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Ritratto di famiglia in un interno

(verso l’esterno)
The Addams Family by Charles Addams,LA FAMIGLIA ADDAMS. UNA STORIA DIABOLICA #logosedizioni

The Addams Family by Charles Addams,
LA FAMIGLIA ADDAMS. UNA STORIA DIABOLICA
#logosedizioni

Edouard Manet, Le Balcon, 1869 / René Magritte, Perspective II: Le Balcon de Manet, 1950

Si ispira al titolo di un film di Luchino Visconti, il viaggio tra le immagini di famiglia del Salone del Lutto.
L’interno ideale è quello di una casa in stile vittoriano al numero 00001 di Cemetery Lane. Un ingresso che si apre su un ampio soggiorno con trofei di animali alle pareti e sedie in vimini dall’ampio schienale. Un maggiordomo gigantesco si aggira tra gli arredi. Ci sono tutti, madre, padre, nonna, zio, cugino e nipoti: un maschio e una femmina. Ci sono anche gli animali, non esattamente “domestici”, come il leone, il gorilla e la piovra, anche se l’ospite più gradito è Mano, che vive all’interno di un bel cofanetto in soggiorno.
Stiamo parlando della Famiglia Addams, creata da Charles Addams negli anni Trenta del secolo scorso, apparsa per la prima volta in una serie di vignette umoristiche sul New Yorker e diventata celebre per la serie televisiva degli anni Sessanta rendendo immortali i suoi componenti e diventando subito culto in seguito all’interruzione della serie dopo appena due anni di programmazione.

Un’altra famiglia, un altro ritratto
È un dipinto del 1950, Perspective II: Le Balcon de Manet, di René Magritte, in cui viene ripreso l’omonimo dipinto di Edouard Manet, dove dallo stesso balcone, dalle stesse persiane e con gli stessi vasi di fiori a far da cornice non fa più capolino il bel nucleo borghese (familiare?) à la page dipinto in origine ma si affacciano inquietanti bare di legno che riprendono le pose e le stesse angolazioni dei personaggi del dipinto impressionista, restituendo in maniera surreale e macabra la scena originale, tranquilla ed elegante.
Ecco che Magritte, sabotando a suo modo la realtà in maniera gentile ma inesorabile, ci riporta alla consapevolezza della morte, non soltanto degli individui del dipinto, ma di un’epoca, di tutto ciò che è stato e non può più tornare. Tutto ciò che è semplicemente finito.
In sintesi, lo stesso destino accomuna le due immagini, che fondendosi insieme danno vita al nostro ritratto ideale di famiglia. Ma, a guardarlo bene fin nei minimi dettagli, sullo sfondo si può scorgere una porta che si apre su un lungo corridoio con al centro due bambine, due sorelle che si tengono per mano e hanno uno sguardo che sembra voler dire: «Vieni a giocare con noi?».
«Tutte le famiglie vive si assomigliano fra loro, ogni famiglia morta è morta a suo modo» (L. Tolstoj, più o meno).

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