è stato tanti anni fa. quando ancora credevo che avrei fatto l’artista. ed ero fan idolatrante di quel regista che avevo scoperto una sera al cinema. andai a Venezia a vederne la mostra. senza che m’importasse nulla di vedere la biennale. senza sapere chi fosse Fortuny. cieca di curiosità. segugio di #mirabilia. e fu così. che sola. tutta presa dall’eccitazione. contenuta. sempre contenuta. di aver trovato il palazzo. di essere riuscita a entrare. di stare per assistere a quello che forse sarebbe diventato l’evento più importante della mia vita. in cui si sarebbero illuminate altre cento. forse mille lampadine. perché Greenaway era l’unica cosa che occupava i miei pensieri. e i miei sensi. in quel periodo. quando mi trovai di fronte a un quadro il cui spazio centrale era occupato da una gamba d’uomo. e la musica intorno. le luci. i velluti. Greenaway. intorno. e mi soffermai a guardare questa strana composizione. con il capo leggermente piegato di lato. come quello dei cani o delle galline quando sono incuriositi. era una #naturamorta. un teschio con le corna. una conchiglia. una coscia. o un prosciutto umano. gustoso. giovane. sodo. vigoroso. piantato in mezzo al quadro. le lampadine esplosero. e mai più furono sostituite.
dedico questo numero a Peter Greenaway. che mi regalò anche molte altre nature morte superbe. cucinate. impiattate. in decomposizione.
dedico questo numero a Michael Nyman. che per anni mi ha aiutata a ricordare e a concentrarmi nello scrivere ciò che sento.
lo dedico alla #NATURAMORTA di Mariano Fortuny. al senso di libertà che mi regalò quella coscia. che mi fece sembrare tutto possibile. tutto divertente. tutto morto ma nella morte rinato.
Lina Vergara Huilcamán