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Evelyn McHale

Fotografia © Robert C. Wiles

Fotografia © Robert C. Wiles

L’ultima sera dell’anno è il volo di una giovane donna che si affretta a raggiungere una festa danzante. Presto, presto: da sotto sale la musica, si intravedono le pellicce lussuose delle signore, se ne avverte il profumo inebriante. E le auto accostano lente, per recapitare al giusto indirizzo i ritardatari del cocktail. La giovane pensa: perché perdere tempo? Gli scalini sono troppi e, coi tacchi, una discesa a rotta di collo è poco elegante. Di aspettare l’ascensore non se ne parla…
Marta è la ragazza alata dei libri. Ha 19 anni e si sporge verso il basso, perdutamente, fino a lasciarsi andare nello struggente incantesimo di una sera piena di promesse. Non vola, però: semplicemente, cade. E lo fa da un grattacielo così alto che la discesa le dà il tempo di sentirsi offrire un drink, di invecchiare un pochino, piano dopo piano, fino a farsi decrepita e, soprattutto, di rendersi conto di non essere l’unica a precipitare. È una gara! A chi arriva prima! A chi è la più bella.
Dorothy Hale si libra nel cielo che di anni ne ha 33. A differenza di Marta, lei alle feste c’è abituata, perché si nutre di tutti i lussi che il jet set newyorkese può offrire. Uomini facoltosi, uno dopo l’altro, ma poche parti da attrice protagonista perché non ha molto talento. Soldi, pochi. Insicurezze, moltissime. Non è la fine dell’anno, ma l’ottobre del ’38, e Dorothy organizza un ultimo party per salutare gli amici, va a teatro e poi torna a casa, al 16esimo piano dell’Hampshire Building, Central Park South. Scrive, riflette e poi spicca il volo. È bellissima, davvero. Fasciata in un abito nero, attraversa una coltre di nubi e morbidamente si adagia, con i capelli ancora composti in un’acconciatura impeccabile.
E poi c’è Evelyn McHale, la più bella di tutte. È l’aprile del ’47, lei ha 24 anni e, quando prende il treno per New York, nessuno sospetta che si stia preparando a una festa magnifica, gremita di fotografi. Il suo party si svolge all’Empire State Building, presso l’osservatorio dell’86esimo piano. Via, è tempo di andare, nell’aria. Qualcuno vede fluttuare una sciarpa bianca e leggera. Qualcun altro invece vede lei, distesa in un’eleganza innaturale, quasi celestiale, sul cofano di un’auto.
Marta, Dorothy, Evelyn. Quanta fragilità in ognuna di loro. Quante cose non dette. E quante altre feste, quante notti stellate avrebbero potuto vedere. Invece, per tutte e tre c’è un’ultima sera senza fine, affidata a un racconto, un dipinto, una foto*.

*Nota: Marta è un personaggio inventato, protagonista del racconto di Dino Buzzati Ragazza che precipita; la caduta di Dorothy Hale è stata ritratta da Frida Kahlo nel dipinto intitolato Il suicidio di Dorothy Hale, del 1939; Evelyn McHale fu fotografata da Robert C. Wiles. A questa foto si ispirò Andy Warhol nella sua serie “Death and Disaster”, con la serigrafia Suicide (Fallen Body).