Stefano Mancuso

di Lina Vergara Huilcamán

foto © Lina Vergara Huilcamán

foto © Lina Vergara Huilcamán

Un incontro in libreria. Tra le tante novità, un libro particolarmente grazioso bianco e verde, con una bella carta di copertina, il giusto formato e titolo: La nazione delle piante.
Così inizia questa storia: con un libro, la sua lettura e poi l’acquisto degli altri titoli dell’autore fino a conoscerlo di persona, nel suo ufficio pieno di libri e di piante. A seguire la trascrizione di quanto mi ha raccontato.

UN PUNTO DI VISTA ANIMALE E MINORITARIO

Noi umani guardiamo sempre la vita dal nostro punto di vista, perché come animali non possiamo guardare al mondo in altra maniera che in funzione di come noi stessi siamo organizzati. Noi tutti, animali di questo pianeta, abbiamo un cervello che governa, abbiamo organi specializzati in particolari funzioni: l’organo specializzato nella vista, quello nell’udito, quello nella respirazione, nella digestione, nella risoluzione dei problemi… e questo tipo di organizzazione ha un unico vantaggio, uno solo: la velocità, dovuta al fatto che è uno solo l’organo che prende le decisioni; il cervello. La velocità di elaborazione e risposta è fondamentale per noi animali, perché in essa abbiamo il fattore principale di risoluzione dei problemi della nostra esistenza. Ci chiamiamo animali perché siamo animati, ci muoviamo, dal latino animalis, «che dà vita, animato», questa è la nostra caratteristica fondamentale, e risolviamo i problemi con il movimento per spostarci lì dove il problema non esiste più, di fatto i problemi li evitiamo.
Questo tipo di organizzazione centralizzata è vantaggiosa perché permette una risposta immediata, ma è anche estremamente debole: basta che si rompa uno degli organi specializzati e l’intera organizzazione crolla. La cosa interessante è che il modello della nostra organizzazione interna l’abbiamo replicato ovunque: università, ospedale, computer… c’è sempre un organigramma che prevede un capo al quale vengono riportati i problemi, ovunque essi siano, incaricato di elaborare la soluzione e risolvere il problema. Prendiamo ad esempio una grande multinazionale, con un consiglio di amministrazione, un amministratore delegato e fabbriche e aziende in tutto il mondo. Supponiamo che ci sia un problema in una fabbrica in India e che questo problema venga risolto da un consiglio di amministrazione che sta dall’altra parte del pianeta… come fa questo consiglio di amministrazione ad avere le stesse informazioni che hanno localmente? È impossibile. Localmente si hanno sempre le migliori soluzioni possibili per risolvere il problema. Il trasporto dell’informazione, anche immaginando che si possano trasmettere tutte le informazioni a chi deve trovare la soluzione, solo per il fatto di muovere delle informazioni genera degli errori.
Noi animali siamo incredibilmente diversi dalle piante…
Le piante si muovono, ma non si spostano, e non potendosi spostare sono inevitabilmente soggette alla predazione, e si sono evolute per sopravviverle. A differenza degli animali, una pianta può perdere il 90% del suo corpo e continuare a vivere. Com’è possibile un miracolo del genere? Si deve al fatto che l’organizzazione delle piante è distribuita; mentre noi animali abbiamo gli organi e le loro funzioni, le piante hanno le funzioni distribuite sull’intero corpo e per questo sono molto più robuste. Le piante vedono, sentono e ragionano con tutto il corpo, e quindi sono adatte a trovare le soluzioni corrette per la sopravvivenza.
Noi umani guardiamo alla vita dal nostro punto di vista che è incredibilmente ristretto e minoritario. Gli animali, tutti insieme, rappresentano solo lo 0,3% della vita dell’intero pianeta, e tutto ciò che facciamo è in funzione di questa percentuale, ritenendo che questa sia la regola generale per tutti. Un atto anche di presunzione, che mi lascia sempre davvero stupefatto, perché sono le piante a rappresentare l’85% di tutto quello che è vivo su questo pianeta. Non solo sono superiori di numero, ma i fatti hanno dimostrato che sono molto migliori di noi: nella capacità di propagarsi, risolvere i problemi, rimanere in vita, colonizzare ambienti complessi… sono migliori di noi in qualunque ambito.

