Un reticolato all’orizzonte, quello della mia periferia. Sono qui, sul lungomuro, il lungomare più asfaltato d’Italia. Sono al confine: tra cielo e mare, tra giorno e notte, tra servizio biblioteca e servizio libreria. Sono le sette e mezzo, inizio a riporre i libri usati che non sono andati in prestito, dovrei chiudere la biblioteca per aprire la libreria. Con me c’è Maurizio del book-crossing Ostia. All’improvviso un manipolo di ragazzini scalmanati, scuri, si avvicina al mio tre ruote. Hanno fame di carta, di libri, di vita. “C’ero prima io, guarda, lasciami, eccolo, che è, libri, che sono, libri, vieni, vieni!”. È il branco che ci assale. Al rientro dal mare una carovana di scugnizzi dalla pelle scura ci attende. Parlano un dialetto a metà tra romano e rumeno e circondano Bibliolibrò mettendo le mani dappertutto. Maurizio arretra un po’ intimorito, io li guardo mentre si passano libri e chiedono quanto costano. Dico loro che è un servizio gratuito, possono prenderli e poi riportarli il giorno seguente o quell’altro ancora. Poi d’un tratto interviene la loro accompagnatrice, una donna italiana adulta di circa 40 anni. “No, non torneranno, sono qui di passaggio, son venuti al mare un giorno. Sono del campo rom”. Poi si rivolge a loro, visibilmente affaticata. “Forza, lasciate stare il furgone, forza andiamo via, non possiamo prender libri se non li restituiamo”. Ad ascoltare la loro fame di conoscenza ci sono solo io, al confine tra la paura di perdere tutti i libri e quella di liberarli. Ondeggiano i loro occhi ancora davanti a me, le loro risate argentine, i loro commenti, quell’aria di scherno che sa di diffidenza e l’aria si riempie delle loro voci. “Ecco, prendo questo!”. Uno dei più grandi, di circa 12 anni, ha scelto un tomo di 200 pagine sfogliandolo voracemente come se la vita scorresse troppo in fretta. “Bello, finito!”. “Di già?”. “Eh sono un genio! Bello, bello m’è piaciuto, l’ho letto tutto in dieci secondi!”. “Addirittura? Complimenti e di cosa parla?”. “Eh, non ricordo, boh… ” dice rigirandolo tra le ossute braccia arse di sole, tentando di afferrare qualche frase sulla quarta di copertina per rimediare mentre scherza con gli amici. Qui e ora guardarli e sfogliarli è consentito per tutto il tempo che vogliono, anche se non prenderanno nulla da portare a casa, continuo a ripetere. Come saranno le loro case? E le loro fiabe? Mi vedo già con Biblio dentro il campo rom a scambiare racconti e leggende in mezzo a un grande cerchio. Le voci si susseguono, facce così diverse eppure tanto uguali a quelle dei bambini a cui finora ho raccontato storie. Sembrano interessati ad arraffare quanti più titoli in una volta sola, fanno a gara a chi ne prende di più. Dargliene uno a testa, limitare il prestito? Ci chiediamo io e Maurizio temendo che facciano man bassa di libri lasciandoci sprovvisti per il resto del mese. Eppure loro non accennano ad andarsene. Scelgono i libri a peso, li sollevano divertiti, litigandosi per quelli più imponenti. Quasi nessuno si sofferma ad aprirli. E così i libri volteggiano all’impazzata di mano in mano, freneticamente, alcuni cadono a terra, altri scivolano tra i sedili. Passiamo dal silenzio compìto del primo pomeriggio al fracasso più scomposto dell’ultima ora. “E questo che è?” dice il più grande prendendo un libro per la prima infanzia a forma di lecca lecca. “È un libretto per bimbi piccoli, poche pagine e molto spesse”. “Adatto a me!” dice con fare sornione alludendo al grande libro di prima che non ha potuto leggere per intero. Poi prosegue: “Questo sì che lo leggo in dieci secondi, per davvero!”. Ridono tutti, anche Bibliolibrò. Qualcuno inizia a sfogliare, c’è chi accarezza i contorni di una copertina circolare, le mani rallentano, gli occhi si fermano sulla carta stampata, sulle immagini. “Che c’è qui? Vieni a vedere di qua… ”. Le mani sciabordano, s’inseguono, fanno il solletico alla pancia del mio tre ruote che ora non ha più paura. Poi l’allegra carovana s’incammina a mani vuote seguendo i consigli della donna che ha più fretta di tutti. Forse vuole proteggerli, dai pregiudizi, dalla loro stessa voracità, da un mondo che conoscono ancora troppo poco. Ora che anche Maurizio è andato via, resto sola a riporre i libri, la scatola piena. È già sera. Guardo l’orizzonte silenzioso e penso. Penso che già mi mancano: quelle voci, quell’energia e quella fame, di vita e di nuovo. Andrò a cercarli, sono i libri a chiedermelo. Mi guardano stretti stretti in quel buffo cartone e sembrano avere la stessa voglia di vita e di nuovo. Una luna infuocata e gitana mi sorride tagliente. Qualcuno mi sfiora la guancia prendendomi per mano e nell’altra mette un panino. “È ora di cena!”. È il mio fidanzato di ritorno dalla rosticceria. Mi accarezza la testa e sussurra: “A che pensavi?”. Al prossimo viaggio…