Uniti nelle diversità: così recitava un cartellone che mi ha accolta alla Scuola Europea, quella dove in un corridoio vedi incrociarsi capelli di ogni colore e non capisci più che lingua stai ascoltando o forse sì: inglese, francese, tedesco, italiano... EUROPA e non solo! Qui le derive antieuropeiste, Brexit e le scelte dei grandi nel cuore dei bimbi valgono zero!!! Sono appena tornata, tentando di recuperare le forze spese per caricare una valigia piena di albi illustrati da portare lì, in Germania, alla Sezione Italiana della Scuola Europea di Francoforte, dove inaspettatamente mi hanno invitata a raccontare storie. Ho passato le prime due settimane dopo la chiamata a chiedermi quali libri avrei dovuto proporre, di quale tipo di italianità avrei voluto farmi portatrice. Questa valigia è stata tra le più difficili da preparare. Riempivo e svuotavo, riempivo e svuotavo in continuazione, incapace di scegliere tra i grandi classici come Munari, Rodari, Collodi, Calvino, Lionni e proposte più contemporanee e azzardate. Periodicamente indecisa, ho passato diverse ore al giorno a cercare, prendere e lasciare, sostituire, scambiare copertine e formati, risfogliando pagine e ritessendo la tela di Penelope. Una cosa è stata subito chiara: non c’era spazio per tutto lo scibile. Il teletrasporto non era in mia dotazione e i confini fisici di quella vecchia valigia, a poco a poco, sono divenuti strumenti, non più di costrizione ma di libertà e selezione.
E a un certo punto ho capito. La mia missione andava ridimensionata. In fondo non sarei stata né la prima né l’ultima “approvvigionatrice di carta italiana” di Francoforte. Un passaggio, di questo si trattava. Un passaggio da compiere senza però sapere chi mi avesse preceduta e chi sarebbe arrivato dopo di me. Così il senso della mia missione mi è apparso più chiaro riassumendolo nella parola “testimonianza”. Ho scelto quindi di portare L’ultimo viaggio, di Irène Cohen-Janca, (Orecchio Acerbo). Ma volevo che il mio passaggio lasciasse anche un pizzico di freschezza e creatività. Ho inserito perciò alcune proposte ironiche come I cinque malfatti di Giovanna Zoboli per Topipittori. E perché non aggiungere il Pinocchio di Bessoni? Sapendo che con ogni probabilità tornerò in occasione della Buchmesse 2016, ho pensato di portare prima una versione originale di Pinocchio, per poi presentare in un secondo momento questo insolito adattamento dark. Stesso ragionamento per il silent book Cosimo di Roger Olmos. E poi avrei dovuto scegliere i libri non solo in base ai miei gusti, ma anche tenendo conto del livello di padronanza della lingua italiana dei lettori bilingue.
Mi sono venute in mente un sacco di domande. Conosceranno la storia di Pinocchio? Avranno già qualche libro di Rodari o Munari? Sarà meglio portare qualcosa sulla storia di Roma? Insomma questa chiamata a Francoforte mi ha dato non pochi grattacapi. All’inizio questa benedetta valigia non riuscivo a chiuderla perché c’erano troppi titoli, ma poi “troppo classico, troppo banale, troppo comune, troppo azzardato, troppo difficile, troppo poco italiano”... a furia di “troppi” mi son ritrovata punto e daccapo con la valigia vuota. È stata la mia amica Gioia Marchegiani, illustratrice, a sottrarmi dall’imbarazzante isolamento dopo ore trascorse nel bunker del Bibliobox tra togli e metti. Il corredo di carta si è così arricchito dei suoi libri Iole, la balena mangiaparole e Fantavolieri, editi da Gribaudo. Così anche il tocco poetico è stato inserito.
Poi sono partiti il countdown per Francoforte e le corse per stampare la mia storia su carta, quella della nascita di Bibliolibrò, che vedrà la luce solo a ottobre con le illustrazioni di Natascia Ugliano. La protagonista del racconto è una libraia contastorie che, costretta a rinunciare al suo negozio, s’ingegna per proseguire in strada su un tre ruote. I bambini sanno sempre stupirti. A Francoforte hanno dato prova di un immaginario assai diverso dal mio background italiano. Approfittando del fatto che la maggior parte delle illustrazioni son ancora solo disegni senza colore, ho chiesto ai bimbi di immaginarsi “Gaia la libraia”, il mio pseudonimo nel racconto. “Bionda con gli occhi verdi!”, “Bionda con grandi occhi blu!” “Alta, magra e slanciata!”… Solo alla fine della lettura una vocina bionda dal fondo dell’aula si è fatta strada. “Ora ho capito, Gaia sei tu, è la tua storia!”. Ero partita con l’idea di farli sognare, chissà se ci sono riuscita. A volte la realtà stride fortemente con la fantasia, certo è che una sonora risata ha fatto irruzione subito dopo. E non poteva esserci conclusione migliore. Dovevate proprio vedere che faccia ho fatto dal basso del mio metro e sessantacinque, in mezzo a due fianconi mediterranei e a due occhi neri piantati tra due ciocche corvine.