“La felicità si racconta male perché non ha parole”, si dice nel film di François Truffaut Jules et Jim, tratto dall’omonimo romanzo di Henri-Pierre Roché. Forse perché, quando si vive un’esperienza piena e gratificante, non si pensa ad altro se non a goderne il più possibile prima che sfumi irrimediabilmente. E, nel raccontarla a posteriori, è facile che un’ombra di rimpianto o di nostalgia si insinui a velare la gioia passata. Era piuttosto ardua, dunque, la sfida che i poeti hanno dovuto raccogliere questa volta, ovvero rappresentare un amore positivo e appagante. Lella De Marchi e Silvio Perfetti hanno indagato la natura pervasiva del sentimento lasciando scorrere sotto i nostri occhi, come il trailer di un film, i fotogrammi di una quotidianità che l’amore rende viva e “significante” fin nei minimi dettagli. Le brevissime liriche di Alessandro Brusa e Ugo Rapezzi dipingono due immagini straordinariamente vivide: in viola e grigio la prima, che cattura una quiete impregnata della passione appena vissuta, ed esultante di colori la seconda, che ricorre a una metafora originale per esprimere il concetto del colpo di fulmine. Infine, un’orgogliosa e intrigante sensualità pervade i versi di Rita Galbucci, che fotografano l’incarnazione di un desiderio appagato e sfuggente al tempo stesso.
il suono delle foglie 
dentro al vento nuovo 
di settembre, la sorpresa 
che si annida arrotolata 
nella pancia e sulla bocca 
con un verso sconosciuto 
si spalanca, il volto 
strano tra la folla 
che mi si presenta 
e che accolgo volentieri 
sulla faccia
perché non mi assomiglia, 
il filo che ti sfili nell’inverno 
dal tessuto intrecciato
della maglia,
come un segno 
che traduci senza indugi 
col termine “speranza” 
e che tieni senza freni 
tra le mani, 
come un sogno 
un desiderio 
una vacanza,
non è poi breve
l’elenco delle cose
che mi fai sentire e vedere 
col tuo amore  
Alzarsi all’alba
Il freddo l’attesa
La luce blu
All’interno 
Dell’autobus
La fantasia
Di un uomo
Il chiedere perdono 
Le lancette 
Dell’orologio
La vita che scorre
Non prender sonno
E di nuovo
Alzarsi all’alba
E Amarti
Giorno dopo giorno
Giorno dopo giorno
Nudi
sul letto appena cambiato lenzuola  colorate grigie e viola ed il tuo gusto che col vento mi accarezza la pelle abbiamo appena fatto l’amore ed io resto qui
vivo
L’eco dei miei tacchi passando
si porta questi piedi innamorati
che ti tengono forte
sopra di me o sotto di me
ginocchia pancia seduti in piedi
al buio o allo specchio.
Lo hai sentito il rumore dei miei tacchi?
Era ieri mentre passavo
lo ha sentito il tuo vicino
che si è affacciato e ha desiderato.
Ma ho svoltato l’angolo in fretta
e mi sono tolta le scarpe.
Come freccia 
attraverso goccia di cascata 
mi hai trafitto  
colorandomi all’istante.
“c’è un punto – là all’infinito –
che ci toccheremo
e le mani allora potranno parlarsi
là dove si incontrano le parallele dell’universo
e piangono di vergogna i maliziosi e gli ignoranti.” 
Cara Linda, così ti chiamerò a meno che tu non voglia.” Comincia così la lettera-prefazione di questa raccolta che fin da subito avvolge chi legge in sensuali spire di poesia insinuando in lui (o in lei) il sogno di esserne il destinatario unito da vincoli spirituali all’autrice. La prefazione si pone come premessa teorica a quanto i versi svilupperanno in maniera più immediata e immaginifica senza tuttavia perdere spessore filosofico. La “parabola d’amore” di cui si esplora la progressione in tre tempi o sezioni (moto ascendente, chiave di volta o nodo, moto discendente) è una personale prosecuzione dell’epistolario attraverso il quale Rainer Maria Rilke e Marina Cvetaeva si amarono, nel 1926, di un amore reciproco e ideale che nelle parole della poesia trovava espressione e nutrimento. Ed è nello “spazio appassionato” creato dai due poeti che abitano i versi di Nina, volti a trasmettere l’esperienza di un sentimento che deriva la sua potenza proprio dal fatto di rimanere tensione inappagata verso l’oggetto. Del resto, il soddisfacimento del desiderio non può che coincidere con la sua negazione. Un libro che si legge tutto d’un fiato, in cui le singole parole, così come quelle di Rilke e Cvetaeva, si trasformano in “mani, dita, sensi, sessi”, che inesorabilmente invadono la mente e il corpo del lettore.
Nina Nasilli
Parabola d’amore. Pensando a Marina C. e Rainer Maria R. nell’anno del fato 1926
Book Editore, 2012