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Il pizzardone

di Valentina Rizzi

“Eh no, signori’, nun ce semo. Allora proprio nun vole capi’?” Rieccolo il vigile che torna all’attacco. In romanesco tutti lo chiamano pizzardone. O forse no, è proprio un poliziotto. Sembra appena uscito da un film di Alberto Sordi. Se non fosse perché ce l’ha col mio tre ruote, mi starebbe quasi simpatico. Verrebbe voglia di offrirgli un piatto di spaghetti per sentirlo dire “Tu m’hai provocato? E io me te magno!”. In effetti il pizzardone vede la mia esposizione artistica alle soglie di un mercato come una gran provocazione ed è davvero tentato di mangiare me e Bibliolibrò: milleduecento euro e il sequestro del mezzo. “Signori’, lei fa ’na bella cosa lo so, vende libri pei regazzini, poi c’ha pure una certa visibilità ormai la conoscono tutti, però la legge dice che nun se po’ fa e si me chiama qualche altro commerciante io devo interveni’... me mette ’n difficoltà. Du’ minuti. Le do du’ minuti pe’ sbaracca’ tutto. Me raccomanno”. E passa al setaccio tutte le infrazioni che sto commettendo nel vendere albi illustrati con una licenza di vendita itinerante davanti a un mercato con un’Ape e un tavolino traballante. Di minuti ne impiego uno, tolgo le fioriere con i pochi titoli, smonto e carico un tavolino a valigia, tiro giù la cappottina e sono pronta per tornare al Bibliobox. Ciao pizzardo’, chissà quando ci ribecchiamo.
Ti confesso una cosa: già quasi mi manchi! Se avessi voluto avresti potuto rovinarmi, eri nel giusto e invece pure stavolta dietro alla divisa ci sta un uomo brizzolato che, dopo aver seminato il suo sottoposto, torna indietro e mi fa: “Che poi perché viene a metà mattina de qua che è pieno? Al mercato del lunedì a Via Evans ce stanno posti libbberi, basta che se presenta per la spunta alle sette”... La spunta, mi spieghi, è l’appello che fa la polizia prima di assegnare i posti vuoti agli altri ambulanti. Quasi quasi ti stampo un bacio in fronte e ripenso a Pasolini, alla lettera agli studenti nella quale difendeva i poliziotti. Ripenso a te, povero Cristo costretto a sbarcare il lunario applicando leggi inadeguate, antiche e sconnesse come le strade che mi circondano. “Mo’ vado che c’aspettano all’artro mercato”.
Dallo specchietto retrovisore ti vedo allontanarti sornione e mi chiedo se hai figli, se t’aspetta qualcuno a casa per pranzo e se davvero troverai un piatto di spaghetti a tavola. Di certo c’è solo una cosa: non c’è alcun modo di vendere libri in strada ed essere in regola, i posti al mercato sono soggetti a bando pubblico e i bandi di questo tipo nel Comune di Roma sono bloccati da anni. E per stare in un negozio bisognerebbe correre appresso ai prezzi degli affitti che galoppano senza alcuna certezza in un quartiere di estrema periferia. Fuorilegge per dovere, più che per necessità. Per garantire a 80.000 persone la sopravvivenza dell’unica libreria specializzata per ragazzi rimasta aperta. E non importa se hai vinto un bando pubblico due anni fa e se sei rimasta l’unica a rifornire biblioteche e scuole di certi albi illustrati. Prima di sparire caro poliziotto vorrei regalarti un libro su Miró o Paul Klee, o forse Mondo Matto (quello in cui viviamo), oppure meglio Rifugi (quelli che servirebbero per poter vendere libri in santa pace) oppure, sì certo, Senzaparole, come sono rimasta io dopo quest’incontro. Ma poi sarebbe corruzione. In galera per aver tentato di corrompere un pizzardone a suon di poesia.
No, per oggi la spacciatrice d’albi si ritira col sorriso, inseguita da una folla galoppante di mamme, nonni e maestre che mi vedono andar via dal mercato. “Biblio aspetta! Mi serve un libro didattico sul mare! Biblio, che fai, te ne vai? Dove ti troveremo? Che gli dico al mio nipotino che voleva un libro sui dinosauri? Domani è il compleanno di Lucia, ce l’hai un bell’albo? Lanciaci almeno l’ultimo numero di Illustrati... Al prossimo libro. Sei bellissimo! Facce sogna’!!!! Ci sarai al Salone di Torino?” Strano paese l’Italia e strano mestiere quello di spacciatrice di albi.

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