trascrizione1

La prima

Penso alle sberle. Mio padre mi picchiava. Mio padre mi ha sempre picchiato. Penso al fatto dell’umiliazione. Quando un uomo ti picchia ed è tuo padre cresci con la sensazione che è giusto che ti stia picchiando. Quando sei piccolo non hai gli strumenti per poter capire che non te lo stai meritando. Pensi che in qualche modo sia colpa tua. Quando sei molto piccolo. Poi quando cresci ti ribelli. Ma io sono piuttosto scappata da mio padre. A diciassette anni sono andata via da casa. Mio padre picchiava perché la sua frustrazione la riversava su qualcuno che era molto libero. Io sono sempre stata molto libera. Artista. Sberle. Sberle. Sberle forti. Violente ma soprattutto improvvise. E a volte si chiudeva in bagno con me. E mi picchiava. Ma soprattutto urlava urlava e urlava. Perché sbagliavo le tabelline. Perché facevo dei danni strani. E allora prendevo le sberle. E mi diceva “ricordati chi sei e non farti vedere piangere da nessuno”. Non ricordo niente del mio passato. Buio totale. Solo piccoli sprazzi. Chiusa in bagno. Le sberle. Quando lui mi chiudeva in bagno mia madre stava fuori dalla porta. Urlava il suo nome sbattendo i pugni contro la porta. Io ho sempre avuto l’impressione che mio padre fosse innamorato di me. Non un amore paterno. Era un amore sentimentale. Non pornografico. Papà non mi ha mai toccata. Quando ero ragazza mi disse “se non ti sposa nessuno ti sposerò io”. Ma io ricordo questa frase con un grande fastidio. Lo sento come uomo. Non come padre. E credo di non essere matta. Io. Perché se l’ho percepito quando ero piccola vuole dire che era così. Non me lo sono inventata. Secondo me quella di mio padre è stata una cosa molto più forte. Io sono imbarazzata con papà. Sono molto imbarazzata. E mia madre dice sempre “tuo padre ti ama tanto”. È sempre una cosa al limite del sentimentale. Ma non da padre a figlia. E lo fa solo con me. Io sono imbarazzatissima. E questa cosa del mettermi le mani addosso. Ho sempre pensato che mi picchiasse perché era l’unico modo di toccarmi. Perché voleva accarezzarmi. Cercando di escludere sempre mia madre. Quando mi picchiava era sempre una cosa che riguardava me e lui. Mia madre non doveva entrarvi. Non era una cosa che la riguardava. Mi ricordo anche la sensazione di profondissima vergogna e voglia di uccidermi. Proprio quando mi picchiava davanti agli altri. E mi faceva volare i capelli. (Suona il cucù. Ride.) Sempre questa sensazione di umiliazione fortissima. Quando eravamo davanti ad altra gente. E io dicevo qualcosa fuori luogo. Mi dava uno scappellotto sulla testa. E mi ricordo che mi volavano i capelli. E io mi sentivo impacciata umiliata messa a nudo. Io ho il terrore di mio padre. Ma l’ho sempre avuto. E vivo lontano proprio per questo. Perché è una persona estremamente autoritaria. Fin da piccola mi ha cresciuta nella paura. Il sentimento di paura e di fastidio è rimasto. Ma non l’ho mai contrastato. Perché di natura sono una che cerca sempre di risolvere le situazioni con la comunicazione. Mai con lo scontro. Ho sempre cercato la comunicazione. Invece con lui magari un bel vaffanculo sarebbe servito. (Ride.) Mio padre adesso è invecchiato. Ma mio padre mi ha rovinato la vita. È uno stronzo. Adesso finalmente posso dirlo. È un mostro. Una merda. (Ride.) È stato un picchiatore. Fondamentalmente un grande fascista. E adesso che sta invecchiando ha il terrore di quello che ha fatto. E si è reso conto. Perché quando si invecchia si ha il tempo di fermarsi. E di pensare a quello che si è fatto. A me mi ha rovinata. Lo so che non è un alibi. Perché sono grande. In qualche modo adesso che è vecchio l’ho compreso. L’ho perdonato. È stata forse una scelta. O avrei cancellato completamente il rapporto. Come fanno alcuni figli. Ho cercato di farglielo di capire. Credo di averglielo fatto capire. Con me ha come un senso di colpa. Mai un incoraggiamento. Mai un dire “hai fatto una bella cosa”. Un padre può diventare un boia per una ragazza. Lui mi ha insegnato a nuotare prendendomi per le caviglie e buttandomi da una zattera in mezzo al mare. Quando io dico a mia madre “papà mi picchiava” mia madre mi dice “ma cosa dici? Ma te lo sei sognata”. Ci capitano delle cose a tutti. Ma nessuno ne parla. Come se fosse un segreto solo nostro. Per far sì che loro non appaiano brutti come sono stati. Perché sono stati brutti. Per preservare un’immagine ideale dei nostri genitori. E un po’ anche per questa abitudine del quello che diranno. Non abbiamo il coraggio di dire soprattutto ai nostri genitori chi sono. Di dirgli quello che pensiamo di loro. Ma oramai è troppo tardi. Sono vecchi. Non ho voglia di affrontare pianti.