È un giorno di pioggia battente quello in cui carico il mio tre ruote su una bisarca per la sua prima trasferta. Sono a due metri da terra, abbarbicata su due guide metalliche con la terza di legno sospesa nel vuoto. A un certo punto mi domando che ci faccio quassù con la pioggia che mi prende a schiaffi e un signore che mi urla dietro qualcosa d’incomprensibile. “Accost’, mo’ mo’ è quas fat, signurì iamm su!”. “Accost, accost, nu poco cchiu’ avant, appost!”. Ce l’abbiamo fatta. Mentre smonto da quella che mi sembra una gigantesca arca di Noè, mi avvicino alla mia Panda stracarica di colli. Un ultimo sguardo a Bibliolibrò. Tiro un sospiro e via dritta in autostrada con i soliti libri che sballonzolano e il cuore che batte forte. Sola. Dopo tre ore di viaggio, finalmente ritrovo la bisarca. Sono ospite del Festival dell’Erranza di Piedimonte Matese. Inizio ad attrezzare Biblio, ad agghindarlo con tappi di sughero, mollette, illustrazioni, decoro di libri il suo didietro e ritrovo casa. Ha smesso di piovere ora. Bibliolibrò è ai piedi di una lunga e stretta scalinata che crea un magnifico gioco di prospettiva. Si palesano facciate antiche e antichi affreschi e mi ritrovo nel bel mezzo di un gigantesco presepe. Qui sono i genitori i primi ad avvicinarsi per comprare. Qui si conoscono tutti. C’è un profondo legame tra le persone e quello che mi colpisce è che nessuno ha fretta. Per strada solo voci. Parliamo, passanti si fermano a chiedermi da dove vengo, altri mi fanno i complimenti, due cani si accovacciano accanto agli sportelli di Biblio e sfogliare i libri diventa un rituale. Forse in questo gigantesco presepe i libri sono ancora oggetti di culto, degni di attenzione. Qui tutto è rito e sacralità e il passaggio del tempo è scandito in modo assai diverso dalla metropoli in cui vivo. Le mamme si avvicinano, lasciando i figli a giocare. Sono loro a scegliere per prime. Poi è il momento dei bambini, che si fanno seri e si accostano compìti ai genitori. Li ascoltano in silenzio, se avessero un cappello in testa se lo toglierebbero in segno di rispetto, proprio come si fa in chiesa. Quando i bambini sono invitati a scegliere restano interdetti e guardano gli adulti. Si vergognano a dire quello che gli piace. Hanno tutti paura di deludere i propri genitori, che però li incoraggiano spesso a esprimere il proprio parere. Com’è diverso tutto ciò da quello che capita a Roma. Proprio il giorno prima, durante una manifestazione podistica allo Stadio delle Terme di Caracalla mi trovo di fronte a una banda di figli di atleti. Otto anni circa. Uno di loro, leader indiscusso del gruppo, capelli con la riga da una parte, inizia a fare calcoli insieme ai suoi compagni. “Ma non c’è niente a due euro?”. “No, oggi non c’è niente per due euro. I libri costano sapete? C’è di mezzo il lavoro di tante persone. Per questo per due euro o c’è voluto poco lavoro oppure non si trova nulla. Sulla quarta di copertina scoprite se il gioco vale la candela”. “Freccia d’oro (Lapis), Euro 5,80 è l’ultimo prezzo?”. Be’ se ti mancano gli ottanta centesimi posso chiudere un occhio. “Cinque euro, cinque euro… È la mia paghetta mensile… Dovrei rinunciare alle figurine… E se li spendo tutti qui poi come faccio per il resto del mese?”. Il capobanda si allontana con i suoi scagnozzi ridacchiando qua e là, ma poi ritorna solo e continua a ragionare. Ha portato alcuni spiccioli, tutto ciò che resta della sua paghetta dopo un gelato. Sarei tentata di regalargli la Freccia d’oro, ma non è giusto mi dico. Deve imparare il valore delle cose, il valore di un libro. “Se annoti titolo, autore e casa editrice, potrai ordinarlo in un’altra libreria quando avrai i soldi. Forse ti sarebbe utile un salvadanaio”. Autonomia e condizionamento, Roma/Caserta… dimora e altrove… Erro cogitabonda sul mio tre ruote in cerca della prossima piazza mentre squilla il cellulare e ritrovo il mio lui. “Tutto bene? Quando torni?”.