Tiziana Fusari, Comédie humaine, 2008, immagine di copertina di Rewind, di Matteo Mattia, Quodlibet, 2014.
Quello che non ti aspetti dalla semplice visita di una mostra è che finisca in lacrime e abbracci, sorrisi e ricordi.
Mi ha colto di sorpresa il finissage della retrospettiva di Tiziana Fusari, un’artista abruzzese morta da poco a cui l’amica e gallerista Silvana ha dedicato il suo spazio. Non conoscevo i suoi lavori ma il titolo di un ciclo di opere, La Comédie Humaine, mi ha spinto a partecipare alla serata di chiusura della mostra questa primavera.
Piccoli lavori preziosi, realizzati su tele, carte dorate, garze, figure umane sospese tenute da corde (un’altalena?) con in mano un oggetto della quotidianità, un libro, uno spazzolino o una penna. Tutti sorridono mentre oscillano, pronti ad affrontare quel che è in serbo per loro con la grazia necessaria a render leggera la fatica.
Il linguaggio di Tiziana mi ha colpito per la semplicità spietata con cui racconta alcuni aspetti feroci della vita, in particolare della vita delle femmine (non ho detto donne, ho detto proprio femmine, bambine, madri, vecchie) ma non è tanto di questo che qui vorrei scrivere. Del suo lavoro ha già parlato in maniera capillare e impeccabile il suo massimo conoscitore, Mauro Mattia, nel libro Rewind, che costituisce un documento imprescindibile per chiunque voglia conoscere questa artista.
Il mio pensiero va a ciò di cui sono stata spettatrice quella sera.
È stato un saluto, un ricordo commosso di persone che hanno conosciuto Tiziana, hanno raccontato il suo lavoro, l’ironia, le sue abitudini.
Dunque qualcosa di più di una retrospettiva: una veglia piuttosto, un omaggio laico e struggente. C’erano le sue fotografie e le luci erano insolitamente basse per una galleria.
Abbiamo bevuto vino e ascoltato musica parlando con il marito e con la sorella, che a detta di tutti somiglia sempre più a lei.
Tiziana è vissuta e ha lavorato all’Aquila fino al 2009 e, nonostante l’esodo forzato a seguito del terremoto, ha ripreso con intensità, quasi con urgenza creativa, nuovi cicli di lavoro spostandosi in case e studi provvisori, finché nel 2012 una malattia improvvisa ha messo fine alla sua vita.
Quella sera dello scorso aprile la possibilità di entrare nel suo mondo ha dato alla parola Ricordo un significato ancora più profondo.
La natura morta intesa come genere in pittura indaga oggetti inanimati ma personalmente preferisco l’espressione inglese, still-life, natura ferma. Sospesa. Sospesa come i corpi dipinti da Tiziana che diventano messaggi, simboli dell’effimero, a ricordare che la bellezza, come la vita, è passeggera.