non esiste dolore in questa terra che noi vogliamo affrontare
né bruttura che vogliamo vedere
non esiste più la verità. scansata come la peste.
la puzza no. quella non se ne va.
una mia carissima amica arrivata trafelata in ritardo al nostro appuntamento mi ha salutato baciato sorriso e parlato di tante cose tutte in fretta. poi si è fermata e mi ha detto: sai mi è successa una cosa. una cosa da niente. ma ho impiegato mezz’ora a uscire dalla macchina. non riuscivo a smettere di piangere e non volevo arrivare stravolta. è tanto tempo che non ci vediamo. volevo che tutto fosse perfetto... sul marciapiede fuori dal parcheggio. sì quello qui dietro. c’era una colomba a terra e un’altra al suo fianco. mi sono avvicinata per guardarle curiosa. credevo che una fosse solo sdraiata. addormentata. e invece aveva un filo di sangue che le usciva dal becco. era morta capisci? e io avrei voluto tanto prenderla e metterla da qualche parte. per non lasciarla in mezzo alla strada dove tutti la potevano pestare. ma non l’ho fatto. mi sono vergognata. ho pensato a cosa avrebbe detto la gente. a cosa avrebbe pensato di me vedendomi prendere una colomba morta e metterla da qualche parte per darle riposo. e ho pianto per la vergogna perché mi importa di quello che dice la gente più di quello che sento. non sono stata capace di fare quello che avrei voluto fare. raccogliere la colomba e metterla dove nessuno potesse oltraggiarla. ho finto di non vederla. sono andata oltre. ma poi da sola ho pianto...
ho pensato per molti giorni a quello che mi aveva detto. a tutte le volte che anche io sono passata di fianco a qualcuno che aveva bisogno e ho fatto finta di non vederlo. per non avere complicazioni. per non subire un giudizio. per paura di sporcarmi. sbagliarmi. arrivare tardi. e tante ignobili ragioni. ma a differenza della mia amica non me ne sono vergognata. non ho sofferto. ho semplicemente ignorato anche me stessa. tale è il livello di indifferenza e di abitudine al tacere ammutolire ogni emozione che esca dall’ordinario. che esca da quello che deve essere per salvaguardare la mia miserabile tranquillità. che sono diventata una bestia. anche io. e allora sì. ho pianto. anche io. per me stessa. per quello che sono diventata. e come me nessuno si ferma a soccorrere un barbone che seduto sul marciapiede ha due fiumi di sangue ormai rappreso che gli scorrono ai lati del naso. e come me tutti passano di fianco a quelle vecchie signore che ormai da anni vivono sul marciapiede che sembra un’isola in mezzo alla strada che passa di fronte alla stazione Termini a Roma. e come me molti vorrebbero fotografarle. e alcuni con più coraggio. ne sono certa. lo fanno. per poi postarle su instagram. o facebook. e avere tanti mi piace. e allora. pensando all’indifferenza. mia e non solo mia. ho ricordato questo bellissimo libro che dà il nome alla rivista di questo mese. che quando lo lessi mi fece piangere fino agli inconsolabili singhiozzi. ma a cui sono grata per ogni riga che ho letto. e che Nosaka ha scritto. com’è possibile mi chiedevo. com’è possibile. lo ricordo bene. invece è possibile al punto che un giorno potrei essere proprio io a scansare Seita perché maleodorante e sporco. senza nemmeno chiedermi se posso aiutarlo. perché io come tutti ho già tanti problemi. troppi. ma il vero motivo per cui questo numero ha preso corpo. e questo pezzo che scrivo ora per introdurlo. è perché ho trascorso troppe ore su facebook a leggere post su bambini in guerra. e su cani abbandonati. e ad ascoltare persone che parlano di casi disperati. e sembrano tutti così dispiaciuti. indignati. commossi. scandalizzati. furibondi. nei loro commenti alla foto. con frasi mi dispiace dirlo tutte uguali le une alle altre. come se la dimensione della sofferenza esistesse solo attraverso uno schermo. tra noi e la realtà di cui si sta parlando. ma quando questa realtà si avvicina fino a toccarci. se solo volessimo allungare la mano. allora io come tutti gli altri. con estrema eleganza e innocenza. no non l’ho notato. andiamo avanti per arrivare ai nostri appuntamenti in tempo. mentre la mia amica piange nascosta per non sembrare pazza. o una fanatica. e i tanti Seita muoiono ma con tanti likes. un brindisi dunque. alla nostra indifferenza. e alla nostra ipocrisia.