The Saint Mariner

di Lina Vergara Huilcamán

Apro la mail e vedo che Pietro Bossi vuole i nostri libri per un nuovo spazio a Milano, che non sarà una libreria convenzionale ma un negozio condiviso con uno studio di tatuaggi e venderà libri e vinili. Certo, rispondo, devo proprio venire a Milano e potrei passare a vedere il locale, così ci conosciamo e ne parliamo. Mi risponde di sì. A quel punto ci scambiamo due/3 mail succinte giusto per metterci d’accordo.
Arriva il giorno in cui sono a Milano. Ho avuto una giornata abbastanza di merda perché ci sono riunioni che ti tolgono la voglia di continuare a vendere libri.
Ma il lavoro è lavoro, fatto di falsi entusiasmi e di vuoti obiettivi, di falsi sorrisi. Con il mio collega andiamo a vedere questo negozio di tatuaggi che sarà anche altro.
Un grosso testone che potrebbe benissimo essere di IT ci sorride dall’altra parte del vetro di via Carlo Tenca 10.

In alto la scritta “The Saint Mariner”.

Entro insieme al mio collega.

E mentre cerco di concentrarmi sulla mia parte – sono della Logos, ho un appuntamento con Pietro Bossi – gli occhi mi scappano da tutte le parti e inizio a girare per il… negozio? Museo? Galleria? Salotto?
Mi affascina ogni singolo particolare. I libri sul tavolo, i cosiddetti coffee table books. Una mostra di fotografie alle spalle del divano, bella. E poi gli ornamenti ai muri, belli. Cornici con illustrazioni, belle. Perdo i sinonimi e il vocabolario e l’educazione perché si dovrebbe guardare negli occhi le persone con cui si sta parlando. Perdo la testa per una specie di reliquiario a forma di cuore, ma di cuore quello anatomico, non quello rosso a forma di culo rovesciato, e chiedo se lo vendono in preda a un attacco di amore sfrenato e feticista. Non è in vendita. Niente di ciò che vedo è in vendita. È uno studio di tatuaggi.
Prendo un biglietto da visita sul tavolino, perché ha una bella illustrazione. Pietro Sedda. Lo stesso dei disegni alle pareti?
Sì.
Il tatuatore?
Sì.
E il bookshop? Perché prima o poi dovevo pur sintonizzarmi sullo scopo della visita. Scendiamo le scale e Pietro B.
mi mostra quelli che saranno i locali, mi spiega qual è la sua idea. Un negozio di vinili, solo vinili e libri, musica e libri. Una selezione. Con un’idea molto precisa e definita dietro. Mi dice che il negozio aprirà il 9 maggio. Mi spiega che Pietro S. – l’altro – ha deciso un giorno di lasciare la pittura e mettere la sua arte su pelle.
Rimango a bocca aperta. E il mio collega pure.
Insomma guardiamo, l’idea ci piace. Pietro B. mi piace. Lo studio mi piace. Mi piace anche Pietro S. E anche Max, anche se non so cosa faccia di preciso nello studio.
Usciamo – abbiamo un altro appuntamento – ma mentre il corpo va per la sua strada gli occhi restano attaccati al locale, ci sono tanti dettagli su cui non mi sono ancora soffermata, ci sono tante cose che non ho chiesto. Ci sono tanti occhi in cui non ho guardato dentro e porca miseria!!!!
E mentre ce ne andiamo tutti e due, il mio collega e io sospiriamo, perché c’è chi un giorno decide di smettere di dipingere per mettere la sua arte su pelle e lavora in un posto del genere, ha creato un posto del genere, in mezzo alla grigia Milano, vicino alla stazione. E c’è chi lascia il suo lavoro perché vuole vendere SOLO VINILI E LIBRI.
E tutti e due si chiamano Pietro, Pietro B e Pietro S., Bossi e Sedda. E deve per forza trattarsi di un luogo Santo, di una basilica.
E a noi il tempo sta passando davanti e forse non facciamo neppure il lavoro che vogliamo e forse abbiamo sbagliato tutto nella vita e forse è l’ultima occasione per cambiare rotta perché verso i quaranta inizia a scadere il tempo dei grandi mutamenti e inizia quello della stasi.
Quando faremo quello che vogliamo?
Tante domande. Tanti sospiri.

Ogni tanto ci torno. Perché sono spesso a Milano. Per vedere il work in progress del negozio e perché con Pietro S. voglio fare un libro. Perché più scopro cose sul mondo dei tatuaggi e più mi intriga. Non ne sapevo nulla. Non ne so nulla. Ed è una forma d’arte che non avevo considerato. Un’arte carnale, profonda.
 Un dipinto da indossare. Mi sono ricordata di quel film in cui un poveraccio si era fatto tatuare dall’amico pittore e poi aveva venduto la pelle della schiena. Non ho mai capito che fine avesse fatto perché ero piccola e certi film li capivo solo in parte, ma ne conservo il ricordo e ora quel ricordo inizia a essere un cerchio che prende forma.
Adesso i limiti dell’illustrazione, dell’arte e della narrazione vanno ben oltre la carta e i muri. Illustrazione, Arte e Narrazione arrivano alla pelle e si adagiano sui corpi, seguono l’anatomia.
SOLO e THE SAINT MARINER, uno spazio che è anche modo di vedere e vivere le cose, di guardarle. Di ascoltarle. Di sfogliarle…
Con i limiti che può avere l’integrazione fra le arti, la comunicazione fra i diversi generi culturali.

Quali sono i confini della comunicazione?

E quelli della curiosità?