Con muto silenzio

di Sonia Maria Luce Possentini

Mimma Eroina purissima.
Il rossetto e un ideale.
Sei e rimarrai indelebile come l’amore.

Irma BandieraBologna, 1915 –1944Partigiana italianaMedaglia d’oro al valor militare (alla memoria)

Irma Bandiera
Bologna, 1915 –1944
Partigiana italiana
Medaglia d’oro al valor militare
(alla memoria)

Irma BandieraBologna, 1915 –1944Partigiana italianaMedaglia d’oro al valor militare (alla memoria) Foto di Alcide Cervi (papà Cervi) 1967 ca. Archivio Istoreco, Reggio Emilia. Famiglia fascista. Archivio Istoreco, Reggio Emilia. Il podestà, il prete, la perpetua e la maestra. Asilo e scuola elementare di bambini e bambine di età miste nel comune di Canossa, Reggio Emilia. Nel febbraio 1929 i maestri elementari vennero obbligati al giuramento: “Giuro che sarò fedele al re e ai suoi reali successori; che osserverò lealmente lo statuto e le altre leggi dello Stato; che non appartengo e non apparterrò ad associazioni o partiti, che adempirò ai doveri stessi con diligenza e con zelo, ispirando la mia azione al fine di educare i fanciulli affidatimi al rispetto della Patria e all’ossequio alle istituzioni dello Stato”. Il tutto avvenne senza alcuna resistenza.Archivio fotografico Famiglia Possentini

Irma Bandiera, Bologna, 1915 –1944
Partigiana italiana, Medaglia d’oro al valor militare

La catturarono il 7 agosto del 1944. Tornava da una consegna di armi alla base di Castelmaggiore, e portava con sé documenti cifrati. Per i carnefici aveva una doppia colpa: si rifiutava di rivelare i nomi dei compagni ed era donna. Si alternarono su di lei in tanti, ognuno inventando nuovi tormenti e sevizie innominabili, ma la Mimma non parlava. La baldanza si tramutò in livore e frustrazione: avevano fatto parlare tanti uomini, spesso grandi e grossi, robusti come tori, cocciuti come muli, e quella lì… una donnina esile, apparentemente gracile, niente. Non apriva bocca. E li fissava con quei suoi grandi occhi che risaltavano sul viso magro e la fronte ampia… Li guardava con un muto disprezzo, tutto il disprezzo del mondo concentrato in quegli occhi. Così, la accecarono.
Era ancora viva quando il 14 agosto gli aguzzini la scaraventarono sul marciapiede, al Meloncello, sotto la finestra dei genitori. Uno disse: “Ma ne vale la pena? Dacci qualche nome, e potrai entrare in casa, farti curare… Dietro questa finestra ci sono tua madre e tuo padre”.
Mimma non rispose.
La finirono con una raffica di mitra, e se ne andarono imprecando.
Di lei hanno scritto:
Pino Cacucci in Ribelli, 2003.
Enzo Biagi in Quel che non si doveva dire, 2006.

Alcide Cervi, Reggio Emilia 1875–1970
“Papà Cervi”, per gli italiani e gli antifascisti che, nel secondo dopoguerra, l’hanno conosciuto.

Una grande famiglia contadina, quella dei Cervi, prima e dopo la fucilazione dei sette figli di Alcide: Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio, Ettore, uccisi il 28 dicembre del 1943 per aver partecipato alla Resistenza antifascista. Dopo la morte dei figli, Alcide si prese cura degli 11 nipoti, educati come i figli a combattere per le proprie idee.
“In più abbiamo dato sette vite alla patria. Se c’è bisogno di dare ancora la vita, i Cervi sono pronti, e qualcuno pure sopravviverà e rimetterà tutto in piedi meglio di prima. Ecco perché non ci fermeranno più. Ma cercate di capirmi, io vorrei averli vivi, i figli, che stessero ancora vicino a me.  E ogni padre di famiglia vuole la salvezza dei figli suoi. Per questa salvezza non c’è che un mezzo, che gli italiani si riconoscano fratelli, che non si facciano dividere dalle bugie e dagli odi, che nasca finalmente l’unità d’Italia, ma l’unità degli animi, l’unità dei cuori patriottici.”
Tratto da: I miei sette figli
di Alcide Cervi, a cura di Renato Nicolai - Editore: Einaudi
A Gattatico (Reggio Emilia), paese d’origine della famiglia, è stato costituito nel 1972 l’Istituto Alcide Cervi, per trasmettere la memoria della Resistenza e dell’universo contadino secondo la volontà di papà Cervi.