MARCELLO CICCAGLIONI

“librai come eravamo una volta”

di Lina Vergara Huilcamán

foto di Lina Vergara Huilcamán

foto di Lina Vergara Huilcamán

Ci troviamo alla caffetteria della sua bellissima libreria BOOKABAR, forse la più bella e moderna di Roma, a Palazzo delle Esposizioni.
È un bell’uomo, ben vestito. “La cravatta è il mio destino” dice mentre spiega come questa abbia fatto la differenza ogni volta che si è presentata l’opportunità di un miglioramento. Un uomo che incute rispetto, forse perché guarda dritto negli occhi chi gli sta di fronte, serio come se lo stesse studiando.
Inizia a raccontarsi e mentre ricorda l’inizio della sua carriera, un sorriso nostalgico ma anche orgoglioso gli affiora sulle labbra.
Ha 15 anni quando decide di lasciare la scuola perché “non mi piaceva”, dice, e trova lavoro al chiosco numero cinque vicino alla stazione Termini (ancora suo), dove impara a vendere libri e capisce velocemente che per venderli è bene leggerli.
“Un ragazzetto pulito” come si definisce lui, ma soprattutto sveglio e con un occhio attento ai conti e alle possibilità che gli ha offerto il destino, che in pochi anni è cresciuto passando dalla gestione del chiosco a soli 18 anni, alla sua prima libreria nel  ‘74 in via Eritrea, fino a possederne oggi una ventina: le ARION.
Una vita che scorre da sempre in mezzo ai libri, in mezzo alle librerie e a tutte le loro dinamiche e problemi, senza dimenticare la politica, con la partecipazione alle riunioni sulla legge del libro che non approva del tutto ma che almeno segna un punto di partenza. Un uomo che non si è certo fermato a vendere libri, ma si è mosso attivamente per cercare di rispettarne il valore, ma senza mai sognare di diventare un editore.
“Il libro per me ha sempre rappresentato un discorso vitale, importante per la conoscenza” afferma e mi racconta le numerose avventure in cui si è imbarcato in questi anni per migliorare le condizioni dei librai indipendenti e quindi anche le sue: dall’entusiastico tentativo di replicare con Roma libro quello che ha visto negli Stati Uniti, quando nell’81 Leo Mondadori lo scelse insieme ad altri 14 librai italiani per imparare il metodo americano e seguire l’esempio di Barnes & Nobles, nato dall’aggregazione di librai indipendenti per contrastare le librerie editoriali, fino alla vice presidenza  dell’Associazione Librai Italiani (ALI), formatasi per creare condizioni favorevoli per i piccoli librai. Spiega che lavorare con i librai è difficile, perché mancano di spirito imprenditoriale e “le librerie indipendenti hanno chiuso perché non hanno sposato il mestiere del libraio”.
C’è la crisi, ci sono le grandi catene, la grande distribuzione, ma Ciccaglioni non si arrende e prepara il suo grande piano di resistenza, ancora, da solo, con il suo maximinimondo Arion. Non ha mai smesso di credere, né di reinvestire nella sua attività, pensando al futuro, alla crescita.
“Una merce così bella e così delicata come sono i libri e che viene usata come specchietto per le allodole dalla grande distribuzione. Un prodotto così importante per la convivenza civile di un paese, usato in modo così volgare” dice mentre illustra la strategia della sua impresa epica, perché quando il resto del mondo è in preda al panico, alla paura o – peggio! – alla rassegnazione, lui decide di tornare a quello che è il grande valore della sua attività da sempre: SERVIZIO e PROFESSIONALITÀ.
Lui auspica il ritorno dei “librai come eravamo una volta” ma con tutta la tecnologia e le innovazioni di cui disponiamo oggi.
Non svelerò tutto il suo programma che mi è sembrato interessante e ben ponderato, e sicuramente più valido delle grandi spiegazioni di economopoliticaglobale (incomprensibile almeno a me povera terrestre ignorante) che mi hanno dato alcuni grandi del panorama libraio. Credo che la sua sia una strategia di difesa più che valida perché non perde di vista l’oggetto: il libro, e il suo fruitore: il cliente della libreria, non quello che accidentalmente ci casca dentro, ma quello che il fine settimana DEVE uscire a comprarsi un libro, e magari più di uno, anche se non li leggerà mai tutti, quello che si sente pieno solo se i suoi scaffali lo sono, e che ha bisogno dei libri come gli obesi dello zucchero.
Esistono ancora persone che vorrebbero un libraio di fiducia, una libreria di riferimento, e Ciccaglioni lo sa. Mi sembra che la sua sia una scommessa vincente, ma anche prudente, fatta di numeri che avanzano uno alla volta, come le pagine di un libro, prodotto raffinato ma che ha un margine piccolo e un prezzo di copertina stampato.