Modena 1975.
La maggioranza allora votava partito comunista.
Terra rossa dicevano, terra di partigiani.
La bicicletta era il mezzo di trasporto quotidiano.
Si risparmiava per il mattone, per comprare un’utilitaria.
Pochi potevano permettersi di viaggiare.
Si desideravano cose semplici.
C’era la Festa dell’Unità. Quasi come il red carpet a Hollywood, enormi bandiere rosse ti accoglievano all’ingresso…
… e Bandiera rossa arrivava dagli altoparlanti.
E poi tutti agli stand gastronomici.
Si respirava una familiarità divertente e amichevole.
Era la generazione di quelli che avevano vissuto il fascismo, la guerra, la resistenza, alcuni erano stati nei campi di concentramento.
Parlavano della Russia ed erano solidali con gli altri popoli oppressi.
Su ogni tavola c’era una bottiglia di vino e una di acqua. Il cibo lo preparavano le casalinghe. Si faceva la passata di pomodoro, le conserve di verdura, la marmellata, il nocino e l’aceto. Si ammazzava il maiale per fare le salsicce.
Sono passati trent’anni.
Adesso si vede ancora qualche vecchietto in bicicletta per strada, pochi… i figli di quei signori che allora stavano a capotavola e raccontavano ai bambini cosa avevano visto i loro occhi, erano quei giovani che indossavano il grembiule alla festa dell’Unità e facevano servizio ai tavoli mentre le loro mamme stavano in cucina a fare la pasta, finché a fine serata, alla chiusura dello stand, si sedevano a un’unica tavolata per mangiare tutti insieme.
Erano anni in cui la Coca Cola non rendeva ancora felici le tavole degli italiani e non esisteva ancora l’Happy Meal di Mc Donalds, anni in cui nessuno immaginava che ci sarebbero stati.
Erano anni in cui la MEMORIA era ancora presente, faceva ancora brillare gli occhi e scaldare gli animi.
Questo numero lo dedico alla memoria della Signora Armanda e di Don Neri (detto Cianein, così diceva l’elenco telefonico) di Soliera. Lo dedico all’Amore che provavano l’uno per l’altra e all’Amore con cui mi hanno accolta a casa loro quando ero piccola, l’Amore che avevano per la vita, un amore cresciuto tra le macerie che avevano lasciato il fascismo e i campi di concentramento nella loro vita, memoria che non hanno mai cancellato e che hanno cercato di condividere con me nei loro racconti pomeridiani, ma soprattutto nel cercare di tramandarmi quelli che erano i loro principi, che non erano fatti di politica ma di tolleranza.