LA COOPERAZIONE COME MOTORE PRINCIPALE DELL’EVOLUZIONE

L’intento generale dei miei libri è di far cambiare la prospettiva nella visione della vita, far capire quanto siamo ciechi rispetto a come davvero la vita funziona.
Un esempio banalissimo: quante volte avete sentito dire che la vita è competizione? O lotta per la sopravvivenza? O avete sentito usare espressioni come la legge del più forte, o la legge della giungla… espressioni così connaturate in noi da guidarci nei comportamenti, ma che sono del tutto false. Nella vita non è la competizione a essere il motore principale dell’evoluzione, ma la COOPERAZIONE. La competizione vale soltanto in particolari ristretti ambiti del mondo animale, ma gli animali tutti, uomini compresi, come ho già detto rappresentano solo lo 0,3 % degli esseri viventi di questo pianeta. Il fatto che per l’85% della vita su questo pianeta sia la cooperazione a essere premiante in termini di sopravvivenza e di evoluzione viene ignorato. Guardiamo alla vita, ai nostri rapporti, alla società – a tutto! – da un punto di vista esclusivamente animale, nonostante nei numeri sia ben dimostrato chi, tra animali e piante, abbia preso la direzione giusta.
Abbiamo un cervello che è grande, dotato di capacità logica, e se questo cervello fosse davvero un vantaggio evolutivo, dovremmo essere in grado di capire che la nostra visione è limitata e ristretta, e che riguarda solo una minima parte, ininfluente della vita. Se noi riuscissimo ad apprezzare e capire come fanno le piante a vivere in generale, in qualunque ambito, ne ricaveremmo un vantaggio enorme per noi stessi, per la vita umana, e di conseguenza anche per le nostre capacità di sopravvivenza che al momento sono realmente basse.
Noi uomini siamo sulla Terra solo da 300mila anni, da pochissimo se si pensa che la vita media di una specie è di 5 milioni di anni. Se rispettassimo la media ce ne toccherebbero altri 4 milioni e 700mila, ma non ci arriveremo mai! Noi siamo una specie che ha dei grossi problemi di sopravvivenza, abbiamo ridotto il nostro ambiente a una situazione che non è di garanzia per il nostro futuro…
Bisogna imparare a guardare la vita in un modo diverso. Capire che tutto si può fare in modo diverso.
Le nostre organizzazioni, ad esempio, sono centralizzate, eppure sappiamo e abbiamo le dimostrazioni che qualunque organizzazione non centralizzata è avvantaggiata. Vi faccio l’esempio di Wikipedia, che ritengo straordinaria, la migliore fonte di informazione che esiste sul pianeta al momento, che è riuscita a produrre l’equivalente di ormai circa 45mila volumi dell’enciclopedia britannica in un tempo decisamente ridicolo, ed è organizzata in modo completamente distribuito. Non c’è un piano, non c’è un capo enciclopedia… niente! Solo persone che inseriscono informazioni e si autoregolano da sole. Nella scienza ormai sappiamo che organizzazioni di questo tipo sono capaci di ottenere risultati inimmaginabili in un tempo che è una frazione ridicola del tempo che richiederebbe la risoluzione degli stessi problemi in una maniera gerarchica. Lo sappiamo ma continuiamo a vivere in una maniera che è inefficiente, ingiusta e incosciente nel senso che distrugge tutto quello con cui viene a contatto.
Basterebbe guardare le cose in modo diverso, cambiare la nostra prospettiva sul mondo del reale perché ci si apra davanti un’enorme serie di soluzioni a cui non avremmo mai pensato.

UNA FONTE CONTINUA DI STUPORE

Non ho amato le piante sin da bambino, ai bambini piacciono gli animali, perché sono simili a noi. L’amore per le piante richiede una sorta di filtro della logica, bisogna comprenderle, non è istintivo come per gli animali sono l’amore e la paura. Quello per le piante è un amore adulto, che richiede cognizione e logica, ma una volta che si apprende non si può fare a meno di rimanere affascinati. L’enorme numero e variabilità delle risposte che le piante sono in grado di elaborare, tutte quante, rispondono a dei parametri e delle caratteristiche di salvaguardia dell’ambiente, di correttezza verso e in aiuto dei propri simili per noi inimmaginabili… e quando l’ho compreso e visto, è nato l’amore. Ma questa è la parte filosofica del mio lavoro, c’è tutta una parte scientifica che si svolge in laboratorio, in cui posso vedere ciò che le piante sono in grado di fare ed è veramente una fonte continua di stupore. Le abbiamo sempre reputate degli esseri passivi, molto più simili all’inorganico che all’organico, e invece sono straordinariamente abili nel risolvere qualsiasi problema. Una radice ad esempio è in grado di risolvere un labirinto in una maniera molto più precisa di quanto potrebbe fare un animale. Per non parlare di come nella loro evoluzione abbiano elaborato tutta una serie di sistemi per manipolare gli animali per trasportare i propri semi o difendersi…

