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La fine è l’inizio

“Dammi mille baci, e quindi cento / poi dammene altri mille, e quindi cento / quindi mille, continui, e quindi cento”. Così scriveva Catullo in uno dei suoi carmi più famosi, per esprimere il proprio amore insaziabile, e tutto terreno, per la bella Lesbia. Eppure, tutte le volte che provo a pensare a un’immagine di amore più forte, più duraturo ancora delle catene di mille baci, e quindi cento, è inevitabile che quell’amore cerchi in qualche modo di legarlo alla morte. Eros e Thanatos, in effetti, viaggiano spesso abbracciati, e quando lo fanno lo sappiamo: neanche l’esperienza terrena basta a saziare l’amore.
Da mihi basia mille, deinde centum. 11 ottobre 1963, Parigi. Il primo fotogramma che mi viene in mente, però, non è quello di un amore, ma di un’amicizia profonda, un sodalizio artistico: lei era un usignolo, lui un poeta, saggista, drammaturgo, librettista, eccetera eccetera. Lei, Édith, fu la prima ad andarsene, stroncata da una broncopolmonite e farmaci consumati in dosi massicce fino a debilitarla nel profondo. Édith Piaf era immensa, doveva essere ricordata adeguatamente. A occuparsi del suo elogio funebre fu il suo amico Jean Cocteau, che la descrisse con frasi bellissime e parole a effetto, parlando di “un’onda altissima di velluto nero”, “una stella che brucia nella solitudine notturna del cielo di Francia”. La pressione è fortissima. Le crepe nel cuore sono profonde. Jean se ne va poche ore dopo Édith, stroncato da un infarto.
Dein mille altera, dein secunda centum. 25 gennaio 1920, Parigi. Non è esattamente frutto di una coincidenza la morte della bellissima Jeanne Hébuterne, compagna di Amedeo Modigliani – e principale oggetto artistico della sua opera – dalla primavera del 1917. Ma Jeanne fu anche compagna di uno spettro, oltre che di un uomo: la tisi, che determinò un peggioramento delle condizioni di salute dell’artista, a partire dall’estate del 1918. Quando Amedeo morì, il 24 gennaio del 1920, Jeanne, disperata, fu condotta nella casa paterna dai propri familiari ma il dolore era troppo forte e, il giorno dopo, la giovane spiccò il volo. Solo dieci anni dopo fu trasferita a Père Lachaise, per essere sepolta accanto all’amato. Il suo epitaffio recita: “Devota compagna sino all’estremo sacrificio”.
Deinde usque altera mille, deinde centum. 18 maggio 1980, Macclesfield. L’amore non è solo devozione, però, non è solo sacrificio, è anche una specie di morbo che porta alle estreme conseguenze le nostre fragilità, le nostre debolezze. L’amore ci farà a pezzi, cantava Ian Curtis, diviso tra due donne, Deborah e Annik. E l’amore, certamente, fece a pezzi lui, impiccato a una rastrelliera a soli 23 anni, quando ancora di baci forse non ne aveva ricevuti né mille né cento. E anche se né Deborah né Annik lo hanno raggiunto, subito, c’è una lapide che racconta quanto l’amore possa essere forte, disperato, insaziabile. Love Will Tear Us Apart.
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