IL BABAU

di Lisa Biggi

Il Babau aveva occhi scuri con piccole rughe agli angoli a segnarne l’indomabile curiosità e ciò che normalmente ne consegue. Occhi profondi come pozzi neri di mistero e di chissà quali avventure.
Lei ne avrebbe scoperto i segreti – così credeva – e i punti saldi lungo le pareti scivolose.
Si racconta che il Babau non poteva innamorarsi, il suo cuore era diventato duro come una pietra e più arido di una distesa di sabbia lontana mille miglia dal mare. Quel mare avrebbe potuto inghiottirlo e annullarlo per sempre. O forse non lo aveva mai avuto, un cuore (questo lo sanno anche i bambini!), ma lei non voleva crederlo. Se lui dormiva lei sognava, se lui rideva lei era felice, se lui mangiava lei si saziava, se lui soffriva lei si ammalava.
Ogni giorno lei cercava un nuovo espediente, una nuova composizione d’amore per avvicinare quell’anima inquieta. Interprete paziente di parole e silenzi.
Una sera, una sera uguale a tante altre, di ritorno dai suoi esperimenti, andò a letto più stanca: un po’ del suo nero le era rimasto addosso, gli occhi erano diventati scuri con piccole rughe agli angoli, segno della sua indomabile curiosità e di ciò che essa comporta.
Qualcuno dice che lei non possa più innamorarsi. Il suo cuore è diventato duro come una pietra e più arido di una distesa di sabbia lontana mille miglia dal mare.
Aveva dimenticato il suo nome.