LA PRESUNZIONE UMANA

Non siamo assolutamente in grado di distruggere il pianeta. Se anche facessimo esplodere tutte le bombe atomiche che abbiamo e liberassimo tutti i veleni nell’ambiente, distruggeremmo solo noi stessi, ma non la vita che esiste su questo pianeta da 4 miliardi di anni. Il pianeta e la vita sicuramente sopravvivrebbero, mentre noi saremmo dimenticati istantaneamente.
Siamo così orgogliosi di ciò che riusciamo a fare da un punto di vista scientifico e tecnologico, della nostra capacità di ragionamento, siamo così orgogliosi del nostro cervello che, seppure consapevoli, facciamo finta di non sapere che i nostri comportamenti stanno portando alla distruzione di ciò che serve alla nostra stessa sopravvivenza.
L’uomo si ritiene al di sopra e al di fuori della natura, anche se ciò non ha alcun senso, perché senza gli altri esseri viventi non sopravvivrebbe. Se un domani le piante scomparissero da questo pianeta, a parte il fatto che qualunque cosa mangiamo deriva dalle piante e così pure tutto quello che respiriamo, e ne siamo quindi completamente dipendenti, in poco tempo la Terra diventerebbe come Marte: sterile, una palla di roccia.
Sono le piante, e non l’uomo, i reali detentori della capacità di vita di questo pianeta.
Noi siamo una specie che ha dimostrato di non essere in grado di sopravvivere. Pensiamo di aver addomesticato le piante, ma l’addomesticazione è una cosa consenziente, è un percorso che si fa in due: gli esseri devono essere d’accordo, e quindi l’idea che siamo noi ad addomesticare è un’altra delle assurdità dell’uomo.
Vero è invece che noi siamo dei simbionti di alcune piante: il mais, il riso e il grano forniscono il 70% delle calorie consumate dall’umanità, noi dipendiamo da queste tre specie, e quindi dire che siamo noi ad averle addomesticate non può essere vero.
Avremmo bisogno di una specie di rivoluzione copernicana. Pensavamo che l’uomo e la Terra fossero al centro dell’universo e che tutto girasse intorno alla Terra, fino all’arrivo di Galileo e Copernico che ci dimostrarono come la Terra sia un pianeta del tutto ininfluente che gira in un braccio lontano di uno dei miliardi di galassie. Lo stesso vale per la vita: stiamo distruggendo solo noi stessi. Dovremmo invece avere nei confronti delle piante un atteggiamento di rispetto. Basterebbe che rispondessimo a uno dei comandamenti: rispetta il padre e la madre. Il padre e la madre, i nostri antenati, ciò da cui deriviamo, ciò che è necessario per la nostra sopravvivenza: le piante.

UNA NUOVA FORMA DI UMANITÀ

Una pianta comparte le proprie informazioni. È una verità scientifica, possiamo non vederla, ignorarla, ma di fatto la vita funziona così, quindi, essendo uno scienziato e avendo compreso questa verità, ho pensato che conformarmi al comportamento delle piante fosse la maniera migliore possibile. Io continuo a essere veramente dell’idea che se tutti ci comportassimo come le piante il nostro sarebbe un mondo migliore.
È vero che l’umanità sarà sempre troppo forte in noi stessi per essere combattuta, ma io continuo ad avere fiducia nel nostro cervello, penso sia una specie di strumento che noi non stiamo utilizzando o che utilizziamo nella maniera più sbagliata, come quando diamo un martello a un bambino. All’inizio distrugge la casa, ma se diventa adulto, col tempo è in grado di costruirne di nuove con quello stesso martello. Al momento noi uomini siamo così giovani come specie… mi auguro che nel corso degli anni riusciremo a diventare adulti e riusciremo a utilizzare questo martello nella maniera adeguata.
Scrivo e parlo delle piante per cercare di comportarmi come una pianta.
Le piante dimostrano nei fatti che cooperare invece che competere è molto più profittevole per la sopravvivenza, e una volta che l’avremo compreso come specie, potremo passare alle organizzazioni diffuse, in termini di evoluzione umana. Avere delle organizzazioni distribuite ci consentirebbe di avere soluzioni, di produrre soluzioni che noi al momento non siamo nemmeno in grado di immaginare. Sarebbe il primo gradino verso una nuova forma di umanità.
Esiste una legge in natura che ha un valore simile alla legge di gravitazione universale: in natura le decisioni prese dalla maggioranza del gruppo sono sempre migliori per il gruppo stesso di qualunque decisione presa dal migliore del gruppo.
Questa è una regola d’oro della natura, e io sono ottimista, io spero di evolvere. Mentre la politica è un’idea umana, e una qualunque posizione politica può essere vista da una parte e dall’altra, i risultati scientifici in un certo senso sono indiscutibili. Nulla vieta la negazione, ma non ha senso perché indiscutibile.