“Da lui imparai l’arte, che ancora non sapevo, di entrare e uscire dalla mia terra, dimenticarla a tratti, viaggiando per continenti e oceani diversi, per ritrovarla poi nuova e sempre più ricca di ricordi e sensazioni stratificati. E che dire delle nostre sere e notti? Poterle fermare! Questo ritrovarsi soli, le mani nelle mani, gli occhi negli occhi, a raccontarsi impressioni, intuizioni, parole?
- Parlano tanto del primo amore, eh Marco? Mentono come per tutto il resto.
- È così Modesta, anch’io non avrei mai immaginato, e purtroppo bisogna arrivare alla nostra età per saperlo. Hai visto oggi sul ponte come ci guardavano quei ragazzi? Ho quasi avuto la tentazione di dirglielo, ma non mi avrebbero creduto.
No, non si può comunicare a nessuno questa gioia piena dell’eccitazione vitale di sfidare il tempo in due, d’essere compagni nel dilatarlo, vivendolo il più intensamente possibile prima che scatti l’ora dell’ultima avventura. E se questo mio vecchio ragazzo si stende su di me col suo bel corpo pesante e lieve, e mi prende come ora fa, o mi bacia tra le gambe proprio come Tuzzu faceva allora,
mi trovo a pensare bizzarramente
che la morte forse non sarà che
un orgasmo pieno come questo.
- Dormi Modesta?
- No.
- Pensi?
- Sì.
- Racconta, Modesta, racconta.”
Tratto da L’arte della gioia di Goliarda Sapienza. Einaudi.