El Pastillita

foto e testo di Lina Vergara Huilcamán

-Io sono el Pastillita. lustrascarpe. fornaio. giramondo. sono di Santiago. avevo un panificio a Santiago. e  l’ho perso. insieme a mia moglie. no. non per corna. la donna mi derubava insieme a un cognato. e così me ne sono andato. in Argentina. sono quarant’anni che sono in strada. camminando. vendendo caramelle. lucidando scarpe. ma sono un autista e fornaio. la gente ormai mi conosce. mi danno dei piccoli lavoretti per aiutarmi a pagare la stanza dove dormo. per mangiare. no. non mi sono risposato. ho perso la fiducia. perché dovrei lottare? per chi? le mie figlie mi criticano perché lucido le scarpe. eppure con questo lavoro le ho tirate su. li vede? stanno rubando. i pellicani. sono dei delinquenti. dei landruncoli. sono felice per strada. ho conosciuto Mario Moreno il messicano. ad Arica sono intermittente. adesso son quattro mesi che sono qui. viaggio. sono stato a San Pedro di Atacama. Calama. sono stato autista di un taxi collettivo nella Valle di Azapa per quattro anni. Valparaíso. Antofagasta. Iquique. sono un giramondo. mi piace girare. adesso però mi fermo sempre più spesso qui. mi piace qui. ho la mia stanzetta. sto mettendo le radici. a volte mi viene voglia di partire e parto. me ne vado in Argentina. Buenos Aires. il mio vero nome? Carlos Escobar. mi chiamano Pastillita perché vendo le caramelle. vede, è scritto qui: el Pastillita. vendo mentine. chewing gum. gommose. guardi. c’è anche scritto Dios es amor. qui. mi farà una bella intervista? quando ho vissuto il disastro del matrimonio. per non essere perseguitato dalla famiglia sono scappato. all’avventura. sono fuggito in Argentina. Buenos Aires. come le ho detto. Iquique Antofagasta... per non essere trovato. ma ho lasciato loro tutto. il panificio con tutte le macchine. ho lasciato loro tutto. non so dove andrò la prossima volta. adesso sto bene qui. mi può fare una foto se vuole. mentre lucido le scarpe... una signora grande e grossa. dentro a dei jeggings a pressione. con un maglione di cotone verde smeraldo. i lunghi capelli scossi dalla brezza e dal malumore. sta parlando al cellulare dietro di noi. un pellicano impavido sta in mezzo alla strada. un automobilista infuriato suona il clacson come un pazzo indiavolato. il pellicano non si muove. neppure si scompone. la donnona con il cellulare ancora all’orecchio sbraita. -è sordo. imbecille. non ti sente.- l’automobilista continua a suonare. il pellicano continua a farsi i fatti suoi. il donnone urla. -ignorante! tutto il giorno al telefonino. usalo! vai su google e cerca se non mi credi. i pellicani sono sordi. è inutile che suoni.- poi continua a parlare al cellulare. l’automobilista riesce finalmente a passare. il pellicano si guarda intorno. sembra davvero sordo. poi spicca il volo. con quelle enormi ali che fanno vento e spazzano via noi poveri e miseri mortali.