La natura e le sue leggi nella notte eran celate;
Dio disse “Sia fatto Newton”, e tutto venne illuminato.
(Alexander Pope)
Mi domando se avrebbe ugualmente scoperto la legge della gravitazione universale, ove, invece che sotto un albero di mele, si fosse trovato sotto un albero di cocco.
(Achille Campanile, La cura dell’uva, 1974)
Pochi scienziati sono universalmente famosi quanto Isaac Newton, colui che salì “sulle spalle dei giganti” per guardare più lontano.
Al di là della popolare storiella della mela, i contributi di Newton alla meccanica classica (leggi della dinamica e della gravitazione universale), al calcolo differenziale, all’astronomia e all’ottica marcano di fatto l’inizio della rivoluzione scientifica; il suo Principia (1687) è considerato uno dei testi fondamentali che più hanno influenzato i tre secoli successivi.
Eppure, nelle parole dell’economista John M. Keynes, “Newton non fu il primo uomo dell’età della ragione, fu l’ultimo dei maghi”.
Nel 1936 vennero messi all’asta da Sotheby’s ben 329 lotti di manoscritti di Isaac Newton. Si trattava di materiali inediti, che fino ad allora erano stati giudicati inadatti alla pubblicazione.
La loro riscoperta causò un terremoto in ambito scientifico: a sorpresa, infatti, più di un terzo dei cosiddetti “Portsmouth Papers” era dedicato allo studio dell’alchimia.
Di colpo, la figura di Newton come alfiere del razionalismo si incrinò pericolosamente: davvero il grande scienziato era ossessionato dalla ricerca della Pietra Filosofale? Davvero aveva passato anni studiando la geometria sacra del Tempio di Salomone? Davvero si considerava un individuo scelto da Dio per decodificare le profezie contenute nella Bibbia?
A tutte queste domande, dopo un accurato studio dei manoscritti, la comunità scientifica dovette a malincuore rispondere affermativamente.
Sotto questa luce, la teoria della gravitazione universale sembrava ora una diretta conseguenza dell’idea alchemica che la materia sia una sostanza spirituale e divina. E forse Newton pensava all’attrazione dei pianeti come a una prova dell’esistenza di un’Anima Mundi, o della volontà divina...
Tutto l’insieme delle sue conquiste d’un tratto assumeva una colorazione diversa, pervasa di intenzioni mistiche e volta a un recupero della sapienza antica.
Dopo il primo, comprensibile sconcerto, si cominciò a cercare di capirci qualcosa di più. In filigrana sotto il volto del pioniere della scienza emerse a poco a poco il profilo più enigmatico e complesso di un uomo intrinsecamente legato al suo secolo, il Seicento.
Non esistono in realtà due facce di Newton, quella illuministica e quella esoterica, bensì una sola: nel suo caso non è possibile separare il fascino per le dottrine segrete dall’approccio razionale. Perfino nei suoi scritti occultistici, egli non rinunciò mai alla precisione e agli strumenti della matematica e in questo senso il suo lavoro si inserisce perfettamente in quella transizione che col tempo spoglierà l’alchimia del suo apparato mistico-simbolico e la trasformerà nella chimica moderna.
Lo “scandalo” degli studi esoterici di Newton non intacca dunque realmente la portata delle sue intuizioni. Piuttosto le inserisce in un contesto che a lungo è rimasto sottovalutato dagli storici: quello di un Secolo che non faceva distinzioni fra scienza, arte, superstizione e teologia, e in cui chiunque si occupasse di scoprire le leggi dell’universo si definiva filosofo naturale.
E ci ricorda anche che è un errore pretendere di capire il passato usando le categorie del presente.