La bicicletta

di Giovanni Pascoli

So che non c’entra nulla ma quando la fotografai mi venne in mente questa piccola poesia di Pascoli

Mi parve d’udir nella siepe
la sveglia d’un querulo implume.
Un attimo... Intesi lo strepere
        cupo del fiume.
Mi parve di scorgere un mare
dorato di tremule messi.
Un battito... Vidi un filare
        di neri cipressi.
Mi parve di fendere il pianto
d’un lungo corteo di dolore.
Un palpito... M’erano accanto
        le nozze e l’amore.
dlin... dlin...
Ancora echeggiavano i gridi
dell’innominabile folla;
che udivo stridire gli acrìdi
su l’umida zolla.
Mi disse parole sue brevi
qualcuno che arava nel piano:
tu, quando risposi, tenevi
la falce alla mano.
Io dissi un’alata parola,
fuggevole vergine, a te;
la intese una vecchia che sola
parlava con sé.
dlin... dlin...
Mia terra, mia labile strada,
sei tu che trascorri o son io?
Che importa? Ch’io venga o tu vada,
non è che un addio!
Ma bello è quest’impeto d’ala,
ma grata è l’ebbrezza del giorno.
Pur dolce è il riposo... Già cala
la notte: io ritorno.
La piccola lampada brilla
per mezzo all’oscura città.
Più lenta la piccola squilla
dà un palpito, e va...
dlin... dlin...