In centro a Roma, in una laterale di via del Corso, c’è una vecchia vetrina piena di bambole o pezzi di bambole impolverati. Ti guardano immobili con i loro begli occhi azzurri. E subito scatta la curiosità. Appena entro mi accoglie un sorriso – strano di questi tempi in cui la gente è sempre di malumore o indifferente – e sempre con un sorriso mi sento dire: “Non vendiamo niente, ripariamo soltanto”. Viene da sorridere anche a me.
Una Signora dall’aria serena e gentile siede a un tavolino con una ciotola tonda di ceramica o porcellana – non me ne intendo – e con un pennellino esegue dei ritocchi. Tra la sua testa e la ciotola c’è un’enorme lente di ingrandimento. Di fronte a lei c’è un uomo – che scoprirò poi essere il figlio – con un grembiule e un berretto di lana in testa. Chiedo permesso per entrare. Mi presento e dico che vorrei fare un pezzo per la rivista, ne ho due copie con me, gliele allungo e subito iniziano a sfogliarla. “Prego” mi dicono “stavamo già per andare a casa”.
Mentre loro sfogliano la rivista io fotografo in giro e faccio domande. “Ripariamo dalle bambole alla porcellana e materiali affini: legno, ceramica, maiolica, avorio, terracotta” e poi continua: “Quando sai fare una cosa puoi fare tutto”.
I curiosi guardano dalle vetrine che a tratti lasciano scorgere l’interno. Fuori è buio, siamo vicini all’orario di chiusura. Dentro una piccola stufa elettrica riscalda la stanza. “Le persone sono abituate a entrare e comprare. Devi stare sempre con quattro occhi. Sti americani non sono abituati a cose che sono più vecchie della loro madre. E sono abituati a che possono comprare tutto”.
È vero – penso – appena vediamo una cosa bella o strana desideriamo comprarla. E quando non è in vendita, come i pesci dell’acquario o gli animali dello zoo o un bel tramonto, ecco che tutti siamo pronti con la macchinetta a fare mille scatti per portarci qualcosa a casa.
Anche solo una foto.
La Squatriti nasce nel ’53 “con mia nonna” dice lui, Federico Squatriti. “Io sono nato qui dentro, abitavo qui sopra e le scuole le facevo qui intorno”. Per Federico è stato normale intraprendere l’attività. Ha imparato crescendo nella bottega e guardando la sua famiglia lavorare. Un apprendistato spontaneo, semplice. Come semplici sono le cose della vita. O almeno lo erano. Ho chiesto poi della vetrina, così particolare e famosa, alla quale sono dedicate molte pagine Internet, dove la bottega viene spesso chiamata ospedale delle bambole, perché qui fanno tutto il possibile per ripararle. “La vetrina è nata perché ci sono degli oggetti che non si possono riparare e l’alternativa è il cassonetto. Nessuno si vuole portare a casa un oggetto rotto. – Come possiamo fare? – ci siamo chiesti la prima volta che una bambola non si poteva riparare. La mettiamo là. E le bambole hanno una nuova vita, diversa, ma una nuova vita… ”. E là se ne stanno, in vetrina, anno dopo anno, con gli strati di polvere che svelano lo scorrere del tempo, a guardare i passanti. Mi raccontano qualche storia. Quella di un cliente che passando davanti alla vetrina indicò alla figlia la bambola che aveva lasciato dieci anni prima. O quella di una signora molto educata e gentile che aveva portato la sua bambola a riparare e ogni giorno andava a trovarla per vedere come stava. La Signora che sta al tavolino intenta a dipingere la ciotola è la madre di Federico, Gelsy Caporali. Le chiedo se posso farle una foto. Acconsente e mi racconta: “Quando ero piccola avevamo una specchiera antica, che abbiamo ancora”. Il figlio le chiede quale sia e segue una serie di domande e risposte tra loro per capire di quale specchiera si stia parlando. Poi la Signora continua: “Era antica e quindi si vedeva e non si vedeva. E io in quella specchiera mi vedevo bellissima! L’unica specchiera in cui mi sia vista così bella”. E sorride, dolcemente, mentre posa per la foto.
La Squatriti è un pezzo della storia di Roma, un’attività a conduzione familiare che si concluderà con Federico. Sua sorella ha dei figli. Ma non hanno imparato il mestiere. L’affitto è caro. Quindi prima o poi sparirà per lasciare il posto a un nuovo negozio. Peccato. Girare per le città diventa sempre più noioso. Le vetrine sono le stesse a Roma o a Singapore. Se però avete una bambola o un altro oggetto di porcellana, ceramica o materiale affine a cui siete molto affezionati e si è rotto o ha bisogno di un ritocco, adesso sapete dove andare e sapete anche che vi riceveranno con un sorriso.
RESTAURI ARTISTICI SQUATRITI
Via di Ripetta 29, Roma