checifaccioqui

Piccola cronaca sull’intolleranza, nostro mostro quotidiano

di Cecilia Resio

Parigi, febbraio 2013, linea 8 della metropolitana

La signora della foto era preoccupata.
A tratti piangeva, parlava arabo fitto fitto,
aspirando, risucchiando, arrotando consonanti.
La sua pena risiedeva in un mistero
e noi eravamo il suo pubblico inesistente,
carne anonima, passanti immobili.
A un certo punto una donnina francese
con la faccia a punta e la borsa piena di sconfitte,
si gira e le dice:
“Alors, vous ne pouvez pas vous empêcher de parler si fort, s’il vous plaît?
C’est inadmissible!”
(tr. allora, non può sforzarsi di parlare meno forte, per favore? È inammissibile!)
Poi ha fatto quel verso parigino che assomiglia
a un peto da taschino e si è ricomposta
come fanno certe salme quando sono ancora vive.
La signora araba ha continuato a esprimere
il suo dolore, oramai caratteri magnifici
volavano nel vagone, disegnando vetri e pareti
di cose di Allah.
Io l’ho guardata e ho pensato che il suo piccolo chiasso
era a me molto caro, molto più del silenzio
di quegli umani affranti.