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Gian dei Brughi

di Valentina Rizzi

Arriva in quel di Bogliasco alle due del pomeriggio sotto un sole cocente, col suo furgone/libreria itinerante, il baffo da brigante e lo sguardo da cattivo redento. È lui, Gian dei Brughi, alla sua prima scorribanda ligure in quel di Bogliasco presso il Ninin Festival, in faccia al mare in barba al caldo in fronte a me. Sono a piedi, ho lasciato il mio tre ruote a Roma a malincuore spaventata dal lungo tragitto e dall’impervio territorio montuoso della Liguria, ma il destino ci ha messo lo zampino stavolta ed è proprio quando meno te lo aspetti, stremata da un viaggio in solitaria su un treno anonimo, in attesa dei tuoi libri affidati a un corriere distratto, quando la nostalgia per Bibliolibrò si fa più pungente, è proprio allora che da dietro l’angolo sbuca lui.
Sarà la suggestione ligure, saranno i colori di questa terra sempre presente nei racconti di Calvino, sarà quel nome GIAN DEI BRUGHI e quella storia di alberi e fuorilegge, sarà questo clima da censura che soffia da Venezia, sarà un po’ tutto questo ad alimentare il mito. Lo vedo scendere dal furgone stanco, accaldato, dopo sette ore e mezzo di tragitto, ma lui no non si ferma a prendere qualcosa di fresco che gli viene offerto. È lì che freme, posteggia in bella vista il suo albero di libri disegnato su una fiancata e con lo sguardo fiero e la fronte madida di sudore inizia ad aprire il furgone, indossa guanti da vero scassinatore, si guarda intorno e inizia a far scendere un banco dopo l’altro. Tira fuori tre tovaglie a pois e una valanga di storie.
Quando gli stringo la mano è perplesso, guardingo, taciturno come nella migliore tradizione piratesca. Viene dalle montagne, sguardo schivo, non ama parlare e inizia subito ad allineare i suoi libri: immacolati, nuovi, fiammeggianti, riposti in una gigantesca libreria all’interno del mezzo. Li maneggia con padronanza come si fa con un tesoro raro. Lo seguo investendolo del mio maldestro e vulcanico entusiasmo senza riserve.Per rompere il ghiaccio gli mostro una foto di Bibliolibrò e inizio a tempestarlo di domande. Da quanto hai cominciato? Da dove vieni? Che libri porti? Dove ti muovi? Lo sguardo diventa sornione, continua a fissare il tre ruote nell’immagine e me, ancora tutta arruffata dal viaggio, rossa in viso, goffamente alla ricerca di uno spicchio d’ombra mentre gli altri preparano la piazza montando gazebi e sistemando sedie, tavoli. Sarò credibile come bandita? “Ma tu sei la Spacciatrice di Albi!”. Lo sguardo si allarga in un sorriso seguito da una brusca, bonaria stretta di mano. “Inventiamoci una scorribanda comune a sette ruote, che ne dici?”.
Il brigante che ama leggere, burbero buono, intenerito dalle mie stravaganze, da quel buffo trabiccolo ritratto in foto, inizia ad ascoltarmi e ora pare divertito, ma sul più bello arriva una masnada di mocciosi: due gemelli di tre anni e un altro manipolo di minuscoli gaglioffi. Con un balzo felino sono dentro al rifugio dietro gli alberi, dentro l’abitacolo. Trafugano storie a rotta di collo passandosele di mano in mano come le pere de Il barone rampante. Gian Dei Brughi decide di entrare in azione con un racconto, sperando di portarli dalla sua. Scatto una foto e ambisco a entrare nella stramba banda, ma stavolta il rito d’iniziazione è diverso da quello che mi aspetto. Non sarò io a raccontar loro storie: i bimbi siedono da soli in cerchio e ci invitano a unirci a loro. Un attimo di silenzio e poi si comincia. Il brigante si pone in ascolto e io lo seguo. Uno dei gemelli comincia a leggere e ci ruba la scena. Come andrà a finire? Il sole lentamente tramonta ed è così che entro a far parte del covo di Gian dei Brughi. Di fronte a un piatto di alici fritte, in faccia al mare, in cima a una montagna e poi insieme, nasce un sodalizio, un’idea, un miraggio. Attenti a quei due: Gian dei Brughi e la Spacciatrice di Albi. Prossimamente su queste strade insieme a Bibliolibrò.

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