“La prima cosa che voglio chiederti è di sospendere il giudizio per un po’… siamo in grado di permettere ai nostri sentimenti e alle emozioni di esprimersi attraverso il suono, senza omettere nulla e permettendo che tutto si esprima attraverso la nostra voce. Dai a te stesso il permesso di cantare la tua canzone a modo tuo. Stai cantando con la tua vera Voce!” - Igor
Conoscere se stessi. Il proprio corpo. Il proprio spirito. I propri sentimenti.
Andare a guardare a fondo in quello che ci è successo. Tanto in fondo da andare nella pancia.
Nelle viscere. Quella parte profonda di noi stessi che gli sciamani della Mongolia chiamano Tartaruga. La batteria. Ovvero la forza con cui ci si esprime. La biblioteca delle nostre emozioni. Una collezione di emozioni che non sono state lasciate libere di circolare in quel grosso tubo con due estremità che siamo noi. Un canale aperto tra bocca e ano.
“Le nostre emozioni formano una sola nota che sale e scende nel canale dell’energia vitale e si ferma quando trova un blocco”. Un blocco che Igor è capace di sentire semplicemente ascoltando il suono della nostra voce. Come se fossimo uno strumento.
Ho immediatamente visualizzato me stessa come un tubo digerente attraverso il quale assimilo accumulo immagazzino rigurgito elaboro e defeco emozioni. Le trasformo. E forse le creo. E mentre lo ascolto che mi racconta la sua vita e le sue esperienze con gli occhi sorridenti e alle volte leggermente socchiusi capisco che sta ascoltando anche il mio suono. Quello che esce dalla mia bocca e che proviene dal mio tubo. E sta sentendo dove si è fermata la mia nota. Rido. Penso a tutti i fecalomi che devo avere al mio interno. E non rido più. Allora lui si avvicina. Il bar è pieno di gente e di chiasso. Fuori piove. L’umidità è ovunque con il suo odore. Si accosta al mio orecchio e canta. Il suo suono scorre nel mio tubo e qualcosa si smuove. La voce si trasforma e compare un flauto. Sembra che al mio orecchio ci sia un’orchestra. Vorrei chiudere gli occhi e lasciarmi andare. Pulizia attraverso il canto armonico o difonico.
Igor ha impiegato molti anni da completo autodidatta a trovare il suo suono e diventare l’uomo ancora in evoluzione che è oggi. Mi racconta la sua giovinezza. La sua vita. La serie di fortunati e sfortunati eventi che hanno in qualche modo prodotto anche il nostro incontro. Come una nota si è lasciato trasportare in giro per il mondo. Potrei scrivere pagine e pagine su quanto mi ha detto. Ma preferisco invitarvi a leggere il suo libro Il tuo suono è sacro. O a partecipare a uno dei suoi workshop che trovate sul suo sito.
Mi affascina che ci siano persone che non seguono la strada convenzionale. Che tutte le mattine si svegliano e si guardano allo specchio ponendosi delle domande e che cerchino di trovare le risposte. Cercandole dentro se stessi. Osservando gli altri. Ascoltando. Che siano in grado di trovare un loro mezzo per esprimersi. E per esprimere. Che vadano oltre la banalità di ciò che ci viene detto e insegnato. E che attraverso il suono – in questo caso – trovino la loro strada. La loro verità.
Igor è un suono che viaggia. Un seme trasportato dal vento. Libero. Alla ricerca della verità. Sua. Mia. Vostra. È l’energia che non può lasciare indifferente chi la incontra. È serenità. E anche amore. Parlando con lui mi rassereno. Esistono persone che trovano il senso della loro esistenza nell’energia sprigionata dagli incalcolabili incontri. Perché tutto ha un senso. Ogni nota ha una sua importanza.
Igor Ezendam insegue il suo suono per trovare la serenità. E insegna ad altri come trovare la loro. Come imparare ad ascoltare ma soprattutto ad ascoltarsi. In quella parte intima e profonda di noi stessi. A riempirsi di un suono che ci fa felici.