Editoriale

di Francesca Del Moro

Mi hanno legato e imbavagliato e mi hanno terrorizzato
e mi hanno castrato e mi hanno lobotomizzato
ma il mio tormento non si è mai presentato con un così astuto travestimento.
Ho lasciato entrare l’amore.

Nick Cave

Per sua natura irrazionale e totalizzante, l’amore ha da sempre catturato l’attenzione dei filosofi, che in vari modi hanno tentato di offrirne una qualche sistematizzazione. Tentativo che tutti noi tendiamo a compiere, forse per trovare un qualche appiglio nel vortice del sentimento che tende a spazzarci via. Come spiegare ciò che di per sé è inspiegabile? I poeti sono stati chiamati a questo compito, doppiamente difficile se teniamo conto che la poesia è generalmente considerata espressione di moti dell’animo più che di ragionamenti. Come Nick Cave, in pochi versi che mimano graficamente una discesa nell’abisso Miriam Bruni sottolinea la potenza dell’amore e la pena che da esso è inscindibile. Rita Galbucci e Roberta Lipparini lanciano un avvertimento sulla natura ambigua dell’amore: con il suo stile aspro e denso, Rita sottolinea l’impossibilità di essere veramente capiti da qualcuno, pur senza rinunciare alla ricerca di uno spazio dove espandersi insieme alla persona amata, mentre la dolce filastrocca di Roberta esplora il labile confine tra l’amore e il bisogno di protezione. Loredana Semantica scandisce l’adagiarsi di una foglia lasciando confliggere la leggerezza del verso e la potenza di un lessico incendiario, a esplorare la doppia faccia dell’amore, che è ardore e tenerezza al tempo stesso, e chiudendo con un inquietante riferimento all’amianto. Con un brevissimo componimento a metà tra Ungaretti e Leopardi, Elena Latini immagina il nascere del sentimento come una speranza oltre il silenzio aprendo i suoi versi a una molteplicità di associazioni. Nella sua poesia immaginifica Bill Dodd esplora la fusione tra due persone in un sentimento durevole e, infine, Rodolfo Cernilogar propone un parallelo, giocoso eppure amaro, tra l’amore e i beni materiali da mettere a bilancio.

L’amare

di Bill Dodd

Tela di ragno
che sfiora
fastidiosamente
la mano incauta
in quell’angolo
della credenza.
A ragno impiccato
la rete non
demorde.
Sta dietro la giornata
come un’arrière pensée.
Ci vogliamo
confessare?
Siamo ombre
l’una dell’altro,
l’uno dell’altra.
Non c’entra la felicità.
Ci spettiamo.
E quando ci spettiniamo
per compiere
i nostri corpi
il tempo fa un salto.
Poi la memoria:
al lavoro!
Quante dolcezze
gonfiori
sottili lubrificazioni.
Le mani, quante
forme inconsuete
inventano.
Dopo, gli occhi.
Lo spazio degli occhi.
Raccontano la filastrocca
tremendamente
adulta
del come ci vogliamo
bene.

Analisi di bilancio

di Rodolfo Cernilogar

Dovremo mettere a bilancio beni
immateriali. Saranno guardati
con sospetto come poste
apocrife, da svalutare.
Ben altra cosa quelli materiali
con gli ammortamenti di legge
più facili da verificare. Sarà
nostra cura dare i dettagli
in nota integrativa. I costi
d’avviamento, il valore
del marchio, il vantaggio
competitivo del know how.
I numeri ci daranno ragione
ben sapendo che la somma
finale sarà sempre minore,
per differenza si certifica
l’amore.

Ustiona

di Miriam Bruni

Ustiona
                  l’amore
                                     trascina
Conduce
                    risveglia
                                       incatena
Chi odia     
                     la pena
                                       non ami

Luminosissima

di Loredana Semantica

Se come foglia volteggio
se salgo volando
se stingo se scendo
se mi accendo se brucio
se scrivo giocando
se gioco scrivendo
lo devo a te
mia prediletta foglia
luminosissima stella
di primavera
cuore forgiato nel fuoco
mio sole più sacro
benedetto
a trentamila gradi
d’amianto.

spesso in apnea

di Rita Galbucci

spesso in apnea
parlare tacendo
cercare qualcuno
che ti sappia intuire
mica capire
un fulgido schiocco di frusta
spostarsi sul piano diverso
con un piccolo salto
che quando lo fai dici
che facile, non è che partire
uno slancio
doveroso abbandono
all’aprirsi di spazio
espandersi
insieme a qualcuno
che hai intuito
spesso uno sbaglio
o un malinteso
ché mai da te stessa
trovi vera via d’uscita

Immaginare oltre il silenzio

di Elena Latini

Immaginare oltre il silenzio
un altro amore.

Io non ti amo mio amore

di Roberta Lipparini

Io non ti amo mio amore
mio caro
ma cerco in te riparo
cerco protezione
da questo tempo senza grazia
traboccante di follia.
Io non ti amo mio amore
anima mia
ma rifugiami
riparami
rispondi una carezza
prestati
come approdo
alla mia debolezza.
E anche tu chiamami “amore”
anche se amore non è
è bisogno di stare quieta
lì, dentro te.

Lo Zinco

di Maurizio Landini

Si va con la poesia
incontro alla morte, a giorni,
a brani, uno per pollice
gli acini dei rosari.

Pochi componimenti, copertina scarna, nessuna introduzione: il libro di Maurizio Landini è all’insegna dell’essenzialità, eppure risulta ricchissimo, esemplificando al meglio ciò che della poesia pensava Bukowski, ovvero che “dice troppo in pochissimo tempo”. I versi di Maurizio sono asciutti, densi, accadono come un bagliore istantaneo e rivelatore, aprono uno squarcio improvviso nella coscienza. Lo zinco del titolo si riferisce al materiale di rivestimento della bara che, a un anno dalla morte, trasportava i resti del padre verso il forno crematorio. Funzionale a impedire la fuoriuscita di sostanze tossiche derivate dalla decomposizione, lo zinco assume una valenza “foscoliana” e infatti i versi di Maurizio si snodano come un cammino che accompagna il tragitto del defunto con lo stesso sguardo pietoso e amoroso del poeta dei Sepolcri. E lungo la strada la poesia si pone di volta in volta come arma, come corazza o come fede, dispensando il coraggio necessario per andare incontro alla morte “a giorni, a brani”. Ed è proprio questo che il poeta intende mostrarci: quei brani, quei giorni in cui la morte fa il suo ingresso nella vita. C’è il ricordo del padre, vissuto con un dolore al tempo stesso intimo, bruciante e discreto che tocca il culmine nella poesia “Diseredi”, c’è la morte improvvisa in un attentato, la lenta estinzione delle passioni che ci fa morire pur lasciandoci tecnicamente vivi, e c’è la morte come aspirazione al non sentire, che si esprime in un vagheggiato letargo nella neve. Il componimento finale della prima parte scandisce un dissolvimento della realtà in uno sguardo accecato dal sole ed è il preludio alle sette liriche che, quasi come movimenti musicali, compongono la seconda sezione del libro: –sonnia. L’assonanza con la parola “insonnia” suggerisce l’idea di un sonno laborioso, che si profila come una forma di sonnambulismo conscio. È un sonno che non può essere completo perché l’occhio ferito non si chiude più. Memore di Ora serrata retinae di Magrelli, questa seconda parte offre uno sguardo tangibilissimo su un mondo onirico, buñueliano, da osservare con una vista nuova, quella di chi dorme con gli occhi tagliati. 

Maurizio Landini
Lo Zinco
Marco Saya Edizioni, 2012