla, ma qui la chiacchiera diventa azione. Le persone qui ascoltano le nuove idee, e anche se non sono d’accordo o non capiscono, le rispettano. Fare arte a Sarmede è azione naturale e quotidiana, esiste un fare ingenuo, un fare perché bisogna fare, qui la vita si vive perché è vita, non per un desiderio d’importanza, e l’arte viene fatta per impulso, non come riflessione.
Sarmede rende visibile come l’idea trasformi lo spazio, e lo spazio a sua volta trasformi la gente, per amore, per amicizia, per pazzia. Qui la speranza prende forma, questo paese ha una sua autenticità naturale intatta che io chiamo speranza. La speranza è quando esiste la possibilità di continuare, e la chiave di riuscita per preservare la speranza, e la vita, è continuare. Uno straniero che viene a disturbare l’ordine delle cose è l’origine della speranza, la speranza di qualcosa che accadrà.
Sarmede è un piccolo paese abitato da gente appassionata, piena di speranza e di buona volontà, che lavora con la premura e l’entusiasmo delle cose importanti. Io non voglio tornare in città, ho vissuto a Città del Messico, a Buenos Aires, credo che bisognerebbe abbandonarle le città, bruciarle e tornare a iniziare, perché abbiamo dimenticato la vita, del fare per il fare, per l’istinto naturale dell’artista di creare, non per il prestigio, la mostra, la critica. FARE ARTE PER IL PIACERE DI FARLA. Qui ho trovato questo impulso vitale, che si può palpare.
Trovare questo impulso, quest’origine, mi ha dato molta chiarezza nella mia vita.