Caro A.,
ti scrivo poco dopo aver letto la tua cartolina.
Il fatto che tu scriva cartoline in questi anni elettronici di posta veloce mi riempie di gioia,
passo l’indice sulla tua calligrafia, annuso la Regina del francobollo e ripongo in fretta
quel che mi hai scritto nella parte più interessante del mio cervello.
I tuoi saluti mi fanno girare la testa,
quasi fossi un mappamondo e tu una mano che mi fa ruotare fino a un paese che non esiste,
quello che ci vede insieme nello stesso momento in cui io leggo e tu scrivi.
Non sono riuscita a trovare la tua penna, ho guardato dappertutto.
No, non è tanto vero.
Non ho guardato dappertutto, voglio ancora cercare e ho lasciato qualche angolo inesplorato
perché sai quanto mi piace che le cose nascoste abbiano del vantaggio sulle mie intenzioni.
So che mi capisci e so che non mi capisci, io faccio lo stesso con te.
Quando tornerai a Parigi la tua penna sarà sulla mia scrivania.
Prima di baciarmi controlla la cartuccia dell’inchiostro, scoprirai che nemmeno una goccia è stata consumata,
non potrei mai scrivere con la tua penna, le parole si ribellano ai proprietari improvvisati.
Ti bacio e vado a fare due passi.
Questa sera mi vedrà un po’ più impaziente e un po’ più felice.
p.s. Madame Guinot ti ha riconosciuto, ma io le ho detto che si sbagliava.