Anatomie

Cecilia Resio

Stava aperta, come una porta.
Le cosce erano pagine, il sangue le rigava come guance.
Più su, il torace spalancato come una finestra gentile,
socchiusa sull’aria viziata.
Lo vede?
Lo vede, dottore? Quello è il mio cuore.
Il dottore accomodava lo stetoscopio sul pavimento.
Dottore?
Erano, da sempre, le mie lacrime a muovere gli intenti.
Il dottore auscultava il mio pianto caduto ai miei piedi.
Sentivo i miei capelli mossi diventare la schiuma del mare.
Sentivo le mie pupille moltiplicarsi e far visita a tutte le case,
ai giardini, guardavo i copertoni dondolare, fingendosi altalene.
Sentivo me parlare tutte le lingue del mondo.
A un certo punto qualcuno mi ha gridato addosso,
le parole come pioggia furente, pioggia indiavolata e diagonale,
le parole come gocce invernali sui finestrini dei treni pendolari.
 
Io ti ho supplicato di non guardarmi il cuore.
 
Tu volevi sfondarlo.
Tu non lo sapevi ancora.
E quando hai guardato in mezzo al mio petto, il cuore
era spezzato.
Non era più uniforme, era diviso.
Quella bella stella rossa di sangue pulsava.
È per te e per tutti i libri che ancora non hai letto.
E per il letto che ti vedrà leggerli, mentre, sotto le lenzuola,
fai cerchietti con i piedi.